Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 05-04-2011) 07-07-2011, n. 26656Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La Corte di appello di Messina ha confermato la sentenza con la quale D.P.S. è stato ritenuto responsabile della detenzione illecita di circa 530 gr. di cannabis indica nonchè di aver fatto resistenza agli agenti che procedevano al controllo e di evasione dagli arresti domiciliari e condannato, in continuazione con precedenti reati, ad un anno e due mesi di reclusione ed Euro 10000 di multa.

2. Avverso tale sentenza ha presentato ricorso per cassazione il difensore dell’imputato deducendo violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b) ed e) in relazione all’art. 337 cod. pen., al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 e all’ art. 62 cod. pen.. Il ricorrente lamenta che il fatto di resistenza non sia stato più correttamente qualificato quale minaccia e dichiarato improcedibile per mancanza di querela;

che egli sia stato ritenuto responsabile di concorso nella detenzione dello stupefacente pur essendo stato pacificamente accertato che la responsabilità era solo del padre, S., che aveva gettato i sacchetti contenenti lo stupefacente nel tentativo di disfarsene e nella cui abitazione era stato rinvenuto altro materiale; secondo il ricorrente si è trascurata la differenza tra concorso nel reato e mera connivenza non punibile; che siano state negate le attenuanti generiche solo con generico riferimento alla sua personalità; che si siano violati i parametri ai fini dell’applicazione della continuazione con la sentenza di patteggiamento e non sia stata fornita su tutti tali profili, rappresentati con l’appello, una congrua motivazione.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è inammissibile per la assenza di specificità e manifesta infondatezza dei motivi proposti.

2. La Corte di appello ha puntualmente riferito il comportamento accertato dai Carabinieri che, avendo riscontrato un via vai di tossicodipendenti verso l’abitazione del D.P. S. e del di lui padre S., avevano eseguito un appostamento; avevano così potuto osservare l’arrivo di un’auto con a bordo due ragazzi; i due scendevano dall’auto, chiamavano l’attuale ricorrente " S." e con lui raggiungevano il cortile dello stabile ed armeggiavano vicino ad un secchio, poi allontanandosi; poco dopo uscivano dallo stabile il S. ed il padre, quest’ultimo con in mano dei sacchetti ed il secchio; gli agenti intervenivano e il padre S. gettava loro contro il secchio, dandosi alla fuga;

contemporaneamente S. li minacciava dicendo ripetutamente "vi scanno"; effettuata un perquisizione veniva rinvenuta altra cannabis nel magazzino dello stabile.

3. La Corte correttamente ha evidenziato la chiara evidenza probatoria di tali comportamenti, e di ciò non è lecito dubitare atteso che, per quanto riguarda la detenzione illecita di stupefacenti, l’attuale ricorrente non si è limitato ad accompagnare il padre ma ha assunto un ruolo attivo nella gestione dello stesso, come dimostra l’episodio nel quale i due ragazzi lo chiamano per nome; per quanto riguarda la resistenza, reato del quale è stato chiamato a rispondere in concorso con il padre S. che si scagliava materialmente contro gli agenti, egli ha chiaramente proferito le minacce sopra riportate, allo scopo di intimidire i Carabinieri e di opporsi così alla attività di controllo, contribuendo in tal modo alla realizzazione del reato; pacifica poi la sussistenza del reato di evasione atteso che si era allontanato dalla propria abitazione nonostante gli arresti domiciliari in corso.

3. Anche il giudizio negativo sulle attenuanti generiche è congruamente motivato con riferimento alla gravita del fatto e la considerazione che la condotta è stata posta in essere in costanza del regime cautelare, nonchè dei precedenti penali.

4. Da ultimo la censura attinente la continuazione è formulata in modo assolutamente generico, tanto da non rendere comprensibile quale sia il vizio di cui ci si lamenta.

5. Dalla dichiarazione di inammissibilità deriva l’onere delle spese del procedimento nonchè del versamento di una somma in favore delle cassa delle ammende che, in considerazione dei motivi dedotti, stimasi equo fissare, anche dopo la sentenza della Corte Cost. n. 186 del 2000, in Euro 1.000,00 (mille/00).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonchè al versamento di 1.000,00 Euro in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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