Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 12-05-2011) 07-07-2011, n. 26659 Omicidio colposo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

RITENUTO IN FATTO R.R. ricorre avverso la sentenza di cui in epigrafe con la quale la corte di appello, parzialmente riformando in peius la sentenza di primo grado solo relativamente alla mancata applicazione della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, l’ha riconosciuto colpevole del reato di omicidio colposo aggravato dalla violazione della normativa sulla circolazione stradale, commesso alla guida della propria autovettura con l’investimento del pedone D.A..

Nessun dubbio sussisteva, secondo il giudicante, in ordine alla responsabilità del prevenuto, per non avere questi tempestivamente avvisato il pedone, che procedeva lungo il margine destro della strada, anche in ragione della velocità tenuta, che, pur non eccessiva in senso assoluto, era inadeguata alle specifiche condizioni di tempo e di luogo (sera piovosa, scarsa illuminazione, ecc.).

Il mancato avvistamento era argomentato anche dalla testimonianza di altro automobilista, che seguiva l’autovettura dell’imputato, ed aveva consentito di ricostruire il dato della presenza, percepibile, del pedone.

Irrilevante era il punto esatto dell’impatto (frontale o laterale), risultando decisivo il fatto del rilevato mancato avvistamento.

Con il ricorso si censura la decisione sotto diversi profili.

Con il primo motivo si lamenta che la Corte di merito aveva erroneamente dichiarato condonata la pena inflitta dal Tribunale, così violando il principio in base al quale la sospensione condizionale della pena prevale sull’altro beneficio.

Con il secondo motivo si contesta l’applicazione della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida:

vi era stata appello del pubblico ministero, ma il PG di udienza, nel chiedere la conferma della sentenza, aveva sostanzialmente rinunciato.

Con il terzo motivo si contesta l’affermato addebito di colpa, sostenendosi la fatalità dell’accaduto: nessun addebito poteva attribuirsi al prevenuto, mentre l’incidente era stato provocato dalla "tragica fatalità" dell’avvenuto attraversamento del pedone al momento del transito del veicolo condotto dal R..

Si insta, quindi, per l’annullamento.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

Quanto al primo motivo, è vero che con la sentenza di condanna non può essere contestualmente applicato l’indulto e disposta la sospensione condizionale della pena, in quanto quest’ultimo beneficio prevale sul primo (v. Sezioni unite 15 luglio 2010, PG in proc. Bracco, rv. 247940).

Tuttavia, nel caso in esame, è dirimente considerare che la sentenza impugnata, dopo aver dato atto che la pena era stata "già condizionalmente sospesa", solo in motivazione ha rilevato che la stessa "va, altresì, dichiarata interamente condonata". Nessuna statuizione al riguardo è, però, contenuta nel dispositivo della sentenza che, dopo le statuizioni relative alla sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente, reca chiaramente "conferma nel resto".

Per il principio della prevalenza del dispositivo sulla motivazione (v., tra le altre, Sezione 2^, 20 maggio 2008, PG in proc. Laini, rv.

240649) non può dunque, ritenersi che la sentenza sia stata sul punto riformata.

Con riferimento alla contestazione sul merito della responsabilità, va ricordato, in premessa, che la ricostruzione di un incidente stradale nella sua dinamica e nella sua eziologia – valutazione delle condotte dei singoli utenti della strada coinvolti, accertamento delle relative responsabilità, determinazione dell’efficienza causale di ciascuna colpa concorrente – è rimessa al giudice di merito ed integra una serie di apprezzamenti di fatto che sono sottratti al sindacato di legittimità se sorretti da adeguata motivazione (Sezione 4^, 5 dicembre 2007, Proc. Rep. Trib. Fori) in proc. Benelli; nonchè, Sezione 4^, 12 dicembre 2008, Spinelli).

Qui risulta che il giudicante ha fatto buon governo dei propri poteri valutativi, nel ricostruire l’incidente e il nesso causale tra questo e la morte, nell’apprezzare, peraltro, la violazione cautelare specifica e generica della conducente dell’autoveicolo, eziologicamente rilevante per la verificazione dell’incidente.

Al riguardo, come è noto, le norme che presiedono il comportamento del conducente del veicolo, oltre a quelle generiche di prudenza, cautela ed attenzione, sono principalmente quelle rinvenibili nell’art. 140 C.d.S., che pone, quale principio generale informatore della circolazione, l’obbligo di comportarsi in modo da non costituire pericolo o intralcio per la circolazione ed in modo che sia in ogni caso salvaguardata la sicurezza stradale, e negli articoli seguenti, laddove si sviluppano, puntualizzano e circoscrivono le specifiche regole di condotte.

Tra queste ultime, di rilievo, con riguardo al comportamento da tenere nei confronti dei pedoni, sono quelle dettagliate nell’art. 191 C.d.S., che trovano il loro pendant nel precedente art. 190, che, a sua volta, dettaglia le regole comportamentali cautelari e prudenziali che deve rispettare il pedone.

In questa prospettiva, rileva la regola prudenziale e cautelare fondamentale che deve presiedere al comportamento del conducente, sintetizzabile nell1 "obbligo di attenzione" che questi deve tenere al fine di "avvistare" il pedone sì da potere porre in essere efficacemente gli opportuni (rectius, i necessari) accorgimenti atti a prevenire il rischio di un investimento.

Il dovere di attenzione del conducente teso all’avvistamento del pedone trova il suo parametro di riferimento (oltre che nelle regole di comune e generale prudenza) nel richiamato principio generale di cautela che informa la circolazione stradale e si sostanzia, essenzialmente, in tre obblighi comportamentali: quello di ispezionare la strada dove si procede o che si sta per impegnare;

quello di mantenere un costante controllo del veicolo in rapporto alle condizioni della strada e del traffico; quello, infine, di prevedere tutte quelle situazioni che la comune esperienza comprende, in modo da non costituire intralcio o pericolo per gli altri utenti della strada (in particolare, proprio dei pedoni) (cfr., per riferimenti, Cassazione, Sezione 4^, gennaio 1991, Del Frate; Sezione 4^, 12 ottobre 2005, Leonini; Sezione 4^, 13 ottobre 2005, Tavoliere).

Trattasi di obblighi comportamentali posti a carico del conducente anche per la prevenzione di eventuali comportamenti irregolari dello stesso pedone, vuoi genericamente imprudenti (tipico il caso del pedone che si attarda nell’attraversamento, quando il semaforo, divenuto verde, ormai consente la marcia degli automobilisti), vuoi violativi degli obblighi comportamentali specifici, dettati dall’art. 190 del codice della strada (tipico, quello dell’attraversamento della carreggiata al di fuori degli appositi attraversamenti pedonali; altrettanto tipico, quello dell’attraversamento stradale passando anteriormente agli autobus, filoveicoli e tram in sosta alle fermate). Il conducente, infatti, ha, tra gli altri, anche l’obbligo di prevedere le eventuali imprudenze o trasgressioni degli altri utenti della strada e di cercare di prepararsi a superarle senza danno altrui (Cassazione, Sezione 4^, 30 novembre 1992, Cat Berro).

Ne discende che il conducente del veicolo può andare esente da responsabilità, in caso di investimento del pedone, non per il solo fatto che risulti accertato un comportamento colposo (imprudente o violativo di una specifica regola comportamentale) del pedone (una tale condotta risulterebbe concausa dell’evento lesivo, penalmente non rilevante per escludere la responsabilità del conducente: cfr. art. 41 c.p., comma 1), ma occorre che la condotta del pedone configuri, per i suoi caratteri, una vera e propria causa eccezionale, atipica, non prevista nè prevedibile, che sia stata da sola sufficiente a produrre l’evento (cfr. art. 41 c.p., comma 2).

Ciò che può ritenersi solo allorquando il conducente del veicolo investitore (nella cui condotta non sia ovviamente ravvisabile alcun profilo di colpa, vuoi generica vuoi specifica) si sia trovato, per motivi estranei ad ogni suo obbligo di diligenza, nella oggettiva impossibilità di "avvistare" il pedone e di osservarne, comunque, tempestivamente i movimenti, attuati in modo rapido, inatteso, imprevedibile. Solo in tal caso, in vero, l’incidente potrebbe ricondursi eziologicamente proprio esclusivamente alla condotta del pedone, avulsa totalmente dalla condotta del conducente ed operante in assoluta autonomia rispetto a quest’ultima.

Tale situazione, interruttiva del nesso di causalità, qui non può porsi, vuoi perchè, anche alla luce delle sit dell’automobilista che seguiva l’imputato, non è emersa alcuna situazione di imprevedibilità nell’apprezzamento della presenza del pedone, vuoi perchè la pretesa "fatalità" dell’accaduto è prospettata dalla difesa in modo asserivo e indimostrato, comunque in modo improponibile in questa sede, dove non possono proporsi ricostruzioni alternative dei fatti accertati in sede di merito.

In questa prospettiva, la censura è di merito e inaccoglibile in questa sede.

Inaccoglibile è anche la censura sulla sospensione della patente di guida: tale sospensione, anche a prescindere dal gravame del pubblico ministero e dalla implicita rinuncia del PG di udienza, consegue ex lege all’accertamento di un reato commesso violando le norme sulla circolazione stradale che abbia determinato danni (morte o lesioni) alle persona (cfr. art. 222 C.d.S.): per l’effetto, tale sospensione può e deve essere disposta dal giudice di appello anche in assenza di uno specifico motivo di gravame del pubblico ministero.

Al rigetto del ricorso consegue ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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