Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 07-04-2011) 07-07-2011, n. 26618

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Svolgimento del processo

1.- Con Ordinanza in data 29.12.2009 il Tribunale di Rovereto, in funzione di giudice dell’esecuzione, respingeva l’incidente di esecuzione proposto da B.L., avverso l’ordine di carcerazione emesso il 15.12.2008 dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Rovereto a seguito di sentenza del Tribunale di Rovereto divenuta esecutiva, nonchè la richiesta, dallo stesso subordinatamente avanzata, di essere riammesso in termine ai fini dell’appello tardivo, non avendo avuto conoscenza del procedimento a suo carico per essere stato giudicato in contumacia.

2.- Con successiva ordinanza, in data 4.6.2010, lo stesso giudice dell’esecuzione respingeva la richiesta di restituzione in termini ai sensi dell’art. 175 c.p.p. della cui decisione era stato investito, mediante restituzione degli atti dalla Corte di Appello di Trento, sul rilievo che con la precedente ordinanza del 29.12.2009, pur essendo statone richiesto in via subordinata, non si era pronunciato sul presupposto che la relativa decisione spettasse al giudice ad quem. Affermato che tra i casi in cui può darsi luogo alla restituzione in termine non vi è quello in cui il contumace abbia eletto domicilio e non ne abbia poi comunicato l’avvenuto mutamento, il giudice dell’esecuzione;, rilevava che nel caso di specie il B. aveva avuto conoscenza, per lo meno all’atto della scarcerazione, avvenuta per mancanza dei presupposti per il mantenimento delle misure cautelari, delle imputazioni contestate e della pendenza nei suoi confronti di un procedimento penale. Inoltre all’atto della scarcerazione aveva eletto domicilio per la notifica degli atti presso il difensore e, sotto tale profilo, anche volendo ritenere che detto difensore non l’avesse avvertito del processo che veniva celebrato nei suoi confronti, sarebbe stato, comunque onere suo attivarsi per essere informato degli ulteriori sviluppi del procedimento a suo carico; non avendolo fatto egli rimase, per disinteresse, volontariamente contumace e non presentò successivo appello.

3.1.- Avverso la prima ordinanza (in data 29.12.2009) ha proposto ricorso per Cassazione l’avvocato Francesco Roli, difensore di B.L., adducendo a motivi: a) violazione di legge per l’inosservanza dell’art. 666 c.p.p., commi 3 e 4, artt. 143 e 420 ter c.p.p. in quanto: – la fissazione dell’udienza camerale era stata notificata ai difensori senza il rispetto del termine di dieci giorni; – la notifica nei confronti del B. veniva effettuata solo in lingua italiana sebbene egli avesse evidenziato in istanza di non conoscere la lingua italiana; – i difensori impediti a presenziare all’udienza per le condizioni metereologiche avevano dato tempestivo avviso della circostanza ma il giudice aveva proceduto con la nomina di un avvocato d’ufficio, b) violazione di legge in relazione agli artt. 143, 148 e 161 c.p.p. e vizio di motivazione sul punto relativo alla formazione del titolo esecutivo in quanto: – il B. aveva diritto alla traduzione in lingua a lui nota della sentenza e dell’ordine di carcerazione senza che rilevasse la mancata precisazione da parte del prevenuto di essere stato assistito da un interprete all’atto dell’ingresso in carcere e la sua mancata comparizione all’udienza; c) violazione di legge in relazione all’art. 175 c.p.p., comma 2, nonchè della normativa costituzionale e di livello internazionale ad esso connesse, e vizio di motivazione sul punto, per avere il giudice dell’esecuzione ritenuto: – che la conoscenza della sentenza contumaciale derivasse dalla notifica della stessa al difensore d’ufficio nel domicilio eletto; – per avere il giudice omesso ogni verifica sulla effettiva conoscenza da parte del prevenuto del procedimento e della successiva sentenza, senza, peraltro, argomentare in proposito, con palese violazione delle norme della Convenzione Europea nonchè del principio di immediata precettività delle decisioni della Corte Europea.

3.2. – Il Procuratore Generale presso questa Corte, con atto depositato il 10.1.2010, ha concluso per l’annullamento della ordinanza 29.12.2009 limitatamente alla mancata pronuncia in ordine alla restituzione in termine per impugnare.

3.3. – Anche avverso l’ordinanza 4.6.2010 ha proposto ricorso l’avv. Franceso Roli, difensore del B. adducendo a ragione, in sostanza, le medesime doglianze più sopra riportate sub c) nel riepilogo dei motivi di gravame relativi alla prima ordinanza.

3.4. – Il Procuratore Generale presso questa Corte dott. Mario Fraticelli, con atto depositato il 29.12.2010 ha concluso per l’annullamento della ordinanza con rinvio al giudice di merito per nuovo esame.

Motivi della decisione

4.1.- Rileva il Collegio che ragioni di opportunità e di economia processuale impongono la trattazione unitaria dei ricorsi, proposti dal medesimo ricorrente avverso due provvedimenti dello stesso giudice dell’esecuzione in parte coincidenti quanto all’oggetto dei quali è, pertanto, disposta la riunione.

4.2.- I primi due motivi di ricorso, riguardanti solo la prima ordinanza in data 29.12.2009, sono infondati.

Relativamente alla dedotta violazione dell’art. 666 c.p.p., comma 3, questa Corte ha costantemente affermato (cfr., Sez. 1, sent 16.3.1998, n. 1583, Rv. 210342; e da ultimo Sez. 1, sent. 1.10.2009, n. 41581, Rv. 245055) che la inosservanza del termine di dieci giorni liberi, che devono intercorrere tra la data di celebrazione dell’udienza camerale e quella della notifica del relativo avviso all’interessato e al suo difensore, costituisce nullità di ordine generale ex art. 178 c.p.p., lett. e), inerendo alle modalità di intervento, assistenza e rappresentanza della parte privata nella procedura in questione. Tale nullità, tuttavia, non ha carattere assoluto ex art. 179 c.p.p., poichè non riguarda l’omessa citazione dell’interessato o del suo difensore, di guisa che è soggetta ai limiti di deducibilità di cui all’art. 182 c.p.p., come pure alla sanatoria di cui al successivo art. 184. Pertanto, poichè la denunciata nullità non è stata eccepita dal difensore nominato d’ufficio presente all’udienza camerale, la medesima si è sanata e, quindi, non è più rilevabile in sede di ricorso per cassazione.

Riguardo alla violazione dell’art. 420 ter c.p.p. è oramai pacifico (S.U. sent. 27.6.2006, n. 31461, Rv. 234146) che tale norma, secondo cui il legittimo impedimento del difensore può costituire causa di rinvio dell’udienza preliminare, non trova applicazione con riguardo agli altri procedimenti camerali, ivi compresi quelli per i quali la presenza del difensore è prevista come necessaria, soccorrendo, in tali ipotesi, la regola dettata dall’art. 97 c.p.p., comma 4. Quanto alla mancata traduzione in lingua italiana della sentenza questa, così come l’ordine di carcerazione, secondo il prevalente indirizzo condiviso dal collegio (ex plurimis da ultimo Cass. Sez. 1, sent.

31.3.2010, n. 24514, Rv. 247760), non è compresa tra gli atti rispetto ai quali grava sull’autorità giudiziaria l’obbligo di traduzione nei confronti dello straniero che non comprenda la lingua italiana.

4.3.- Sono, invece, fondate, nei limiti di cui alle successive argomentazioni le doglianze concernenti la mancata applicazione della previsione di cui all’art. 175 c.p.p., comma 2. 4.4.- L’istituto della restituzione nel termine al fine di proporre l’impugnazione della sentenza contumaciale è preordinato a porre rimedio alla mancata effettiva conoscenza del provvedimento da parte dell’imputato, qualora essa non sia il risultato di un comportamento doloso e volontario, la cui eventuale sussistenza deve essere congruamente motivata dal giudice (Cass. Sez. 4, sent. 14.5.2008, n. 23137, ric. Moscardini, Rv 240311; Cass. Sez. 5, sent. 16.12.2008, ric. Holczer, Rv. 242430; Cass. Sez. 1, Sent. 17.2.2010, n. 8138, Rv.

246126). Le due condizioni previste dall’art. 175 c.p.p., comma 2:

effettiva conoscenza e rinuncia devono sussistere entrambe, per cui quando faccia difetto anche uno solo dei presupposti il giudice deve restituire il richiedente nel termine per proporre impugnazione. E’ opportuno in proposito ricordare che l’art. 175 c.p.p., comma 2, come sostituito dalla L. 22 aprile 2005, n. 60, di conversione del D.L. 21 febbraio 2005, n. 17, prevede che, qualora sia stata pronunciata sentenza contumaciale, l’imputato sia restituito, a sua domanda, nel termine per proporre impugnazione, a meno che non si accerti che lo stesso abbia avuto effettiva conoscenza del procedimento o del provvedimento e abbia volontariamente rinunciato a comparire, ovvero a proporre impugnazione (Cass. Sez. 1, sent 11.4.2006, n. 15543, Zaki Aziz alias Joudar Khalil, Rv. 233879; Cass., Sez. 1, sent. 9.5.2006, n. 20036, ric. El Aidoudi, Rv. 233864; Cass., Sez. 1, sent. 9.2. 2006, n. 14272, ric. Coppola; Cass., Sez. 2, sent. 14.2.2006, n. 15903, ric. Ahmed ed altri).

La norma ha introdotto nel nostro sistema processuale una presunzione iuris tantum di non conoscenza, onerando il giudice di reperire negli atti l’eventuale prova in contrario e, più in generale, di effettuare tutte le verifiche occorrenti al fine di accertare se il condannato abbia avuto effettiva conoscenza del procedimento e abbia volontariamente rinunciato a comparire o ad impugnare. Se la prova non è raggiunta, la concessione del nuovo termine si impone. Il giudice è, inoltre, chiamato a fornire completa, puntuale e logica motivazione in ordine alle circostanze dedotte dall’interessato, il quale alleghi di non avere avuto conoscenza dell’atto, e, qualora ritenga di disattenderle, ai motivi per i quali esse non meritano accoglimento (Cass. Sez. 1, sent, 6.4.2006, ric. Latovic, cit; Cass. Sez. 3, sent. 12.4.2006, n. 17761, ric. Ricci; Cass., Sez. 5, sent, 18.1. 2006, n. 6381, ric. Picuti).

4.4.- Nel caso in esame Tribunale di Rovereto ha erroneamente ritenuto: a) – che tra i casi che possono dar luogo alla restituzione nel termine non rientri quello in cui l’imputato abbia dichiarato o eletto domicilio; b) – che la, effettiva conoscenza del procedimento, desunta secondo quanto argomentato dalla circostanza che il ricorrente era stato arrestato e, poi, scarcerato per mancanza dei presupposti per il mantenimento delle misure cautelari con provvedimento di liberazione indicante espressamente le imputazioni contestate, fosse preclusiva della restituzione nel termine per impugnare la sentenza contumaciale.

Rileva in proposito il collegio che, in tema di restituzione nel termine per proporre impugnazione contro una sentenza contumaciale, la sola conoscenza del procedimento non è causa ostativa alla restituzione nel termine se non è accompagnata dalle altre condizioni impeditive il beneficio, cioè, dalla rinuncia volontaria a comparire e dalla rinuncia, anche essa volontaria, ad impugnare;

qualora faccia difetto uno solo di tali presupposti (come risulta dalla congiuntiva "e" inserita nell’art. 175 c.p.p., comma 2), il richiedente deve essere restituito nel termine.

Deve, altresì, considerarsi che effettiva conoscenza del procedimento significa sicura consapevolezza della pendenza del processo, collegata alla comunicazione di un atto formale, che consenta di individuare senza equivoci il momento in cui detta conoscenza si sia verificata (cfr. ex plurimis Cass. Sez. 1, sent.

11.4.2006, Joudar, RV 233880 cit.); ne deriva che non può di per sè costituire prova dell’effettiva conoscenza del procedimento la comunicazione, avvenuta prima dell’esercizio dell’azione penale, di un provvedimento di scarcerazione contenente l’indicazione delle imputazioni ascritte e la contestuale elezione di domicilio presso un difensore nominato d’ufficio, all’atto della scarcerazione ed in fase prodromica e non propriamente processuale.

Inoltre, le notificazioni effettuate al difensore d’ufficio sono di per sè idonee a dimostrare l’effettiva conoscenza del procedimento o del provvedimento in capo all’imputato, salvo che la conoscenza non emerga da altri elementi, ovvero non si dimostri che il difensore d’ufficio è riuscito a rintracciare il proprio assistito e a instaurare un effettivo rapporto professionale con lo stesso (Sez. 1, sent. 12.7.2006, n. 32678, Rv. 235036, Somogyi; Sez. 6, sent.

3.2.2010 n. 7080, Rv. 246085, Mammì); nè risulta che il Tribunale di Rovereto abbia proceduto, alla stregua delle deduzioni dell’istante, ad effettuare tutte le verifiche occorrenti al fine di accertare se lo stesso abbia avuto effettiva conoscenza del procedimento e abbia volontariamente rinunciato a comparire o ad impugnare, fornendo, nel contempo, completa, puntuale e logica motivazione in ordine alle ragioni quali esse non meritano accoglimento.

4.5.-. Si impone, pertanto, l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Rovereto per nuovo esame.

P.Q.M.

La Corte annulla le ordinanze impugnate relativamente alla restituzione in termine e rinvia per nuovo esame al riguardo al Tribunale di Rovereto. Rigetta nel resto il ricorso contro l’ordinanza in data 29.12.2009.

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