Cons. Stato Sez. VI, Sent., 12-07-2011, n. 4194

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con ricorso al Tribunale amministrativo dell’Abruzzo, sede di Pescara, rubricato al n. 219/06, T. W. s.p.a. impugnava il decreto n. B3/CD/9/149372 in data 20 dicembre 2005 con il quale la Direzione generale per il coordinamento incentivi alle imprese del Ministero della attività produttive nel concederle in via definitiva un contributo in conto capitale, ai sensi della legge 19 dicembre 1992, n. 488, avendo accertato che la produzione di serie della linea di prodotti "Valentina" (finanziata per un importo di Euro 4.219.474,16) non era stata ancora avviata, pur essendo funzionanti le relative linee di produzione, e che alcuni macchinari non erano presenti in azienda (per un importo di Euro. 57.886,51), disponeva la riduzione del contributo già concesso in via provvisoria ed il recupero della somma di Euro 829.751,54, nonché gli atti presupposti e connessi.

Deduceva le seguenti censure, così riassunte nella sentenza di primo grado:

1) violazione della legge 19 dicembre 1992, n. 488, del regolamento adottato con D.M. 20 ottobre 1995, n. 257, come modificato con D.M. 31 luglio 1997, n. 319, e della circolare ministeriale 20 novembre 1997, n. 234363. Violazione dei criteri e delle modalità di valutazione delle spese ammissibili.

Il mancato avvio della produzione di serie non corrisponde a nessuna delle fattispecie tipiche di cui all’art. 8 del D.M. 527/95 previste per la revoca del contributo provvisoriamente concesso. Né risulta rilevante la violazione del termine di 24 mesi di cui al punto 8.6 della circolare, in quanto tale termine non è perentorio.

2) Eccesso di potere per difetto dei presupposti, per travisamento dei fatti, per illogicità, per sproporzionalità e per ingiustizia manifesta.

Il programma realizzato dalla ricorrente ha soddisfatto le finalità perseguite dalla L. 488/92, di realizzare di concreti programmi di investimento produttivi nelle aree depresse. L’impianto era funzionante ed in uso e già prima del sopralluogo l’istante aveva informato l’Amministrazione di alcune circostanza che avevano impedito la produzione di serie.

3) Violazione degli artt. 3 e 10bis della legge 7 agosto 1990, n. 241. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, per carenza di motivazione, per contraddittorietà, per incoerenza e per erronea ponderazione degli interessi. Violazione del principio di ragionevolezza e di buon andamento.

La riduzione del contributo non ha tenuto conto del fatto che la linea di produzione, come evidenziato dalla ricorrente, era già entrata in funzione e che la sola produzione di serie era stata procrastinata a causa della sopravvenienza di determinati fattori che avevano influenzato i tempi di realizzo.

4) Violazione dell’art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241. Eccesso di potere per genericità, per indeterminatezza e per difetto di trasparenza.

L’Amministrazione ha disposto il recupero della somma di Euro 829.751,54, senza specificarne le distinte causali e le singole componenti di spesa.

T. W. s.p.a. chiedeva quindi l’annullamento del provvedimento impugnato.

Con la sentenza in epigrafe, n. 888 in data 15 dicembre 2006 il Tribunale amministrativo dell’Abruzzo, sede di Pescara, respingeva il ricorso, ritenendo la mancata attivazione della produzione in serie del prodotto di cui si è detto nel termine concesso ostativa alla concessione del contributo in misura intera.

2. Avverso la predetta sentenza T. W. s.p.a. propone il ricorso in appello in epigrafe, rubricato al n. 5957/07, chiedendo la riforma della sentenza gravata, previa sospensione, e l’accoglimento del ricorso di primo grado.

Con ordinanza n. 4452 in data 28 agosto 2007 è stata accolta l’istanza cautelare, nei limiti del recupero delle somme già erogate.

Con ordinanza 1710 in data 21 marzo 2011 è stata disposta l’integegrazione della documentazione agli atti.

Si è costituita in giudizio l’Avvocatura Generale dello Stato, chiedendo il rigetto dell’appello.

Quest’ultimo è stato assunto in decisione alla pubblica udienza del 17 maggio 2011.

3. Occorre osservare che il provvedimento impugnato contesta all’appellante la violazione del termine di cui sopra e la mancanza, all’interno dell’azienda, di alcuni dei macchinari previsti.

L’appellante non mette in dubbio quest’ultimo dato di fatto, salvo quanto si dirà in prosieguo, per cui la disamina avrà ad oggetto esclusivamente la prima problematica.

In questi termini, l’appello è fondato.

3a. Non può essere condivisa la tesi secondo la quale la violazione del termine di ventiquattro mesi per il completamento dell’iniziativa da finanziare, imposto dall’art. 8 del D.M. 20 ottobre 1995, n. 527, non sarebbe perentorio.

Invero, a voler seguire la tesi dell’appellante la violazione del suddetto termine resterebbe priva di sanzione ed esporrebbe l’Amministrazione a tentativi di procrastinare ingiustificatamente l’adempimento degli impegni assunti da chi abbia ottenuto la concessione di denaro pubblico, per somme anche ingenti; la norma quindi, interpretata nel senso proposto dall’appellante, condurrebbe ad un’applicazione palesemente irragionevole, per cui la sua tesi non può essere condivisa.

La conclusione appena esposto è avvalorata dal fatto che in base alla stessa norma l’Amministrazione può concedere proroghe, ricorrendo giustificati motivi.

Infatti, la proroga di un termine non essenziale sarebbe palesemente inutile, per cui la tesi dell’appellante va disattesa anche sotto questo profilo.

3c. L’appellante non ha chiesto in sede amministrativa la proroga del termine di cui si tratta, ritenendo di non averlo violato, e contesta quindi in sede giurisdizionale il provvedimento impugnato, fondato – appunto – sulla violazione del suddetto termine.

L’appello, sotto tale profilo, è fondato.

Già la sentenza di primo grado assume come pacifico – ed i dati acquisiti a seguito dell’istruttoria di cui in narrativa confortano tale conclusione – il fatto che l’appellante abbia realizzato e reso funzionanti gli impianti oggetto di finanziamento entro il 16 marzo 2002 (cioè, entro 48 mesi dalla presentazione della domanda di agevolazioni) e per altro verso che – come riconosciuto dalla stessa odierna appellante con la propria nota del 18 febbraio 2005 – la produzione di serie non sia iniziata entro i successivi 24 mesi.

L’appellante ritiene tale ultima circostanza ininfluente in quanto la messa in commercio del prodotto è stata posticipata di qualche mese per scelte conseguenti alla valutazione del miglior momento per il suo lancio sul mercato, nel frattempo preparato anche con la partecipazione a rassegne internazionali (anche quest’ultima circostanza è confermata dagli atti acquisiti in ottemperanza all’ordinanza istruttoria di cui al paragrafo 2).

L’Amministrazione, la cui tesi è stata condivisa dal TAR, ritiene che, in mancanza della messa in commercio del prodotto, lo scopo del finanziamento non sia stato raggiunto.

Ad avviso del Collegio, la problematica deve essere scissa in due parti.

E’ evidente che la mancata realizzazione dell’impianto finanziato esclude il raggiungimento dello scopo del contributo ed impone il suo recupero.

Il ritardo nella messa in commercio del prodotto comporta la stessa conseguenza quando sia rivelatrice del mancato raggiungimento dello scopo, e ciò può avvenire quando il suddetto ritardo sia sproporzionato nella durata ovvero privo di giustificazioni; evidenti motivi di chiarezza nei rapporti impongono che le ragioni dell’imprenditore siano rese palesi prima della scadenza del termine.

In altri termini, il ritardo eccessivo o ingiustificato nella commercializzazione fa venir meno i presupposti per l’erogazione e ne consente il recupero.

Il comportamento dell’odierna appellante non ricade in tale ambito.

Nel termine prefissato l’appellante ha completato gli impianti e si è preparata alla commercializzazione del prodotto.

Nel corso del contraddittorio che ha preceduto l’emanazione del provvedimento impugnato, la decisione di posticipare la messa in commercio è stata comunicata all’Amministrazione, che è stata quindi posta in grado di valutarne la serietà.

Invero, la buona fede dell’appellante è dimostrata proprio dalla mancata richiesta della proroga, che avrebbe risolto alla radice il problema ma di cui, evidentemente, l’appellante ha ritenuto di non avere necessità, nella convinzione di avere ottemperato a tutti i propri obblighi.

Di tali circostanze l’Amministrazione non si è proprio fatta carico, avendo ritenuto assorbente lo spirare del termine senza richiesta di proroga.

Afferma, in conclusione, il Collegio che la documentazione versata in atti dimostra il raggiungimento dello scopo del finanziamento.

La dedotta doglianza di eccesso di potere deve, di conseguenza, essere condivisa.

3d. L’appellante si duole della mancata distinzione, nel corpo del provvedimento impugnato, tra le somme da recuperare per la mancanza di attrezzature e quelle relative al superamento del termine temporale di cui ai paragrafi precedenti.

Osserva al riguardo il Collegio che ciò non inficia il provvedimento: le relative questioni dovranno essere tenute presenti in sede di esecuzione della presente sentenza e di emanazione dei provvedimenti conseguenti.

4. Ritiene la Sezione che la pretesa risarcitoria non possa essere accolta.

Invero, a parte ogni considerazione sulla effettiva sussistenza della riproverabilità dell’Amministrazione (per elementi eccedenti la mera sussistenza del constatato profilo di eccesso di potere), risulta decisivo considerare che l’esistenza del danno non è stata in alcun modo dimostrata, ed anzi la relativa affermazione appare inverosimile, una volta che il recupero delle somme in contestazione è stato sospeso nel corso del giudizio di primo grado ed in sede di esame cautelare della sentenza che lo ha definito.

Oltre tutto, la sospensione ha riguardato il recupero nella sua interezza, compresa quindi la somma relativa alla mancanza di alcuni macchinari, riguardo alla quale l’appellante non ha mosso contestazioni.

4. In conclusione, l’appello deve essere accolto, nei termini di cui sopra e, in riforma della sentenza gravata, va accolto il ricorso di primo grado e, per l’effetto, va annullato, per quanto di ragione, il provvedimento impugnato, salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Autorità amministrativa.

Le spese dei due gradi del giudizio seguono, come di regola, la soccombenza.

P.Q.M.

il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull’appello n. 5957/07, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei termini di cui in motivazione e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza gravata, accoglie il ricorso di primo grado ed annulla, per quanto di ragione, il provvedimento impugnato.

Respinge la domanda risarcitoria.

Condanna l’Amministrazione appellata al pagamento, in favore dell’appellante, delle spese e degli onorari dei due gradi del giudizio, che liquida in complessivi Euro 4.000,00 (quattromila/00) oltre agli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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