Cassazione civile 1081/2011 Perizia contrattuale ed arbitrato irrituale: quali differenze?

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo

Le compagnie assicurative oggi ricorrenti convennero in giudizio, dinanzi al tribunale di Roma, la s.r.l. Faci, chiedendo la declaratoria di nullità/annullabilità della decisione del collegio peritale incaricato di valutare i danni subiti dalla convenuta a seguito di un incendio, per essere stata la relativa decisione adottata al di fuori dei limiti della clausola compromissoria.

Il giudice di primo grado respinse la domanda, confermando il provvedimento ingiuntivo emesso in corso di causa a seguito della quantificazione del danno operata dal collegio arbitrale.

L’impugnazione proposta dagli assicuratori fu rigettata dalla corte di appello di Roma.

La sentenza è stata così impugnata da tutte le compagnie appellanti con ricorso per cassazione sorretto da 7 motivi e illustrato da memoria.

Resiste con controricorso il fallimento Faci.
Motivi della decisione

Il ricorso è fondato entro i limiti di cui si dirà.

Preliminare all’analisi complessiva del ricorso appare l’esame del motivo 2.2/2.3, illustrato al folio 30 ss. dell’odierno gravame, con il quale si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1703 e 1708 c.c., art. 808 c.p.c.; omessa e/o insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

Il motivo si conclude con i seguenti quesiti di diritto: Dica la Corte se, con una clausola inserita in un contratto di assicurazione contro i danni che rimette a periti la salutazione sull’ ammontare del danno, lasciando impregiudicata ogni azione o eccezione sull’ammissibilità del sinistro ad indennizzo, viene conferito un mandato distinto da quello tipico dell’arbitrato libero o irrituale e non piuttosto quello della c.d. "perizia contrattuale";

Dica la corte se viola il criterio ermeneutico di cui all’art. 1362 c.c., il giudice di merito che, in presenza di una perizia contrattuale, ha limitato la propria decisione alla verifica della sussistenza di un errore di fatto nella decisione peritale, nonostante il mandato conferito ai periti, da un lato, preveda che l’accertamento circa la violazione degli obblighi contrattuali da parte di uno dei contraenti demandato ai mandatari non sia vincolante e, dall’altro, faccia salva l’impugnazione della decisione peritale per violazione di patti contrattuali, e nonostante la violazione di un contraente dei propri obblighi contrattuali e la violazione delle clausole di polizza da parte dei periti siano state ritualmente dedotte in giudizio dall’altra parte contraente.

I quesiti meritano una risposta affermativa, e il complesso motivo, così come articolato, deve essere conseguentemente accolto, con assorbimento in tale accoglimento delle ulteriori doglianze rappresentate dal ricorrente, che potranno costituire oggetto di dibattito in sede di rinvio, in caso di riassunzione del giudizio.

E’, difatti, ius reception di questa corte regolatrice il principio secondo il quale la perizia contrattuale e l’arbitrato libero costituiscono due ben distinte species, sia pur nell’ambito del medesimo genus negoziale (il mandato).

E’ perizia contrattuale quella il cui presupposto in iure consiste nella limitazione dell’indagine, demandata ai periti, alla mera determinazione quantitativa del danno della relativa attività esplorativa, senza alcun potere di risolvere le questioni eventualmente insorte sulla validità e operatività della garanzia assicurativa; la cui caratteristica morfologica va individuata proprio nella sua estraneità all’area dell’arbitrato; il suo aspetto funzionale, infine, va ravvisato proprio nella sua non interferenza sulla proponibilità delle suddette questioni di validità e operatività della garanzia dinanzi all’autorità giudiziaria.

Questi principi risultano del tutto disattesi dal giudice territoriale che, dopo avere equiparato tout court le fattispecie della perizia contrattuale e dell’arbitrato irrituale (f. 4 della sentenza oggi impugnata), ha conseguentemente (ma illegittimamente) ritenuto rilevanti, ai fini della relativa impugnativa, i soli vizi "negoziali" (errore violenza dolo) della manifestazione di volontà.

E’ sotto tale, assorbente profilo che l’impugnata sentenza va cassata, e il giudizio rimesso, per la sua eventuale prosecuzione, ad altra sezione della corte di appello di Roma, che si atterrà al principio di diritto suesposto.
P.Q.M.

La corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla corte di appello di Roma in altra composizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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