Cons. Stato Sez. VI, Sent., 12-07-2011, n. 4208 Istruzione privata

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca riferisce che l’Istituto Voltaire di Napoli è una struttura formativa non statale la quale, per l’anno accademico 2010/2011, ha attivato un intero corso di studi di Istituto Professionale ad indirizzo "Servizi per l’enogastronomia e l’ospitalità alberghiera’, strutturando il primo anno del corso secondo l’indirizzo scolastico di nuova istituzione (e conformemente alla disciplina di riforma degli Istituti professionali) e gli anni successivi secondo l’ordinamento previgente.

Con ricorso proposto innanzi al TAR per il Lazio e recante il n. 589/2011 alcuni allievi dell’Istituto Voltaire impugnavano il provvedimento del Ministero appellante in data 16 marzo 2010 con cui, provvedendo sulla domanda volta al riconoscimento della parità scolastica, lo status di parità era stato riconosciuto solo con riferimento alla classe prima, mentre era stato escluso per le classi successive.

2. Con la pronuncia oggetto del presente gravame (resa in forma semplificata ai sensi dell’art. 60 del c.p.a.), il Tribunale adito accoglieva il ricorso e, per l’effetto, annullava il richiamato provvedimento ministeriale per la parte in cui limitava il riconoscimento della parità scolastica alla sola prima classe.

Secondo il Tribunale, il provvedimento impugnato sarebbe stato adottato

"- in palese violazione di legge ( legge 10 marzo 2000 n.62, regolamento ex Decreto 29 novembre 2007 n.267 art. 1 comma 6 lettera f) e D.M. n.83 del 10 ottobre 2008 art.3 punto 3.4 lettera f)) la cui ratio è quella dell’istituzione di "corsi scolastici completi";

– in palese erroneità ed irragionevolezza interpretativa dell’art.13 del DPR n.89 del 15 marzo 2010, nella misura in cui l’espressione contenuta nel primo comma "prosecuzione ad esaurimento dei percorsi in atto" è stata ritenuta dall’Amministrazione erroneamente non operante nei confronti delle autorizzanti prima classi del ciclo di studio di cui si controverte".

3. La pronuncia in questione veniva gravata in sede di appello dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca il quale ne chiedeva l’integrale riforma articolando plurimi motivi di doglianza.

Si costituivano in giudizio i ricorrenti vittoriosi in primo grado i quali concludevano nel senso della reiezione del gravame.

Alla Camera di consiglio del giorno 29 aprile 2011, presenti gli avvocati delle Parti costituite come da verbale di udienza il ricorso veniva trattenuto in decisione.

4. Il Collegio ritiene che il ricorso possa essere definito con sentenza in forma semplificata, sussistendone i presupposti in fatto e in diritto.

Il ricorso è fondato.

5. Con l’unico, complesso motivo di appello (Violazione e falsa applicazione della legge 10 marzo 2000, n. 62 – Erronea interpretazione dell’art. 13 del d.P.R. 89 del 15 marzo 2010) il Ministero dell’Istruzione, dell’università e della ricerca lamenta che, nel rendere la pronuncia in epigrafe, il T.A.R. abbia omesso di tenere in adeguata considerazione il concreto assetto del pertinente quadro normativo (in particolare, la l. 62 del 2000, il D.M. 10 ottobre 2008, n. 83 e il d.P.R. 15 marzo 2010, n. 87 in tema di riordino degli Istituti professionali).

In particolare, il Tribunale avrebbe malamente interpretato

– la previsione di cui alla lettera f) del comma 4 dell’art. 1, l. 62, cit., la quale contempla, fra i requisiti al cui possesso è subordinato il riconoscimento della parità, "l’organica costituzione di corsi completi: non può essere riconosciuta la parità a singole classi, tranne che in fase di istituzione di nuovi corsi completi, ad iniziare dalla prima classe";

– la previsione di cui al comma 2 dell’art. 1 del d.P.R. 87 del 2010 (in tema d riordino degli istituti professionali), secondo cui gli istituti in questione sono riorganizzati a partire dalle classi prime funzionanti nell’anno scolastico 2010/2011

6. I motivi di doglianza in questione sono manifestamente fondati, con conseguente necessità di procedere alla riforma della pronuncia in epigrafe.

7. Ad avviso del Collegio, il fulcro del thema decidendum consiste nello stabilire se il pertinente quadro normativo (e, in primis, il comma 4 dell’articolo 1 della l. 10 marzo 2000, n. 62) ammetta che, in caso di domanda per l’ottenimento della parità scolastica relativa a un corso di studi di nuova istituzione e fatto oggetto di un recente intervento normativo di riordino, la parità possa essere ottenuta (non solo e non tanto per la prima classe, in vista dell’istituzione dei un nuovo corso completo "a regime’, bensì) anche per le classi successive alla prima (classi che, a ben vedere, verrebbero istituite ex novo, ma sulla base del vecchio ordinamento, ormai in via di superamento).

Si ritiene che la risposta al quesito debba essere in senso negativo.

7.1. In primo luogo si osserva che elementi sistematici nel senso della non riconoscibilità della parità scolastica a classi successive alla prima (in specie, laddove ciò comporti una scissione fra la prima classe – da istituirsi ex novo secondo il nuovo ordinamento – e le classi successive – da istituirsi parimenti ex novo, ma sulla base del vecchio ordinamento -) sono desumibili dalla stessa disposizione primaria richiamata dagli odierni appellati.

Ed infatti, il richiamato art. 1, co. 4, l. 62, cit. stabilisce che la parità viene riconosciuta alle scuole non statali che ne facciano domanda laddove essi siano in grado di garantire (inter alia) "l’organica costituzione di corsi completi: non può essere riconosciuta la parità a singole classi, tranne che in fase di istituzione di nuovi corsi completi, ad iniziare dalla prima classe".

Ad avviso del Collegio, dalla richiamata disposizione emerge:

– che presupposto indefettibile per il riconoscimento della parità scolastica a corsi di nuova istituzione è che ciò avvenga secondo un principio di organicità. Si tratta di un principio che, evidentemente, verrebbe vulnerato laddove si ammettesse, nello stesso momento storico, la inorganica costituzione: a) di una nuova classe prima sulla base del nuovo ordinamento e, allo stesso tempo, b) di nuove classi successive alla prima sulla base del vecchio ordinamento;

– che la richiamata litera legis, laddove postula il principio generale della costituzione di "corsi completì non deve essere intesa di guisa tale da ammettere la indiscriminata possibilità di istituire ex novo classi successive alla prima relative a indirizzi che la stessa normativa scolastica primaria e secondaria ha ritenuto di voler superare attraverso l’istituzione di nuovi ordinamenti di studi. Al contrario, il generale riferimento alla nozione di "corsi completì deve essere letto in relazione al periodo successivo, laddove si esclude in via di principio la riconoscibilità della parità in relazione a singole classi, fatta salva l’ipotesi (che nel caso di specie ricorre) di istituzione ex novo di nuovi corsi completi;

– che il richiamato art. 1, comma 4 palesa anche nella sua parte finale un evidente favor per il superamento graduale (ma allo stesso tempo, organico) dei vecchi ordinamenti, i quali sono destinati a far posto ai nuovi secondo una logica ispirata ai princìpi di gradualità ed organicità. Ebbene, se per un verso il principio di gradualità giustifica la previsione secondo cui l’introduzione del nuovo corso di studi debba avvenire a partire dalla prima classe, secondo una logica di décalage (ossia, secondo un sistema che ammette, nel corso di una fase transitoria, la coesistenza di classi "a vecchio ordinamentò e di classi "a nuovo ordinamentò fino al definitivo superamento del primo); per altro verso, il principio di organicità induce a respingere (in quanto obiettivamente antisistemica) l’istituzione ex novo (ad es.) di classi quarte o quinte relative a ordinamenti di studi che la stessa normativa nazionale ha inteso superare;

– che, per le ragioni appena esposte e per le altre che fra breve si esporranno, il più volte richiamato art. 1, co. 4 deve essere inteso nel senso che, in caso di istituzione di nuovi corsi completi per i quali sia richiesta per la prima volta la parità (e che siano allo stesso tempo interessati da interventi di riordino normativo), la parità scolastica non può, ma deve essere riconosciuta in modo limitato alla sola prima classe

7.2. In secondo luogo, si osserva che le conclusioni sin qui evidenziate vengono confermate dalla lettura dei commi 2 e 3 dell’art. 1 del d.P.R. 15 marzo 2010, n. 87 (Regolamento recante norme per il riordino degli istituti professionali, a norma dell’articolo 64, comma 4, del decretolegge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133).

Ed infatti, la prima di tali disposizioni stabilisce che "gli istituti professionali (…) sono riorganizzati a partire dalle classi prime funzionanti nell’anno scolastico 2010/2011".

La seconda di esse, invece, stabilisce che "le classi seconde e terze degli istituti professionali continuano a funzionare, per l’anno scolastico 2010/2011, sulla base dei piani di studio previgenti (…)".

Ebbene, pur difettando un espresso divieto di costituire nuove classi successive alla prima in sede di istituzione ex novo dei corsi di studi oggetto di riordino, sembra che prevalenti ragioni sistematiche depongano comunque nel senso della sussistenza di un siffatto divieto.

Ed infatti: la previsione da ultimo richiamata deve essere intesa conferendo adeguato rilievo alla nozione di continuità alla stessa sottesa ("continuano a funzionare"), in tal modo rendendo recessiva la possibilità di ammettere la nuovo costituzione di classi successive alla prima, sulla base del vecchio ordinamento di studi (e nonostante l’intervenuto superamento normativo dello stesso ordinamento di studi, in quanto oggetto di revisione).

7.3. In terzo luogo si ritiene che una conferma della tesi sostenuta dall’amministrazione scolastica sia rinvenibile dalla previsione di cui al comma 1 dell’art. 8 del più volte richiamato d.P.R. 87 del 2010.

Secondo la disposizione in parola, infatti, "gli attuali istituti professionali di ogni tipo e indirizzo confluiscono negli istituti professionali di cui al presente regolamento (…) a partire dall’anno scolastico 2010/2011, ferma restando la prosecuzione dei percorsi attivati, sino all’anno scolastico 2009/2010, secondo il previgente ordinamento".

Ed infatti, l’espresso riferimento normativo alla salvaguardia dei soli "corsi attivatì non può che indurre ad escludere l’ipotesi di consentire l’istituzione ex novo di classi successive alla prima, laddove in precedenza non attivate. L’opzione in parola, oltre a risultare contrastante con la litera legis, appare altresì non sostenibile, se solo si consideri che l’evidente e comune ratio sottesa alle disposizioni richiamate è nel senso di garantire un passaggio al nuovo sistema graduale nella tempistica, ma privo di cesure o di incongruenze sistematiche.

7.4. Per i motivi dinanzi richiamati, non può essere in alcun modo condivisa la tesi del T.A.R., secondo cui la l. 62 del 2010 dovrebbe essere univocamente intesa nel senso di enfatizzare il favor per l’istituzione di "corsi completi’, anche laddove ciò comporti l’istituzione di classi successive alla prima (in precedenza mai attivate) in ordine a corsi di studio oggetto di riordino e in via di definitivo superamento per ciò che attiene il vecchio ordinamento di studi.

8.1. Per le ragioni dinanzi richiamate sub 7.1. non può essere condivisa la tesi degli appellati, secondo cui, in caso di istituzione di nuovi corsi completi, al gestore dell’istituto paritario spetterebbe un sostanziale potere di scelta in ordine al se limitare il riconoscimento della parità alla sola prima classe, ovvero se estenderlo sin da subito all’intero corso completo (scil.: comprensivo anche delle classi successive, da istituire in base al vecchio ordinamento).

8.2. Né può ritenersi che una tesi così netta ed antisistemica quale quella sostenuta dagli odierni appellati possa rinvenire una qualche giustificazione nell’ambito del principio costituzionale di libertà di insegnamento (art.33, Cost.).

Né può ritenersi, con gli odierni appellati, che il sistema di passaggio al nuovo ordinamento di studi delineato (inter alia) dal d.P.R. 87 del 2010 consenta in modo sostanzialmente indifferenziato nel corso del periodo transitorio (della durata di ben cinque anni) vere e proprie "fughe all’indietrò come quelle che si determinerebbero ammettendo la possibilità di concedere la parità scolastica alle nuove classi da istituirsi, tuttavia, sulla base del vecchio ordinamento.

8.3. Ed ancora, non può condividersi la tesi degli appellati secondo cui occorrerebbe tracciare una distinzione fra – da un lato – la distinzione fra vecchio e nuovo ordinamento (distinzione che atterrebbe la didattica) e – dall’altro – la questione della parificazione, la quale atterrebbe unicamente alla complessiva capacità didattica e organizzativa del richiedente.

Ed infatti, almeno per ciò che attiene la possibilità di ottenere la parificazione per nuovi corsi in relazione a classi successive alla prima di nuova istituzione, il pertinente quadro normativo sembra tracciare una inscindibile relazione anche ai fini del riconoscimento della parificazione.

8.4. Infine, si osserva che le conclusioni dinanzi tracciate non possano essere revocate in dubbio in considerazione del fatto che il principio della parità scolastica e della libertà di insegnamento, laddove declinate nei confronti di operatori professionali della formazione, dovrebbero essere lette in relazione al principio costituzionale secondo cui la libertà di iniziativa economica non può essere limitata, se non in base a disposizioni di legge e al fine di garantirne l’indirizzo e il coordinamento sulla base delle finalità sociali alla stessa sottese (art. 41, III, Cost.).

Al riguardo ci si limita ad osservare:

– che nel settore del riconoscimento della parità scolastica, il principio di libertà nell’iniziativa economica deve essere coordinato con il concomitante principio (di pari rango costituzionale) secondo cui la legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse la piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali;

– che le previsioni di cui all’art. 1 della l. 62 del 2000 (le quali, nell’interpretazione dinanzi fornitane, ostano all’accoglimento delle tesi degli appellanti), declinate nella particolare materia che ne occupa, costituiscono ad un tempo previsioni finalizzate ad assicurare l’uniforme trattamento fra le varie tipologie di allievi e norme di indirizzo e coordinamento a finalità sociali dell’attività di insegnamento svolta con moduli imprenditoriali;

– che le richiamate previsioni (in se non irragionevoli e non contrarie ai limiti generali propri dell’interpositio legislatoris) sembrano introdurre un adeguato sistema di regole e limiti legali in tema di istituzione di nuovi corsi, in se compatibile con la logica dell’organicità dell’intervento normativo in subjecta materia;

– che, in definitiva, l’indubbio favor costituzionale per il principio di libertà dell’iniziativa economica non può condurre a un indiscriminato ed antisistemico vantaggio in favore degli operatori professionali del settore dell’istruzione, in specie laddove tale vantaggio postuli una ingiustificabile deroga a princìpi e limiti posti a presidio di altri interessi e valori di pari rango costituzionale.

9. Per le ragioni sin qui esaminate l’appello in epigrafe deve essere accolto e conseguentemente, in riforma della pronuncia oggetto di gravame, deve essere disposta la reiezione del primo ricorso.

Sussistono giusti motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese di lite fra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della pronuncia oggetto di gravame, dispone la reiezione dell’originario ricorso di primo grado.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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