Cassazione civile 105/2011 Le scritture contabili non sono prova legale.

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

..omissis…

Motivi della decisione

Con i due motivi di ricorso il ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 2709 e 2710 c.c. nonchè errata interpretazione dell’art. 116 c.p.c., comma 2, e vizio di motivazione, censura la sentenza impugnata, per avere la corte di appello erroneamente ritenuto che i citati artt. 2709 e 2710 c.c. prevedono che il valore probatorio delle scritture contabili – nel caso, copia del "giornale generale" da cui si evince che la fattura di cui è causa è stata pagata – possa avere efficacia soltanto se vi siano altre prove a sostegno di quanto indicato nelle scritture contabili redatte dall’imprenditore; e per avere affermato che nella fattispecie mancano, comunque, tali elementi (di prova, n.d.e.), mentre la prova dell’avvenuto pagamento è emersa dalle risultanze istruttorie, quali la documentazione esibita nei precedenti gradi di giudizio e le assunte testimonianze, nonchè le scritture contabili depositate dall’opposto ( A.N.) da cui si evince che in data 31/7/90 fu accreditato all’opponente (Impresa Zenga) un pagamento di L. 12.000.000. "Le censure formulate con i due motivi di ricorso, che, in quanto strettamente connesse si prestano ad essere esaminate congiuntamente, sono prive di pregio. E’ ius receptum nella giurisprudenza di questa Suprema Corte quello secondo cui le scritture contabili, pur se regolarmente tenute, non hanno valore di prova legale a favore dell’imprenditore che le ha redatte, e, pertanto, qualora egli intenda utilizzarle come mezzi di prova nei confronti della controparte ai sensi dell’art. 2710 c.c., le scritture stesse sono soggette, come ogni altra prova, al libero apprezzamento del giudice, al quale spetta stabilire, nei singoli casi, se ed in quale misura siano attendibili ed idonee, eventualmente in concorso con altre risultanze probatorie, a dimostrare la fondatezza della pretesa (o della eccezione) della parte che le ha prodotte in giudizio (Cass. n. 3188/2003, n. 1715/2001, n. 3108/96).

Nel caso in esame, il giudice di appello, a fronte della semplice annotazione nelle scritture dell’impresa di Z.V. – nel "giornale generale", a quanto ha precisato il ricorrente – ha ritenuto, in mancanza di qualsiasi altro elemento probatorio, ed in aderenza, quindi, al principio enunciato da questa Corte e sopra richiamato, che il debitore, cioè esso Z., non avesse dimostrato di avere pagato l’importo di cui alla fattura n. (OMISSIS) posta a fondamento del decreto ingiuntivo richiesto ed ottenuto da A.N..

Nè l’affermazione del giudice di merito, basata su accertamenti di fatto e valutazioni non sindacabili in questa sede di legittimità circa la predetta carenza probatoria, è stata validamente contrastata dal ricorrente, il quale, dopo avere contestato l’interpretazione fornita dalla corte degli artt. 2709 e 2710 c.c. per il mancato riconoscimento dell’efficacia probatoria tra imprenditori delle scritture contabili, ha lamentato che, lo stesso giudice, a differenza di quello di primo grado, non aveva tenuto conto che dall’espletata istruttoria era emerso che, comunque, la fattura in questione era stata pagata. Non ha indicato, infatti, il ricorrente, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso, la documentazione e le testimonianze dal cui tenore e contenuto la corte di merito avrebbe dovuto trarre la prova dell’avvenuto pagamento della fattura, e che avrebbero consentito, quindi, a questa Corte di verificare la correttezza o meno della statuizione adottata da quel giudice, anche sotto il profilo motivazionale.

In definitiva, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente alle spese.
P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, che liquida in Euro 1400,00, di cui Euro 1200,00 per onorari, oltre accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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