Cass. pen., Sez. IV, Sentenza 12 Ottobre 2010, n. 36362 Gratuito patrocinio Contano anche agli aiuti economici ricevuti da terzi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Fatto e diritto

1. Con istanza avanzata in data 29/7/2008, S. A. chiedeva l’ammissione al gratuito patrocinio in relazione ad un procedimento penale a suo carico pendente.
Con decreto del 29/7/2008 il GIP del Tribunale di Palmi, dichiarava inammissibile la richiesta di ammissione al gratuito patrocinio.
A seguito di opposizione, il Presidente del Tribunale di Palmi, con provvedimento del 15/1/2009, confermava il decreto rigettando l’opposizione.
Osservava il Presidente che nel formulare l’istanza la S. aveva dichiarato di percepire annualmente la somma di euro 1.680 quali contributi statali e somme da parte dei familiari. Tale ultima voce non era specifica, ma indicata in modo generico in violazione dell’art. 79 lett. c) DPR 115/02
2. Avverso il provvedimento ha proposto ricorso per cassazione il difensore della S., lamentando la erronea applicazione della legge ed il difetto di motivazione, laddove il giudice di merito non aveva tenuto conto che il reddito tipizzato dall’art. 76 TU 115/02 è costituito dal reddito imponibile, nell’ambito del quale non rientrano le erogazioni di parenti; inoltre gli artt. 96 e 72, nel valutare il superamento dei limiti per l’ammissione, prendevano in considerazione solamente i redditi dei parenti conviventi e non quelli di soggetti estranei.
3. Il ricorso è manifestamente infondato.
Va preliminarmente evidenziato che l’art. 76 del DPR 115/2002, nell’indicare le condizioni di ammissione al gratuito patrocinio, non fa solo riferimento al “reddito imponibile ai fini dell’imposta personale … risultante dall’ultima dichiarazione”, bensì anche ai “redditi che per legge sono esenti dall’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) o che sono soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta, ovvero ad imposta sostitutiva”.
Orbene, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 382 del 1985, nell’affrontare la problematica dei limiti di reddito per il patrocinio gratuito, ha precisato che “nella nozione di reddito, ai fini dell’ammissione del beneficio in questione, devono ritenersi comprese le risorse di qualsiasi natura, di cui il richiedente disponga, anche gli aiuti economici (se significativi e non saltuari) a lui prestati, in qualsiasi forma, da familiari non conviventi o da terzi, – pur non rilevando agli effetti del cumulo – potranno essere computati come redditi direttamente imputabili all’interessato, ove in concreto accertati con gli ordinari mezzi di prova, tra cui le presunzioni semplici previste dall’art. 2739 cod. civ., quali il tenore di vita ecc.”.
Tale indirizzo interpretativo è stato più volte confermato da questa Corte di legittimità laddove si è statuito che “Ai fini dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, per la determinazione dei limiti di reddito rilevano anche i redditi che non sono stati assoggettati ad imposte vuoi perché non rientranti nella base imponibile, vuoi perché esenti, vuoi perché di fatto non hanno subito alcuna imposizione: ne consegue che rilevano anche i redditi da attività illecite ovvero i redditi per i quali l’imposizione fiscale è stata esclusa” (ex plurimis, Cass. IV, 45159/05, Bagarella; cfr. anche Corte Cost. sent. n. 144 del 1992).
Se ne deduce che qualsiasi introito che l’istante percepisce con caratteri di non occasionalità, confluisce nel formare il reddito personale (non aggiuntivo dei familiari conviventi), ai fini della valutazione del superamento del limite indicato nell’art. 76 DPR 115/2002.
La ragione dell’esigenza di accertamento degli effettivi redditi percepiti dall’istante, risponde a quella di autorizzare il trasferimento allo Stato una spesa (di difesa tecnica) che la parte da sola non riesce a sostenere, così facendo appello alla solidarietà della collettività.
Funzionale a ciò è la disposizione contenuta nella lett. c) dell’art. 79 DPR cit. laddove è previsto che l’istante deve attestare “… la sussistenza delle condizioni di reddito previste per l’ammissione, , con specifica determinazione del reddito complessivo valutabile a tali fini, determinato secondo le modalità indicate dall’art. 76”.
Nel caso di specie, correttamente il giudice di merito ha ritenuto che nell’istanza presentata, la indicazione che “per il sostentamento mio e della mia famiglia riceviamo degli aiuti economici da parte dei familiari” era carente di specificità, in quanto non indicava l’ammontare di tali erogazioni, valutandola quindi inammissibile.
Alla manifesta infondatezza del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che si ritiene equo liquidare in euro 1.000,00, in favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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