Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 05-04-2011) 11-07-2011, n. 27044 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. N.W., nato in Tunisi (Tunisia) il 14 febbraio 1981, era imputato del reato p. e p. dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 e dall’ art. 61 c.p., n. 11 bis perchè, senza l’autorizzazione di cui all’art. 17, medesimo D.P.R. cedeva ad E.C. dietro il pagamento di 20 Euro un involucro contenente una barretta di hashish del peso di 1.576 grammi, nonchè deteneva sulla propria persona 4 involucri contenenti ciascuno eroina per il peso complessivo di 3.356 grammi che per le modalità di conservazione in più dosi il e la disponibilità di sostanze stupefacenti di tipi diverso, era destinata allo spaccio. Fatto aggravato dalla condizione di clandestinità del soggetto sul Territorio Nazionale. In Brescia il 22 febbraio 2010.

Il tribunale ordinario di Brescia con sentenza n. 753 del 23/02/2010, pronunciandosi su concorde richiesta delle parti di applicazione della pena "patteggiata", riconosciuta l’attenuante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, equivalente alla aggravante contestata, ritenuta la continuazione con la sentenza emessa dal Tribunale di Brescia il 29.6.2009 (definitiva dal 30.10.2009), applicava a N.W. la pena di anni uno di reclusione ed euro 3000 di multa, oltre al pagamento delle spese di custodia.

2. Avverso questa pronuncia il P.G. propone ricorso per cassazione con un motivo.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è articolato in un unico motivo con cui il P.G. ricorrente deduce che il giudice, nell’avallare la proposta di patteggiamento formulata dalle parti, non ha tenuto conto che la riconosciuta attenuante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5 era stata ritenuta equivalente alla contestata aggravante ex art. 61 c.p., n. 11 bis, sicchè si sarebbe dovuto applicare la pena di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1, assumendo come pena base minima (per il più grave reato oggetto del presente processo) quella di anni sei di reclusione e Euro 26.000 di multa e non già quella di anni uno e Euro 3.000, su cui poi apportare l’aumento (di mesi sei e Euro 1.500) per la ritenuta continuazione con il reato già giudicato con la sentenza 29.6.2009 e operare la riduzione finale di 1/3 ex art. 444 c.p.p..

2. Il ricorso è inammissibile.

L’aggravante di cui all’art. 61 c.p., n. 11 bis è stata rimossa da C. cost. 249/2010.

La Corte costituzionale (sent. 8 luglio 2010 n. 249) ha dichiarato illegittimi l’art. 61 c.p., n. 11-bis; e, in via consequenziale, L. 15 luglio 2009, n. 94, art. 1, comma 1, nonchè l’art. 656 c.p.p., comma 9, lett. a), limitatamente alle parole "e per i delitti in cui ricorre l’aggravante di cui all’art. 61 c.p., comma 1, n. 11-bis)".

La disposizione censurata (art. 61, n. 11-bis), prevista dal D.L. 23 maggio 2008, n. 92, art. 1, comma 1, lett. f, conv., con mod., dalla L. 24 luglio 2008, n. 125, art. 1, ha introdotto, nel contesto di misure urgenti in materia di sicurezza pubblica, una nuova circostanza aggravante comune per i fatti commessi dal colpevole "mentre si trova illegalmente sul territorio nazionale". La L. 15 luglio 2009, n. 94 cit., art. 1, comma 1, poi ha specificato, con norma interpretativa, che la disposizione di cui all’art. 61 c.p., n. 11-bis), si intende riferita ai cittadini di Paesi non appartenenti all’Unione europea e agli apolidi.

La Corte, nel ribadire che i diritti inviolabili spettano "ai singoli non in quanto partecipi di una determinata comunità politica, ma in quanto esseri umani", ha affermato che la condizione giuridica dello straniero non deve essere considerata – per quanto riguarda la tutela di tali diritti – come causa ammissibile di trattamenti diversificati e peggiorativi, specie nell’ambito del diritto penale. Il rispetto dei diritti inviolabili implica l’illegittimità di trattamenti penali più severi fondati su qualità personali dei soggetti che derivino dal precedente compimento di atti "del tutto estranei al fatto-reato", perchè si introdurrebbe così una responsabilità penale d’autore "in aperta violazione del principio di offensività (…)". Nè può essere ritenuta ragionevole e sufficiente, ex art. 3 Cost., comma 1, la finalità di contrastare l’immigrazione illegale, giacchè questo scopo non potrebbe essere perseguito in modo indiretto, ritenendo più gravi i comportamenti degli stranieri irregolari rispetto ad identiche condotte poste in essere da cittadini italiani o comuni tari; tanto più che l’aggravante non si applica in ipotesi di soggiorno irregolare del cittadino comunitario, come, ad es., nel caso di inottemperanza ad un provvedimento di allontanamento. La natura discriminatoria dell’aggravante risulta – secondo la Corte – maggiormente evidente dopo che l’ingresso o la permanenza illegale nel territorio nazionale, in precedenza considerati dalla legge alla stregua di illeciti amministrativi, costituiscono attualmente la condotta dell’autonomo reato di immigrazione irregolare. E’ poi violato anche l’art. 25 Cost., comma 2, che pone il fatto alla base della responsabilità penale e prescrive pertanto, in modo rigoroso, che un soggetto debba essere sanzionato per le condotte tenute e non per le sue qualità personali.

In via consequenziale è stato dichiarato altresì illegittimo l’art. 656 c.p.p., comma 9, lett. a), che, nel disciplinare l’esecuzione delle sanzioni detentive, prevedendo tra l’altro la sospensione degli adempimenti esecutivi nel caso di pene (relativamente) brevi, in vista dell’eventuale applicazione di misure alternative alla detenzione, preclude tale sospensione per i delitti in cui ricorre l’aggravante di cui all’art. 61 c.p., comma 1, n. 11-bis.

3. La sopravvenuta dichiarazione di incostituzionalità ha fatto venire meno l’interesse del P.G. al ricorso perchè il denunciato errore del tribunale – non aver tenuto conto della suddetta aggravante pur ritenuta equivalente all’attenuante del fatto di minor gravità – è venuto meno in ragione della cessazione degli effetti della disposizione dichiarata costituzionalmente illegittima.

Pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile.

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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