Cons. Stato Sez. VI, Sent., 12-07-2011, n. 4197 Contratto di appalto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con la sentenza in epigrafe, il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio – previa reiezione delle eccezioni di inammissibilità proposte dall’istituto resistente sotto vari profili – respingeva nel merito il ricorso n. 2113 del 2009, proposto dalla Società Consortile per l’esecuzione dei nuovi insediamenti della Banca d’Italia in Frascati a r.l. (d’ora in poi S. s.r.l.) nei confronti della Banca d’Italia, volto in via principale all’accertamento del diritto alla revisione prezzi (per un importo complessivo di euro 42.694,056,72) in relazione ai lavori di esecuzione delle opere di completamento della sede bancaria di Frascati "Centro Donato Menichella" (di cui al contratto d’appalto del 19 novembre 2002) e alla correlativa condanna della stazione appaltante alla corresponsione del citato importo, nonché, in via subordinata, alla declaratoria di nullità del citato contratto d’appalto per violazione della normativa in materia di procedure a evidenza pubblica. Condannava la ricorrente a rifondere alla resistente le spese di causa.

2. L’adito giudice disattendeva, in particolare, la tesi della ricorrente, secondo cui il contratto del 19 novembre 2002, avente ad oggetto i lavori di completamento, non costituirebbe atto autonomo e indipendente, bensì atto meramente esecutivo di un unico contratto riconducibile alla deliberazione di aggiudicazione definitiva dell’appalto risalente al 1984, attuato per volontà della committenza attraverso una pluralità di atti esecutivi stipulati tra il 1987 e il 2002. Affermava l’applicabilità alla fattispecie sub iudice della disposizione abolitrice dell’istituto della revisione dei prezzi nei pubblici appalti, introdotta dall’art. 3 d.l. 11 luglio 1992, n. 333, convertito dalla l. 8 agosto 1992, n. 359, in quanto entrata in vigore prima della stipula del contratto del 19 novembre 2002, escludendo l’applicabilità della disciplina previgente contenuta nella l. 22 febbraio 1973, n. 37, e vigente al tempo dell’indizione della gara (1981) e dell’aggiudicazione (1984), la quale invece ammetteva la revisione dei prezzi con esclusione di qualsiasi patto contrario o in deroga.

Motivava, poi, la pronuncia di rigetto della domanda subordinata di accertamento della nullità del contratto del 19 novembre 2002, dedotta sotto il profilo della violazione delle norme imperative in materia di concorrenza e di evidenza pubblica, sul rilievo della riconducibilità del menzionato contratto, sotto l’aspetto pubblicistico, all’originario atto di aggiudicazione adottato in esito ad apposita procedura di scelta del contraente, con conseguente osservanza della normativa del settore.

3. Avverso tale sentenza interponeva appello la ricorrente soccombente, censurandone la contraddittorietà, in quanto – secondo la prospettazione dell’impugnante – o il contratto del 19 novembre 2002 era riconducibile all’aggiudicazione del 1984 con il conseguente assoggettamento alla disciplina della revisione dei prezzi vigenti all’epoca, oppure il contratto non era riconducibile a detta aggiudicazione con conseguente nullità per mancato previo svolgimento di una procedura di evidenza pubblica, mentre il Tribunale amministrativo, artatamente distinguendo gli aspetti pubblicistici da quelli privatistici, aveva accolto entrambe le ipotesi ricostruttive, tra di loro confliggenti sotto un profilo logicogiuridico. Riproponeva le proprie tesi difensive già propugnate in primo grado (rispettivamente in via principale e subordinata) e chiedeva, in riforma dell’impugnata sentenza, l’accoglimento delle proposte domande.

4. Costituendosi, l’appellata Banca d’Italia contestava la fondatezza dell’appello e ne chiedeva il rigetto. Riproponeva, altresì, le eccezioni d’inammissibilità del ricorso in primo grado – sollevate sotto i profili (i) dell’acquiescenza prestata dall’odierna appellante alle clausole 5 e 16 del contratto d’appalto escludenti la revisione dei prezzi e costituenti oggetto di specifica trattativa tra le parti, e (ii) della mancata impugnazione della nota n. 165909 del 10 febbraio 2006, con la quale l’odierna appellata già aveva respinto la richiesta di revisione dei prezzi avanzata dalla stessa appellante in relazione ai lavori de quibus -, non affrontate dai primi giudici a fronte dell’acclarata infondatezza nel merito del ricorso.

5. All’udienza pubblica del 15 aprile 2011 la causa veniva trattenuta in decisione.

6. L’appello è infondato e deve essere disatteso.

6.1. In linea di fatto, giova premettere che sulla base della documentazione versata in giudizio la vicenda storicofattuale connotante la fattispecie concreta dedotta in giudizio va costruita come segue.

6.1.1. Nel 1981 la Banca d’Italia avviava una procedura di appaltoconcorso per la realizzazione della sede bancaria di Frascati "Centro Donato Menichella", invitando le imprese preselezionate e aggiudicando la gara, con delibera del 20 giugno 1984, al raggruppamento di imprese capeggiato dalla Società Italiana per Condotte d’Acqua s.p.a., poi trasformatosi nella Società consortile per l’esecuzione dei nuovi insediamenti della Banca d’Italia in Frascati a r.l., odierna appellante.

6.1.2. Prima della scadenza del termine per la presentazione dei progetti, la Banca d’Italia aveva informato le imprese invitate che, in ragione di diverse scelte organizzative, "per il momento" non si sarebbe proceduto alla realizzazione di alcune costruzioni comprese nelle specifiche tecniche illustrative del progetto, ma che doveva essere presentata la progettazione riferita a tutte le opere, ivi comprese quella da realizzare in una seconda fase, mentre l’offerta economica doveva essere formulata con riguardo alle sole opere che avrebbero formato oggetto di realizzazione nella prima fase.

6.1.3. A seguito dell’aggiudicazione della gara all’odierna appellante, la regolamentazione dei rapporti tra le parti con riferimento alla prima fase non veniva disciplinata attraverso la stipula di un unico contratto, ma, a fronte dell’andamento dell’attività di progettazione dell’insediamento conclusasi con la presentazione del progetto esecutivo definitivo nel 1988 e in ragione dell’aggiornamento della convenzione urbanistica, venivano stipulati quattordici contratti di appalto e diversi atti aggiuntivi in relazione a parti dell’opera di volta in volta poste in esecuzione, a partire dal 14 luglio 1987 e sino al 19 novembre 2002, data dell’ultimo contratto avente ad oggetto le opere di completamento del centro bancario (seconda fase).

6.1.4. Tale seconda fase – cui si riferisce il contratto, in relazione al quale è avanzata la richiesta di revisione prezzi – è stata avviata, senza indizione di apposita procedura di gara, mediante nota della Banca d’Italia con cui la stessa manifestava all’odierna appellante l’interesse a procedere all’espansione del centro mediante realizzazione delle opere la cui esecuzione era stata differita.

6.1.5. Presentata dalla ricorrente la progettazione esecutiva – per la quale è stato previsto uno specifico compenso da corrispondersi, qualora non si fosse proceduto all’effettiva realizzazione dell’opera -, il 19 novembre 2002 è stato stipulato il relativo contratto, con la pattuizione di un compenso di euro 76.800.000,00 quale corrispettivo a corpo, e di un meccanismo di adeguamento del prezzo di appalto basato sul calcolo della differenza tra il tasso di inflazione reale ed il tasso di inflazione programmato, nonché con l’espressa esclusione della revisione del prezzo d’appalto, in deroga a quanto previsto dall’art. 31 delle condizioni generali di contratto.

6.1.6. Durante l’esecuzione dei lavori, l’odierna appellante iscriveva nei registri di contabilità varie riserve. Con nota del 10 febbraio 2006, la Banca d’Italia rigettava la richiesta di riconoscimento di quanto spettante a titolo di revisione prezzi, avanzata dall’appaltatrice con istanza del 19 gennaio 2006. Ultimati i lavori e intervenuto il collaudo, la Banca d’Italia esaminava le riserve iscritte nel registro di contabilità e, con la gravata nota del 15 gennaio 2009, comunicava le proprie determinazioni in ordine alle stesse, sulla base delle motivazioni illustrate nel corso di apposita riunione, formulando una proposta compositiva e rigettando la domanda di revisione prezzi.

6.2. La contestazione mossa in sede giudiziale dall’odierna appellante avverso il diniego della committente di riconoscere la revisione dei prezzi in relazione al contratto del 19 novembre 2002, inerente la realizzazione della seconda fase del centro bancario, poggia sull’assunto della qualificazione di tale contratto quale atto meramente esecutivo di un unico contratto riferito alla delibera del 1984 di aggiudicazione definitiva dell’appalto, realizzato, per volontà della stazione appaltante, attraverso una pluralità di atti esecutivi, non potendo tale contratto considerarsi atto autonomo ed indipendente stante l’unitarietà dell’appalto, con conseguente applicabilità della normativa vigente all’epoca dell’aggiudicazione definitiva (1984), da cui trarrebbe origine il complesso rapporto contrattuale intercorrente con la committente; disciplina che, quanto alla revisione dei prezzi, con norma imperativa e di ordine pubblico ammetteva la facoltà di procedere alla revisione, con esclusione di qualsiasi patto contrario o in deroga (art. 2 l. 22 febbraio 1973, n. 37).

6.3. Orbene, premesso che l’istituto della revisione dei prezzi attiene alla fase esecutiva dei contratti d’appalto di opere pubbliche, sicché ai fini dell’individuazione della disciplina applicabile ratione temporis in caso di stipulazione di più contratti relativi a una stessa opera occorre aver riguardo alla natura integrativa/aggiuntiva, oppure autonoma, del singolo contratto, ritiene il Collegio che debba essere confermato il giudizio del Tribunale amministrativo sulla natura autonoma del contratto del 19 novembre 2002, rispetto ai contratti precedenti stipulati in esito all’aggiudicazione risalente al 1984, in quanto:

– per quanto esposto sopra sub 6.1.2., le opere relative alla seconda fase di realizzazione del centro bancario esulavano dall’originaria offerta economica e, anche sotto un profilo oggettivo, erano state ridefinite in sede di stipula del contratto del 19 novembre 2002 in relazione alle nuove esigenze della committente;

– solo col contratto del 19 novembre 2002 era stato determinato, per la prima volta, il prezzo dei lavori relativi alla seconda fase, mentre il prezzo della prima fase era stato determinato in sede di aggiudicazione nell’anno 1984;

– pertanto, sia il progetto delle opere della seconda fase, sia il relativo corrispettivo (determinato a corpo nell’importo forfettario di euro 76.800.000,00), ossia gli elementi essenziali del contratto d’appalto, sono stati contrattualmente fissati solo in occasione del contratto del 19 novembre 2002;

– dalla documentazione in atti si evince che oltre l’80% del prezzo contrattuale delle opere civili è stato determinato sulla base dei prezzari utilizzati da pubbliche amministrazioni, correnti nell’anno 2001, e solo il 14% mediante l’aggiornamento al 2001 dei prezzi applicati nella prima fase di realizzazione del centro bancario, mentre il prezzo degli impianti è stato determinato interamente con riguardo ai prezzi correnti nel 2001 (epoca delle trattative contrattuali), con aggiornamento successivo al maggio 2002 nell’"elenco prezzi unitari" allegato al contratto (v. doc. nn. 16 e 17 del fasc. di primo grado dell’odierna appellata), sicché anche sotto il profilo in esame deve escludersi qualsiasi natura meramente integrativa/aggiuntiva del nuovo contratto rispetto alle pattuizioni contrattuali inerenti alla realizzazione della prima fase dell’opera in esame.

La negoziazione ex novo degli elementi oggettivi essenziali del contratto – opere e corrispettivo relativi alla seconda fase di realizzazione del centro bancario – costituisce prova sicura e insuperabile della stipula di un contratto nuovo e autonomo rispetto a quelli precedenti inerenti alla prima fase di realizzazione del centro.

Si aggiunga che sensi dell’articolo 344 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. F – vigente all’epoca dell’aggiudicazione e della stipula dei primi contratti relativi alla prima fase a partire dal 14 luglio 1987 -, la misura del quinto dell’importo originario dell’opera (c.d. quinto d’obbligo) rappresentava il limite, entro il quale l’impresa appaltatrice era obbligata all’esecuzione degli ulteriori lavori di cui al contratto di appalto originario, ed oltre il quale, invece, i lavori potevano essere qualificati come variante del predetto contratto originario (spettando all’impresa appaltatrice il diritto alla risoluzione del contratto, salvo espressa volontà contraria previo nuovo accordo). Orbene, secondo consolidata giurisprudenza sia della Corte di Cassazione (Cass., I, 14 giugno 2000, n. 8094) sia di questo Consiglio di Stato (Cons. Stato, IV, 14 settembre 2004, n. 5931), da cui non v’è motivo di discostarsi, qualora l’amministrazione appaltante richieda l’esecuzione di lavori diversi da quelli indicati nel contratto originario e in variante ad essi, per un importo superiore al c.d. quinto d’obbligo, detta richiesta non trova fondamento nell’originario contratto di appalto e ad essa, pertanto, non corrisponde alcun obbligo da parte dell’impresa appaltatrice, con la conseguenza che il successivo accordo intervenuto tra le parti per l’esecuzione dei nuovi lavori deve essere qualificato come un nuovo contratto, autonomo rispetto a quello originario, anche ai fini dell’individuazione della disciplina applicabile ratione temporis in materia di revisione dei prezzi (v. su tale specifico aspetto, Cons. Stato,. n. 5931/2004, cit., nonché Cons. Stato,, V, 10 aprile 2000, n. 2076).

Va pertanto condivisa la qualificazione – operata dai primi giudici – del contratto del 19 novembre 2002 come contratto nuovo e autonomo dai precedenti, soggetto alla normativa vigente al momento della sua approvazione anche per quanto attiene alla disciplina abolitrice dell’istituto della revisione dei prezzi negli appalti pubblici, introdotta dall’art. 3 d.l. 11 luglio 1992, n. 333, convertito dalla l. 8 agosto 1992, n. 359.

7. A ragione è stata, altresì, disattesa l’eccezione di nullità del contratto del 19 novembre 2002, sollevata dall’originaria ricorrente sotto il profilo della violazione delle norme imperative sulla concorrenza e sull’evidenza pubblica.

Infatti, a prescindere dal rilievo di per sé dirimente della carenza d’interesse a sollevare l’eccezione de qua in capo all’odierna appellante, essendo essa stessa divenuta appaltatrice dell’opera e sussistendo in eventu l’interesse all’impugnativa in capo a operatori del settore pregiudicati dall’eventuale violazione della disciplina delle procedure a evidenza pubblica, sicché l’eccezione si risolve in un’inammissibile ecceptio de iure tertii, si osserva nel merito che il primo giudice, facendo corretta applicazione dei principi regolatori della materia degli appalti pubblici – da ultimo in parte qua sanciti dall’art. 11 d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 -, ha puntualmente posto in evidenza la distinzione tra fase pubblicistica dell’aggiudicazione e fase civilistica della stipula contrattuale, coerentemente riconducendo, sotto un profilo programmaticofunzionale, il contratto in esame all’aggiudicazione disposta nel 1984, e con ciò escludendo il dedotto vizio invalidante (peraltro, con statuizione pienamente compatibile con l’affermazione della natura autonoma del contratto stesso in rapporto a quelli precedenti, attinente a questione inerente alla fase successiva all’aggiudicazione).

8. Resta assorbita ogni altra questione, irrilevante ai fini decisori.

9. Tenuto conto di ogni circostanza connotante la presente controversia, si ravvisano i presupposti di legge per dichiarare le spese del presente grado interamente compensate fra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma l’impugnata sentenza; dichiara le spese del grado interamente compensate fra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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