Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 15-02-2011) 08-07-2011, n. 26769 Edilizia e urbanistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Trani, Sezione del Riesame, con ordinanza del 10 giugno 2010, ha rigettato il riesame proposto da S. M., indagato in ordine ai reati di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 3, 10 e 31 (per aver realizzato opere edilizie per costruire un’autorimessa coperta con uso di cemento armato), confermando il sequestro preventivo del manufatto edilizio sito in (OMISSIS), disposto con decreto del 12 maggio 2010 del Gip del Tribunale di Trani.

L’indagato, tramite il proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione per i seguenti motivi:

1. Inosservanza e/o erronea applicazione della legge penale e processuale in relazione al D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 3, 10 e 31 (t.u. edilizia) nonchè all’art. 125 c.p.p.. Il provvedimento impugnato sarebbe viziato perchè non avrebbe considerato la documentazione prodotta dalla difesa attestante l’infondatezza e l’oggettiva inesistenza dell’imputazione e avrebbe omesso di motivare sulle doglianze. Emergerebbe che le opere in questione sono mere opere di manutenzione straordinaria, consistenti nel rinnovamento e miglioria di una pensilina preesistente, che rappresenta una pertinenza, senza creazione di nuove volumetrie, nè mutamento di destinazione d’uso. Inoltre le tramezzature tra i singoli posti auto sono state realizzate solo sotto la pensilina preesistente, lasciando aperte "asole laterali" e tutta la pensilina di fronte. Quanto affermato dai giudici del riesame sarebbe perciò in contrasto con lo stato dei luoghi, mentre la presenza di uno scavo non deve portare alla presunzione di una futura realizzazione di un’opera edile. Del resto sussisterebbe la prova documentale (nulla osta del Comune n.1233 del 21.8.09, prodotto dalla difesa) che era già avvenuto il cambio di destinazione d’uso da deposito (C/2) ad autorimessa (C/6).

In aggiunta il D.Lgs. n. 40 del 2010, entrato in vigore il 26.3.2010, ha ricompreso nell’edilizia libera gli interventi di manutenzione straordinaria ex art. 3, comma 1, lett. b), e dunque senza nemmeno la d.i.a., che, D.P.R. n. 380 del 2001, ex art. 22, commi 1 e 3, è prevista non solo per la manutenzione straordinaria, ma anche per interventi di ristrutturazione che comportino modiche dell’unità immobiliare, nel volume, sagoma, prospetti o superfici. Il Tribunale avrebbe pertanto omesso del tutto di motivare sull’inesistenza del reato e sui rilievi in diritto sollevati.

Motivi della decisione

Il ricorso non è fondato.

E’ quasi superfluo rammentare che il ricorso per cassazione contro le ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli "errores in iudicando" o "in procedendo", sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice, (così, Sez. U, n. 25932 del 26 giugno 2008, Ivanov, Rv. 239692; in precedenza, con la sentenza Sez. U, n. 5876 del 13 febbraio 2004, P.C. Ferazzi in proc. Bevilacqua, Rv.

226710, è stato precisato che mentre rientra nel sindacato di legittimità la mancanza di motivazione o la presenza di una motivazione meramente apparente, non vi rientra la sua eventuale illogicità manifesta).

Non possono pertanto essere censurati in questa sede presunti vizi di motivazione del provvedimento impugnato, in riferimento alle circostanze di fatto, quale quella, evocata dal ricorrente, relativa allo stato dei luoghi ed alla valutazione dei lavori realizzati, essendo tale verifica riservata, in via esclusiva, ai giudici di merito ed anche allo sviluppo delle fase investigativa ed all’eventuale successivo giudizio (sul punto, specificamente, Sez. 3, n. 20571 dell’1 giugno 2010, Alberti, Rv. 247189).

Invero l’ordinanza impugnata ha esaustivamente motivato le ragioni del rigetto del gravame proposto, condividendo gli elementi posti a fondamento dell’ipotizzato abuso per il quale si indaga, affermando la sussistenza del fumus delicti del reato indicato, in quanto l’opera realizzava una trasformazione della preesistente tettoia. Era infatti stato accertato che erano in corso lavori per realizzare "porzioni immobiliari chiuse perimetralmente, lateralmente e frontalmente", ossia veri e propri box auto e non semplici autorimesse coperte, come prospettato dalla difesa dell’indagato.

Pertanto il ricorso deve essere rigettato ed al rigetto consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *