Cons. Stato Sez. VI, Sent., 12-07-2011, n. 4198 Beni di interesse storico, artistico e ambientale proprietà privata

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con la sentenza in epigrafe, il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto accoglieva il ricorso n. 1244 del 2009, proposto da Cirio Immobiliare s.p.a. avverso il decreto del 31 marzo 2009, con il quale il Ministero per i beni e le attività culturali aveva dichiarato lo studio dell’artista Prof. R. D. (Venezia, 18841958), sito in Venezia, Palazzo Giovanelli, di proprietà della ricorrente, di interesse particolarmente importante ai sensi degli artt. 1, comma 1, lett b), e 51 d.lgs. 22 gennaio 2004, n.42, sul presupposto che lo studio, "ubicato in alcune stanze al pianterreno (…) e nel vasto cortile prospiciente, conserva i cimeli ed i modelli, nonché alcuni strumenti di lavoro e molte opere finite dello scultoredecoratore (…)" (v. così, testualmente, la comunicazione soprintendentizia d’avvio del procedimento di sottoposizione al vincolo, datata 12 giugno 2008).

In particolare, il Tribunale amministrativo escludeva che il laboratorio sito nel Palazzo Giovanelli potesse qualificarsi alla stregua di uno "studio d’artista" ai sensi dell’art. 51 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, sia per l’insussistenza di una continuità temporale e materiale tra l’attività svolta dallo scultore R. D. nello studio sito in Fondamenta Minotto ai Tolentini (ossia, in immobile diverso dal Palazzo Giovanelli) e quella svolta dai pretesi successori Comelato nel laboratorio de quo, i quali peraltro non potevano qualificarsi come prosecutori dell’attività artistica dello scultore, sia per l’assenza di "quegli elementi concreti, idonei a definire in che modo nel laboratorio dei Comelato aleggi la "presenza viva dello scultore" e di quelle particolari circostanze (diverse dalla presenza di qualche calco in gesso, di attrezzi aventi valore per la storia dell’industria e di "due grossi album fotografici rilegati in pelle" che documentano l’operosità dell’artista) in grado di sostenere l’adozione del provvedimento di vincolo" (v., così, testualmente, l’impugnata sentenza). Il primo giudice annullava dunque i gravati provvedimenti, a spese interamente compensate fra le parti.

2. Avverso tale sentenza interponeva appello l’originaria controinteressata Prof. R. D. Laboratorio Marmi Artistici di A. e G. C. s.n.c., conduttrice dei locali in questione, deducendo: a) l’erronea valutazione in fatto, sotto i profili dell’erronea esclusione sia di una continuità tra l’attività artistica del Prof. R. D. e quella degli attuali maestri Comelato, sia di una continuità dei luoghi di esercizio dell’attività della Scuola artistica riconducibile al capostipite e fondatore R. D.; b) l’erronea interpretazione del gravato provvedimento ministeriale, che non era volto a vincolare l’immobile in quanto studio artistico del Prof. Dall’Era, bensì luogo di esercizio dell’attività proseguita dagli allievi. Chiedeva dunque, previa sospensione della provvisoria esecutorietà dell’impugnata sentenza e in riforma della stessa, il rigetto del ricorso proposto in primo grado, con vittoria di spese.

3. Costituendosi, l’appellata Cirio Immobiliare s.p.a. (proprietaria e ricorrente in primo grado) contestava la fondatezza dell’appello, chiedendone la reiezione a spese rifuse.

4. Con comparsa di stile si costituivano altresì le appellate Amministrazioni (Comune di Venezia e Ministero per i beni e le attività culturali).

5. All’udienza pubblica del 15 aprile 2011 la causa veniva trattenuta in decisione.

6. L’appello è infondato e dev’essere respinto.

Il gravato provvedimento del Ministero per i beni e le attività culturali n. 5190 del 31 marzo 2009, col quale "lo studio dell’artista R. D., sito in Palazzo Giovanelli a Santa Fosca, nel comune di Venezia, meglio individuato nelle premesse e descritto negli allegati estratto di mappa e relazione, è dichiarato di interesse particolarmente importante ai sensi degli artt. 11, comma 1, lett. b) e 51 del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 e rimane pertanto sottoposto alle disposizioni di cui al citato art. 51, comma1, del D.Lgs. 42/04" (v. così, testualmente, la parte dispositiva del provvedimento), è basato sul testuale rilievo che "il trasferimento dell’attività attuato dal Figlio Bruno Dall’Era nel 1984 dalla sede ai Tolentini a quella in Palazzo Giovanelli, ha assicurato comunque la conservazione sostanziale degli oggetti dello studio, con riferimento particolare alle opere, modelli, calchi, documenti, utensili, arredi, cimeli, etc., che ne costituiscono testimonianza della produzione artistica e professionale" e sul richiamo a "un’interpretazione estensiva dello "studio d’artista", come definito dal combinato disposto degli articoli 13 e 51 D.lgs. 42/04, nel quale può essere ricompreso il luogo dove un’attività già ubicata altrove ha avuto prosecuzione" (così, testualmente, la parte motiva del gravato provvedimento).

6.1. Giova ricordare che l’art. 51, comma 1, d.lgs. 22 gennaio 2004, n.42, prevede uno speciale – per tipologia e per effetti – tipo di vincolo a bene culturale, prevedendo, per gli"studi d’artista", il divieto di "modificare la destinazione d’uso (…) nonché rimuoverne il contenuto, costituito da opere, documenti, cimeli e simili, qualora esso, considerato nel suo insieme ed in relazione al contesto in cui è inserito, sia dichiarato di interesse particolarmente importante per il suo valore storico", con l’usuale procedimento di dichiarazione dell’interesse culturale dell’articolo 13.

Si deve anzitutto rilevare che questa disposizione del Codice dei beni culturali e del paesaggio replica l’art. 52, comma 1, del Testo unico di cui al d.lgs. 29 ottobre 1999, n. 490, e analogamente a quello riordina la norma che era nata con l’art. 4bis d.l. 9 dicembre 1986, n. 832, introdotto dalla legge di conversione 6 febbraio 1987, n. 15, che nel quadro di misure urgenti per i contratti di locazione, escludeva dal rilascio locatizio gli studi d’artista il cui contenuto era tutelato, "per il suo storico valore", da un decreto del Ministro per i beni culturali "che ne prescrive l’inamovibilità da uno stabile del quale contestualmente si vieta la modificazione della destinazione d’uso".

La disposizione del Codice è incentrata sugli effetti del vincolo, ma non ne esplica testualmente i presupposti: vale a dire non dice cosa, analiticamente, si debba intendere per "studio d’artista". Nondimeno, analogamente alla norma originaria, prevede che il vincolo sia introdotto sull’immobile (o sua porzione) "per il suo valore storico", così riconducendo questa specie di vincolo al genus dei vincoli storici, di cui all’art. 10, comma 3, lett. d) del Codice medesimo. E con un tale riferimento essa va integrata, considerando fondamento della tutela l’immateriale storicità di cui il manufatto, con i suoi arredi e per il suo contesto, è documento.

La disposizione manifesta il tratto della sua specialità essenzialmente per ciò che concerne gli effetti: concernendo studi d’artista, vuole che la loro rilevanza culturale venga in rilievo sia sotto il profilo che si tratta di spazi che non possono subire mutamenti della destinazione, e il loro contenuto (" opere, documenti, cimeli e simili") non può essere rimosso dalla collocazione originaria senza pregiudicare quella capacità rappresentativa.

L’universitas rerum costituita dallo "studio d’artista" rileva invero come museo della vita professionale dell’artista, traccia visibile dell’unicità delle sue attitudini individuali di produzione e di ricerca. Attraverso questo tipo di vincolo la legge intende preservare non la traccia della vita dell’artista, ma la testimonianza delle condizioni materiali del processo di formazione ed azione che è sotteso alle opere che lo hanno reso famoso: processo che – nel caso di artisti mostratisi capaci di lasciare un segno significativo – è dalla legge reputato realizzare un valore culturale in sé, sempre che si tratti di un livello tale da corrispondere ad un "interesse particolarmente importante", come vogliono sia la norma di specie che quella di genere.

L’"interesse particolarmente importante" va riferito sia al generale lascito culturale dell’artista, sia all’entità della testimonianza che è condensata nel suo studiolaboratorio e nelle relative vestigia. Lo studio, in altri termini, per le sue caratteristiche intrinseche deve essere tale da rappresentare un fattore primario delle forme della produzione di un artista considerato, a giudizio dell’Amministrazione, particolarmente importante.

L’obiettivo perseguito da questa specifica disciplina di legge è di rendere immodificabile l’ambiente ed i luoghi nei quali operò l’artista, al fine di conservare intatta la testimonianza dei valori culturali in incorporati (cfr. Corte cost., 4 giugno 2003, n. 185).

6.2. Orbene, risulta in atti pacifico che lo studiolaboratorio dello scultore R. D. (Venezia, 18841958), nel corso della sua attività artistica, non era ubicato al piano terra del Palazzo Giovanelli in Santa Fosca a Venezia, bensì in Fondamento Minotto, civico 134/A, Santa Croce. Il Dall’Era mai aveva esercitato la sua personale attività di produzione artistica nell’immobile di cui qui si verte.

Osserva dunque il Collegio che correttamente il primo giudice ha escluso la configurabilità, nei locali in questione, di uno"studio d’artista"rilevanteai sensi dell’art. 51, comma 1, d.lgs. n. 42 del 2004 e tale da legittimare il vincolo in esame.

In realtà difetta, rispetto ai ricordati presupposti voluti dalla legge, quel legame tra scultore e immobile, che sia esplicativo della vicenda della sua propria vita artistica. Un tale dato è il fatto storico necessario e giustificativo delle notevoli restrizioni al diritto di proprietà che il provvedimento implica con l’imporre una sorta di inalterabile musealizzazione di quel contesto ambientale di produzione artistica, con il tacito supplemento pratico degli oneri di custodia dei contenuti.

La norma stabilisce restrizioni alla proprietà che si spingono fino alla inamovibilità dello studio e all’immodificabilità della destinazione d’uso dello stabile, e che come tali sono ulteriori ed eccezionali rispetto all’ordinario effetto del vincolo storicoculturale, che comporta solo una, pur rigorosa, valutazione di compatibilità degli interventi con i valori oggetto del vincolo.

Pertanto la disposizione, facendo eccezione a regole generali, è di stretta interpretazione e non autorizza, nell’attività amministrativa di imposizione del vincolo, un’interpretazione estensiva che porti alla presa in considerazione, al di là dell’artista medesimo, di quanti si assumono prosecutori di una sua scuola, come invece si vorrebbe con il provvedimento in questione.

Per la legge, del resto, è la ricordata unicità, cioè irripetibilità, delle esclusive attitudini individuali dell’artista a concretare il profilo soggettivo necessario per giustificare il vincolo culturale, come nella disposizione indica con inequivoca chiarezza la parola "artista", predicata di "studio". Diversamente, la legge stessa avrebbe parlato di "scuola" dell’artista, o simili.

Invero, dallo stesso provvedimento impositivo del vincolo emerge che solo nel 1984 – vale a dire ben dopo la morte dell’artista – il figlio Bruno Dall’Era aveva trasferito la sua attività artisticoartigianale di marmista dalla sede di Fondamenta Minotto ai Tolentini – dove lo scultore R. D. in vita aveva lo studiolaboratorio – a quella in Palazzo Giovanelli, Questa conclusione non muterebbe se si ritenesse provato che il trasferimento fosse avvenuto nei primi anni "70, come è sostenuto dalla società qui appellante, che richiama un contratto di locazione stipulato il 22 ottobre 1973.

Solo in aggiunta a queste considerazioni, di per sé concludenti, vale rilevare che, sulla base di una valutazione globale delle acquisite risultanze istruttorie (documentazione fotografica e planimetrica, relazioni tecniche rispettivamente dello storico dell’arte Enrico Noè – per la Soprintendenza – e dell’arch. Cristiano Fabris – per l’odierna appellata Cirio Immobiliare s.p.a. – e relativi allegati, visure storiche C.C.I.A.A., copia di estratti delle riviste "Brava Casa", "Itinerari", "Casa Mia" e "Casa Vogue" con articoli relativi all’attività artigianale dell’odierna appellante), è dato poter escludere che la società Prof. R. D. Laboratorio Marmi Artistici di A. e G. C. s.n.c. (costituita dai due soci Comelato A., nato il 15 giugno 1969, e C. G., nato il 22 febbraio 1974, succeduti al padre Giancarlo, a sua volta allievo di Bruno Dall’Era, figlio dell’artista) possa essere considerata senz’altro come la prosecuzione dell’attività artistica del Prof. R. D.: appare trattarsi piuttosto di un’attività di ordine artigianalecommerciale anziché di una vera e propria attività artistica in senso stretto (v., in particolare, gli articoli contenuti nelle sopra citate riviste), che è quella cui solo ha riguardo l’art. 51, comma 1.

A tutto voler concedere, dunque, il mero legame di scuola tra i Comelato e i Dall’Era non consente d’inferirne quella continuità di valori che il provvedimento ministeriale asserisce, ma non giustifica, mancandovi l’enunciazione di circostanze specifiche idonee a definire in quale modo concretamente il laboratorio dei Comelato testimoni, a mò di "museo vivente", la produzione artistica del Prof. R. D..

Non solo. Pare anche il caso di aggiungere, in terzo luogo, come ben evidenziato nell’impugnata sentenza, che si deve ritenere comprovata la presenza, nel Palazzo Giovanelli, solo di alcuni modelli in gesso e di alcuni attrezzi operativi, aventi valore individuale per la storia manifatturiera e artigianale, e che nello studio non sono invece presenti opere finite dell’artista, ma solo cimeli inidonei, di per sé, a costituire presupposto per la sottoposizione a vincolo di un non configurabile insieme, quale è lo "studio d’artista" dell’art. 51, comma 1.

6.3. Difetta dunque il presupposto necessario per il provvedimento di vincolo qui in questione. Il Collegio condivide perciò la valutazione del primo giudice in ordine all’illegittimità del gravato provvedimento, nella parte in cui si fonda su un’interpretazione estensiva della locuzione "studio d’artista", volta a favorirvi l’inclusione anche dei luoghi "dove un’attività già ubicata altrove ha avuto prosecuzione" (v. il citato decreto ministeriale del 31 marzo 2009), attesa la rilevanza costituzionale del diritto di proprietà e la conseguente preclusione, in forza del principio di legalità e della riserva di legge di cui all’art. 42 Cost., del ricorso a criteri d’interpretazione estensiva. Solo un’inerenza oggettiva pregnante delle connotazioni salienti della produzione culturale dell’artista nell’immobile – qui smentita dalle risultanze istruttorie – giustificherebbe l’imposizione di un tale vincolo limitativo del diritto di proprietà.

7. Considerata la peculiarità della vicenda dedotta in giudizio, si ravvisano i presupposti di legge per dichiarare le spese del presente grado interamente compensate fra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma l’impugnata sentenza; dichiara le spese del grado interamente compensate fra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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