Cons. Stato Sez. VI, Sent., 12-07-2011, n. 4205 Ricorso per revocazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza n. 6478 del 2010 censurata con il ricorso per revocazione, la Sezione aveva dichiarato irricevibile l’appello proposto dal Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali per l’annullamento della sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Lazio – Sede di -Roma n. 9560 del 2008.

Il Collegio aveva rilevato, ex officio, il superamento del termine lungo di un anno di cui all’art. 327 Cod. proc. civ. per impugnare la sentenza di primo grado non notificata.

L’appello, infatti, era stato notificato a mezzo servizio postale il 21 dicembre 2009 (come risultava dall’atto di accettazione di raccomandata da parte del servizio), mentre il termine scadeva il 19 dicembre 2009 (sabato), vista la data di pubblicazione della sentenza appellata (4 novembre 2008).

L’ appellante Amministrazione, originaria resistente in primo grado rimasta soccombente, aveva chiesto la revocazione della decisione, ai sensi dell’art. 395 n. 4 Cod. proc. civ., assumendo che era fondata su un errore di fatto, incidente su un punto non controverso, e che l’appello era tempestivo (oltre che fondato).

Tale errore consisteva nell’omessa applicazione dell’art. 155 Cod. proc. civ.,, come modificato dalla l. 28 dicembre 2005, n. 263 e dall’art.58, comma 5, l. n. 18 giugno 2009, n. 69, (applicabile al procedimento in oggetto, in quanto il ricorso era pendente alla data del 1 marzo 2006).

Posto che la scadenza del termine coincideva con il sabato, essa era prorogata al lunedì successivo ( art. 155, comma 5, Cod. proc. civ.: "la proroga prevista dal quarto comma si applica altresì ai termini per il compimento degli atti processuali svolti fuori dell’udienza che scadono nella giornata del sabato"). In ogni caso, anche a prescindere dalla disposizione, il termine sarebbe scaduto il 20 dicembre 2009: si trattava di giorno festivo (domenica) e pertanto il termine doveva essere prorogato al 21 dicembre 2009.

Doveva pertanto essere revocata l’impugnata decisione e andavano esaminati nel merito i motivi di impugnazione proposti dall’odierna impugnante.

Questi erano fondati. Il primo giudice aveva richiamato il combinato disposto degli artt. 2, comma 4 e 22, comma 2, l. 23 luglio 1991, n. 223 ed aveva escluso l’applicabilità retroattiva di quelle disposizioni, senza considerare che la richiesta di proroga presentata il 9 novembre 1993 concretava una vicenda giuridica sorta ex novo.

Il provvedimento concessorio della Cassa integrazione guadagni, infatti, risaliva a numerosi anni addietro, per cui la proroga non poteva essere ricollegata a quell’originario provvedimento.

Nel merito, la società appellata non aveva dimostrato i presupposti per la proroga del trattamento di integrazione salariale concesso dopo più di due anni.

Conclusivamente, in sede rescindente andava annullata la decisione del Consiglio di Stato n. 6478 del 2010 e, rescissoriamente, andava accolto l’appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Lazio – Sede di -Roma n. 9560 del 2008, con conseguente rigetto del ricorso di primo grado.

La società in liquidazione E. P. s.r.l. ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per revocazione: se errore v’era stato, aveva natura giuridica, in quanto il Collegio non aveva ritenuto applicabile al caso di specie la sopravvenuta modifica dell’art. 155 Cod. proc. civ.,.

In ogni caso, i motivi di appello del Ministero erano infondati e contro la circostanza che la richiesta di proroga del trattamento di integrazione poteva essere presentata unicamente in un momento successivo alla conoscenza dell’avvenuto rilascio del provvedimento concessorio del trattamento di integrazione salariale.

All’adunanza camerale del 15 febbraio 2011 la causa è stata assunta in decisione e la Sezione ha reso la sentenza parziale n.1145/2011 con cui, dichiarato ammissibile il gravame revocatorio, lo ha accolto avendo rilevato che il termine esatto di proposizione del ricorso in appello, tenuto conto della data di pubblicazione della sentenza appellata (4 novembre 2008) sarebbe scaduto domenica 20 dicembre 2009 (e andava prorogato al 21 dicembre 2009) e non già, come rilevato nella gravata sentenza, il sabato 19 dicembre 2009.

Ne conseguiva che l’appello dell’Amministrazione non era tardivo e che era stato dichiarato irricevibile per errore di fatto, incidente sulla modalità di computo del termine di impugnazione contenuto nell’impugnata decisione.

In fase rescindente è stato pertanto accolto il ricorso per revocazione ed è stata annullata la decisione della Sezione n. 6478 del 2010.

Quanto alla seguente fase rescissoria, è stata disposta l’acquisizione del fascicolo di appello n. 429/2010 (nell’ambito del quale fu pronunciata la decisione n. 6487/2010 oggetto dell’odierna impugnazione) e la trattazione del procedimento è stata prima differita alla pubblica udienza del 12 aprile 2011 e successivamente alla udienza del 31 maggio 2011.

Alla odierna pubblica udienza del 31 maggio 2011 la causa è stata posta in decisione.

Motivi della decisione

1. Viene in decisione il tratto rescissorio della impugnazione per revocazione proposta dal Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali per l’annullamento della sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Lazio – Sede di -Roma n. 9560 del 2008.

Ritiene il Collegio che il ricorso in appello sia infondato e meriti di essere disatteso.

2. Come sinteticamente rilevato nella parte in fatto, il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con la impugnata decisione n. 9560 del 2008 del 4 novembre 2008, ha accolto il ricorso della Società E. P. s.p.a., posta in liquidazione come s.r.l., avverso il diniego di proroga di cassa integrazione (C.I.G.S.) per crisi aziendale, con decorrenza 1 aprile 1991.

Il diniego era ascrivibile all’asserita dalla tardività della domanda, rispetto ai termini previsti dall’art. 2, comma 4, della legge 23 luglio 1991, n. 223).

Il Tribunale amministrativo ha considerato che il semestre di proroga richiesto ricadeva nei limiti temporali previsti dal CIPI (che già si era espresso favorevolmente sul programma relativo alla società predetta), mentre un termine sarebbe risultato normativamente previsto solo per la domanda di prima concessione, non anche per la proroga.

3. Nel ricorso in appello si censura questa ricostruzione normativa e si afferma che la richiesta di proroga presentata in data 9 novembre 1993 concretava una vicenda giuridica sorta ex novo (il provvedimento concessorio della cassa integrazione guadagni, infatti, risaliva a numerosi anni addietro).

Tale ermeneutica non appare al Collegio condivisibile per più motivi

4. L’art. 22 l. 23 luglio 1991, n. 223 detta una disposizione transitoria che si attaglia alla fattispecie per cui è causa e che esattamente è stata applicata dal primo giudice, secondo cui i provvedimenti di prima concessione del trattamento straordinario di integrazione salariale richiesti con domande presentate anteriormente alla data di pubblicazione di quella legge, sono assunti secondo la previgente normativa ed il trattamento può essere concesso per un periodo la cui scadenza non superi il centottantesimo giorno dalla data di entrata in vigore della stessa legge. I provvedimenti su domande di proroga di trattamento, scadente prima della data di entrata in vigore della legge o in corso, sono assunti secondo la previgente normativa nei limiti temporali determinati dal CIPI in sede di accertamento delle cause di intervento, o per un periodo la cui scadenza non superi i sei mesi dal decreto di concessione dei trattamenti concessi ai sensi dell’art. 2 d.l. 21 febbraio 1985, n. 23, convertito dalla l. 22 aprile 1985, n. 143, e dell’art. 2 della l. 27 luglio 1979, n. 301.

Detta disposizione transitoria comporta l’inapplicabilità dell’art. 2, comma 4,, secondo cui la domanda del trattamento straordinario e l’eventuale domanda di proroga vanno presentate, nel termine previsto dal primo comma dell’articolo 7 l. 20 maggio 1975, n. 164, all’ufficio regionale del lavoro e della massima occupazione ed all’ispettorato regionale del lavoro territorialmente competenti. Nel caso di presentazione tardiva della domanda si applicano il secondo ed il terzo comma del predetto art. 7.

4.1. La tesi contraria sostenuta dall’appellante Amministrazione non può essere accolta per due distinte e collegate ragioni: in primo luogo essa scinde il momento della presentazione della richiesta di proroga del trattamento assistenziale dalla domanda di prima concessione, ritenendo la prima separata dalla seconda, laddove i due provvedimenti sono logicamente e funzionalmente collegati.

Inoltre, avuto riguardo all’odierna vicenda processuale, non tiene conto né del fatto che l’originaria richiesta di ammissione al trattamento fu presentata il 30 luglio 1991, quindi antecedentemente alla entrata in vigore della legge n. 223 del 1991, per un periodo pari a dodici mesi e soprattutto, pretermette che la prima concessione risale al 20 settembre 1993 (ed il relativo decreto fu pubblicato sulla G.U. del 9 ottobre 1993 n. 245).

In sostanza, l’Amministrazione postula che la richiesta di proroga andava presentata prima della stessa concessione del primo trattamento in data 20 settembre 1993 (ed alla conoscenza che l’appellata ebbe di esservi stata ammessa). Ciò costituisce un’evidente illogicità: correttamente, invece, l’appellata presentò la richiesta di proroga nel novembre 1993, dopo avere avuto la certezza che era stata ammessa al trattamento in prima concessione, ed entro sei mesi dalla pubblicazione della detta delibera CIPI di ammissione al trattamento.

4.2. Peraltro neppure l’Amministrazione contesta la circostanza che con circolare INPS n. 14691 del 1991 si regolamentavano i termini di presentazione della domanda di proroga tenendo conto delle suindicate deduzioni, e delineando un procedimento del tutto simile a quello seguito dall’appellata e censurato dall’Amministrazione.

4.3. Le ulteriori doglianze contenute nell’appello in punto di insussistenza di interesse ad agire della E. P. in liquidazione meritano di essere disattese, perché non tengono conto della circostanza (non contestata) che il trattamento economico ai dipendenti era stato erogato dalla società predetta, con sottrazione di somme ai creditori chirografari ed alla massa.

4.4. Conclusivamente, il Collegio non ritiene fondata la critica rivolta dall’Amministrazione alla impugnata sentenza. Per completezza si rileva comunque che, a fronte dell’incontestabile ritardo (dal 1991 al 1993) nel disporre la "prima ammissione" al beneficio della cassa integrazione guadagni, se anche la tesi sostenuta in appello fosse stata corretta, ugualmente si sarebbe dovuto tener conto dell’affidamento riposto dall’appellata nelle contrarie indicazioni discendenti dalla citata circolare dell’INPS n. 14691 del 1991, eventualmente valutando la giustificabilità del supposto ritardo nella presentazione della richiesta.

5. Alla stregua delle superiori considerazioni l’appello deve essere respinto.

6. Le spese del giudizio devono essere compensate tra le parti stante la particolarità e la complessità delle questioni per cui è controversia.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) rescissoriamente pronunciando in via definitiva sul ricorso in appello in epigrafe numero di registro generale 10861 del 2010 lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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