Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 05-04-2011) 07-07-2011, n. 26655 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del Tribunale di Brescia, resa all’esito di giudizio abbreviato, G.R.E. veniva dichiarato responsabile del reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1, per aver detenuto a fine di spaccio 9 gr. circa di cocaina suddivisa in 14 involucri. Nella notte dell’8 gennaio agenti di polizia giudiziaria avevano effettuato un controllo di una autovettura in un parcheggio, avendo saputo da fonte confidenziale che in quella zona, in ora notturna, si svolgeva attività di spaccio; avevano visto sopraggiungere un’auto con all’interno tre persone, risultate poi essere l’odierno ricorrente (seduto a lato del posto di guida), e tali Gh.Fa. (al posto di guida) e Z.S. (sul sedile posteriore) e ne avevano osservato i movimenti essendo accesa la luce interna dell’auto; avevano visto che i tre si rivolgevano verso l’ingresso del parcheggio come se fossero in attesa di qualcuno; una volta intervenuti gli agenti, G. prelevava da terra un sacchetto di cellophane, che buttava fuori dal finestrino, al cui interno venivano rinvenute le 14 bustine di cocaina al 20% di principio attivo. I tre fornivano versioni contrastanti dell’accaduto: G. affermava di non aver saputo nulla della presenza della droga sull’auto fino a quando non erano intervenuti gli agenti e Gh. gli aveva gridato di buttar fuori la roba che aveva sotto i piedi. Gh. e la Z. indicavano G. come loro fornitore. essendo essi occasionali assuntori di cocaina.

Il primo giudice riteneva credibili le dichiarazioni di costoro, in quanto conformi a quanto direttamente osservato dagli agenti e, ritenuta l’ipotesi di cui all’art. 73, comma 5, concesse altresì attenuanti generiche prevalenti sulla recidiva (da considerarsi sussistente ma da qualificarsi reiterata infraquinquennale, ma non, come invece contestato, specifica) lo condannava , con la riduzione del rito abbreviato a nove mesi di reclusione e 2000 Euro di multa.

2. Su appello del G. e del pubblico ministero, la Corte di appello di Brescia confermava la responsabilità dell’imputato ritenendo infondate le censure proposte; accoglieva l’appello del Procuratore Generale con riferimento alla valutazione della recidiva rilevando, da un lato, che non vi era stata contestazione da parte dell’imputato sulla applicazione della stessa e, dall’altro, che il bilanciamento tra recidiva reiterata e attenuanti effettuato dal primo giudice nel senso della prevalenza delle attenuanti, era vietato dalla legge. Rideterminava pertanto la pena in anni 4 di reclusione e 18000 Euro di multa.

3. Avverso tale sentenza ha presentato ricorso per cassazione il difensore dell’imputato. Con il primo motivo lamenta manifesta illogicità di motivazione in punto di accertamento di responsabilità. La difesa di G. non aveva mai sostenuto che la droga fosse sul tappetino della autovettura, lato passeggeri, ma sotto il tappetino, non visibile; le dichiarazioni rese dagli agenti non fornivano elementi utili a ritenere attendibile una versione dei fatti piuttosto che l’altra; la ritenuta responsabilità risultava dunque fondata solo sulle dichiarazioni della coppia Z. – Gh., senza ulteriori riscontri; non vi era ragione di ritenere che G. avesse più bisogno di spacciare dei due atteso che egli non era stato sempre senza lavoro e che i due compravano a credito; in realtà le due versioni erano equivalenti e non vi erano elementi per ritenere accertata oltre ogni ragionevole dubbio la responsabilità del’imputato. Con un secondo motivo il ricorrente sostiene l’erronea interpretazione dall’art. 597, comma 5, laddove la Corte di appello ha ritenuto di non poter disapplicare la recidiva.

Motivi della decisione

1. Il ricorso non merita accoglimento.

2. Osserva il Collegio, quanto al primo motivo, che lo stesso è inammissibile risolvendosi le censure dell’imputato, al di là della loro formale prospettazione di un vizio di motivazione, nel tentativo di contestare il merito della impugnata sentenza per ottenere, sulla base di una diversa valutazione della prova, il proscioglimento dell’imputato. Come è noto nell’attuale codice di procedura penale la valutazione delle risultanze processuali è rimessa unicamente al giudice di merito e, per espresso dettato normativo, è consentito alla Corte di Cassazione effettuare il controllo sulla motivazione del provvedimento impugnato solo nei limiti di quanto risulta dal testo medesimo, sempre che la motivazione risulti mancante o manifestamente illogica; è esclusa invece ogni possibilità di censurare il contenuto di tale decisione. E’ infatti pacifico che il compito del giudice di legittimità non è quello di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito in ordine all’affidabilità delle fonti di prova, bensì di stabilire se essi abbiano dato adeguatamente conto, attraverso l’iter logico- argomentativo seguito, delle ragioni che li hanno indotti ad emettere la decisione (S.U. 29.1.96, n. 22 Clarke); altrettanto autorevolmente essendosi altresì affermato (S. U. 2.7.97, n. 6402 Dessimone rv.

207944) che "L’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione essere limitato – per espressa volontà del legislatore – a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l’adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali.

Esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di una "rilettura" degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione e1, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali".

Nella specie, la sentenza impugnata adempie compiutamente all’obbligo di motivazione, esprimendo, con argomentazioni chiare e precise, le ragioni per le quali è stata ravvisata la responsabilità del G.; al riguardo è solo il caso di ricordare che la tesi dell’attuale ricorrente, secondo cui egli era del tutto inconsapevole della presenza della droga in quanto era solo uscito a bere qualcosa con i due amici, contrasta non solo con la dichiarazione resa da costoro, che hanno invece riferito di essersi incontrati con G. per acquistare una dose di cocaina, ma, ciò che più conta, con alcuni elementi opportunamente messi in luce dalla sentenza di appello e cioè con la evidente agitazione dimostrata da G. all’atto dell’intervento degli agenti e con la prontezza con la quale egli si è risolto a gettare dal finestrino l’involucro con la droga, del quale, secondo la sua versione, era del tutto all’oscuro. Resta dunque confermata la responsabilità del medesimo ed anche la pena è stata correttamente determinata. Correttamente la Corte di appello ha infatti rilevato la fondatezza dell’appello presentato dal pubblico ministero con riguardo alla recidiva, precisando che, a seguito delle modifiche apportate all’art. 69 c.p. dalla L. 5 dicembre 2005, n. 251, vi è divieto di prevalenza delle circostanza attenuanti rispetto alla recidiva; dunque, una volta che il giudice aveva ritenuto, come era avvenuto nel giudizio di primo grado, che la contestata recidiva, reiterata infraquinquennale anche se non specifica, pur prevista dalla legge come facoltativa, doveva essere positivamente valutata nel determinare il trattamento sanzionatorio, ne deriva, per volontà di legge, che il giudizio di bilanciamento tra circostanze può portare soltanto alla equivalenza.

Nè può fondatamente dolersi con il presente ricorso il ricorrente che, essendo in ogni caso – come è pacifico – la recidiva facoltativa, la Corte di appello non abbia ritenuto, facendo uso dei suoi poteri officiosi, di non tenerne conto; dimentica il ricorrente che, come già si è osservato, il giudice di primo grado aveva espresso al riguardo una valutazione di positiva rilevanza della recidiva e che sul punto l’imputato non ha formulato alcuna censura onde la questione risultava definitivamente accertata,con preclusione del giudice di appello di una diversa valutazione al riguardo.

3. Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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