T.A.R. Veneto Venezia Sez. II, Sent., 13-07-2011, n. 1215 Demolizione di costruzioni abusive Edilizia e urbanistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

A. I ricorrenti sono proprietari di alcuni terreni siti in Comune di Vigodarzere e divisi dalla strada comunale denominata via Soriva.

B. Sul terreno identificato dal mappale 1 del foglio 9 insistono dei manufatti destinati all’esercizio dell’azienda agricola gestita dalla sig.ra Salmaso, mentre sui terreni identificati dai mappali 636, 637 e 956 del foglio 8 con destinazione agricola, ma contigui al comparto artigianale/industriale e commerciale, opera un’azienda di trasporti e corriere espresso.

C. Il 10.6.2008 i ricorrenti, avendo realizzato alcune opere senza i prescritti titoli autorizzativi, presentavano un’istanza di sanatoria avente ad oggetto:

– il posizionamento di un manufatto precario ad uso deposito attrezzi agricoli sul mappale 1;

– la stesura di un sottile strato di ghiaia su una striscia di terreno sui lati est e nord dei mappali 636, 637 e 656;

– la realizzazione di una recinzione con pali metallici e rete plastificata.

D. A seguito della comunicazione di preavviso di rigetto della sanatoria, i ricorrenti decidevano di stralciare i primi due interventi dalla domanda, onde evitare che il Comune resistente denegasse in toto il richiesto titolo edilizio. Pertanto il 18.8.2010 il Comune di Vigodarzere rilasciava il permesso di costruire in sanatoria n. 355.

E. Il successivo 25.8.2010 i ricorrenti ricevevano la notifica dell’ordinanza n. 8 del 18.8.2010 con la quale il Comune resistente intimava la sospensione dei lavori in relazione ai due interventi oggetto di stralcio (realizzazione di manufatto in lamiera coibentata delle dimensioni di mt. 8, 50 x 12,20 x 4,86; formazione di strada parallela alla S.P. 87 del Terraglione di collegamento tra via Soriva e la zona artigianale di Saletto con stesa di materiale inerte su area agricola e di un parcheggio), specificando, altresì, la valenza di comunicazione di avvio del procedimento amministrativo per l’applicazione di sanzioni in materia urbanistico – edilizia.

F. Con l’ordinanza n. 10 del 23.8.2010, notificata il 31.8.2010, l’Amministrazione resistente ingiungeva, quindi, la demolizione delle opere abusivamente realizzate, includendovi anche la recinzione con stanti metallici e rete plastificata.

G. I ricorrenti deducono l’illegittimità dei provvedimenti impugnati:

1) per violazione degli artt. 7, 8 e 10 della legge n. 241/1990, eccesso di potere per violazione del principio del contradditorio e del giusto procedimento, carenza di motivazione in quanto tra l’ordinanza di sospensione dei lavori e l’ordinanza di demolizione sono intercorsi solo sei giorni, ovverosia un lasso temporale del tutto incongruo per consentire ai ricorrenti di svolgere le loro difese e di fornire un apporto collaborativo all’Amministrazione procedente;

2) per violazione degli artt. 7, 8 e 10 della legge n. 241/1990 sotto altro profilo, eccesso di potere per perplessità e genericità della contestazione, carenza di motivazione poiché gli interventi, oggetto dell’ordinanza di demolizione, non coincidono con quelli indicati nel provvedimento di sospensione dei lavori e, segnatamente, la recinzione in area agricola con pali metallici e rete plastificata non rientra tra le opere abusive contestate ai ricorrenti;

3) per eccesso di potere per illogicità, perplessità e carenza di presupposto, difetto di istruttoria e carenza di motivazione non essendo chiaro quale sia l’illecito contestato ai ricorrenti giacché vengono indistintamente citati gli artt. 31, 32 e 33 del d.P.R. n. 380/2001, senza tenere conto del fatto che il manufatto adibito a deposito attrezzi ha natura pertinenziale e che la stesura della ghiaia è stata eseguita solo a seguito del rilascio dell’autorizzazione idrica del Consorzio di Bonifica "Sinistra Medio Brenta". Tale ultima opera, inoltre, investe solo una piccola striscia di terreno ai margini dei lati est e nord dei mappali 636, 637 e 956, ancora a destinazione agricola. Peraltro la predetta opera è stata realizzata sul lato est solo per facilitare l’accesso dei mezzi agricoli da via Soriva, mentre sul lato nord per assicurare uno spazio minimo di manovra ai mezzi di trasporto che operano nel retro del contiguo stabilimento onde evitare i pericoli conseguenti alla possibile invasione del campo agricolo. Non si tratta, quindi, di un intervento di trasformazione urbanistica, non alterando l’uniforme livellamento del piano di campagna e non impedendo né la coltivazione del fondo, né lo sviluppo della vegetazione spontanea. La recinzione, infine, è stata realizzata in forza del permesso in sanatoria del 18.8.2010 e, comunque, non rientra tra gli interventi per i quali è necessario il permesso di costruire;

4) per violazione dell’art. 91 della L.R. n. 61/1985, difetto di motivazione, carenza di istruttoria ed erroneità del presupposto poiché la sospensione dei lavori è ultronea in ipotesi, come quella in esame, di integrale completamento delle opere.

H. Il Comune di Vigodarzere, ritualmente costituito in giudizio, ha eccepito, in via preliminare, l’inammissibilità del ricorso per acquiescenza avendo i ricorrenti dichiarato, in sede di presentazione della nuova domanda di sanatoria del 5.9.2008, che il manufatto adibito a ricovero attrezzi agricoli e la strada bianca rurale erano interventi non sanabili con conseguente stralcio dalla domanda di accertamento di conformità. Nel merito il Comune resistente ha concluso per la reiezione del ricorso giacché, a seguito di sopralluogo effettuato il 16.8.2008, i tecnici comunali, oltre a constatare la permanenza del manufatto adibito a deposito e della strada, accertavano altresì la realizzazione di due nuovi interventi abusivi consistenti: a) nella realizzazione di un tratto stradale a confine con la zona industriale artigianale della larghezza di 4,5 mt., quale prolungamento della precedente strada rurale, adibito a uso parcheggio e area di manovra; b) nella costruzione di una recinzione in area agricola con stanti metallici e rete plastificata.

I. Con l’ordinanza n. 839 del 15.12.2010 il Collegio ha accolto parzialmente la domanda di misure cautelari in relazione alla ordinata demolizione della recinzione, atteso che la stessa avrebbe potuto essere inclusa nella sanatoria rilasciata il 18.8.2010 e, comunque, non appare soggetta al rilascio del previo permesso di costruire.

L. Alla pubblica udienza dell’1.6.2011 la causa è stata trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

1. Il Collegio ritiene di dovere esaminare, in via preliminare, l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dall’Amministrazione resistente in quanto i ricorrenti avrebbero espressamente rinunciato alla possibilità di sanare gli abusi relativi al manufatto adibito a deposito attrezzi e alla strada bianca e, quindi, sarebbero decaduti dalla possibilità di contestare i provvedimenti emessi in relazione ai detti interventi da parte del Comune, ivi compreso l’ordine di demolizione.

1.2. L’eccezione è infondata e va disattesa per le seguenti ragioni.

1.3. Dall’esame della documentazione allegata non emerge, infatti, nessun elemento idoneo a sostenere che gli interessati abbiano prestato acquiescenza in relazione ai provvedimenti gravati con il presente ricorso.

1.4. Come evidenziato dalla costante giurisprudenza amministrativa, infatti, l’acquiescenza, intesa come accettazione espressa o tacita del provvedimento amministrativo lesivo – quale istituto di diritto sostanziale, procedimentale e processuale – si configura solo in presenza di una condotta da parte dell’avente titolo all’impugnazione che sia libera e inequivocabilmente diretta a non più contestare l’assetto di interessi definito dall’Amministrazione attraverso gli atti oggetto di impugnazione. Ne discende che l’accertamento in ordine all’avvenuta accettazione del contenuto e degli effetti di un provvedimento lesivo, in quanto incidente sul fondamentale diritto di agire in giudizio, deve essere accurato ed esauriente e svolgersi su tutti i dati fattuali, da cui deve risultare senza alcuna incertezza la presenza di una chiara intenzione definitiva di non rimettere in discussione l’atto lesivo (cfr. Cons. Stato, VI, 24.9.2010, n. 7125; T.A.R. Veneto, II, 23.2.2011, n. 305).

1.5. Orbene nel caso di specie è, invece, evidente la volontà dei ricorrenti di contestare sia il carattere non abusivo degli interventi realizzati che la decisione di non sanabilità degli stessi assunta da parte della Pubblica Amministrazione.

2. Passando ora all’esame del merito, il Collegio ritiene il ricorso meritevole di parziale accoglimento, come già affermato in sede di pronuncia cautelare.

3. Sono infondate e vanno disattese le prime due censure con le quali i ricorrenti si dolgono della violazione delle norme sulla partecipazione al procedimento, non avendo avuto un lasso di tempo congruo tra la notificazione dell’ordinanza di sospensione dei lavori e quella di demolizione e non coincidendo le opere abusive contestate con la prima a quelle oggetto dell’ordine di ripristino da parte della seconda.

3.1. Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza, da cui non vi è motivo di discostarsi, non sussiste l’obbligo per l’Amministrazione di provvedere alla comunicazione prevista dall’art. 7 della legge 241/1990 in materia di irrogazione di sanzioni per abusi edilizi, poiché il procedimento sanzionatorio non prevede la possibilità di valutazioni discrezionali, ma si risolve in un mero accertamento tecnico sulla esistenza delle opere abusivamente realizzate (cfr. Cons. Stato, VI, 30.5. 2011, n. 3223; Cons. Stato, IV, 21.2.2011, n. 1085). Ne discende, quindi, l’irrilevanza della censura concernente la mancata coincidenza tra interventi abusivi specificati nell’ordinanza di sospensione dei lavori e interventi abusivi oggetto dell’ordine di rimessione in pristino.

3.2. Peraltro, nel caso di specie, i ricorrenti, oltre ad aver ricevuto la notifica dell’ordinanza di sospensione dei lavori con l’espressa dicitura della valenza della stessa anche quale comunicazione di avvio del procedimento per l’applicazione delle sanzioni in materia edilizia – urbanistica, hanno interloquito con il Comune resistente in ordine agli abusi oggetto dell’ordinanza demolitoria sin dalla presentazione della domanda di sanatoria, avendo avuto ampiamente la possibilità di fornire il loro apporto collaborativo e di far conoscere le loro osservazioni.

4. Con il terzo motivo i ricorrenti deducono l’illegittimità del provvedimento di demolizione per difetto di istruttoria e carenza di motivazione non essendo chiaro quale sia l’illecito contestato giacché vengono indistintamente citati gli artt. 31, 32 e 33 del d.P.R. n. 380/2001, senza tenere conto del fatto che il manufatto adibito a deposito attrezzi ha natura pertinenziale, che la stesura della ghiaia è stata eseguita solo a seguito del rilascio dell’autorizzazione idrica del Consorzio di Bonifica "Sinistra Medio Brenta" e che la recinzione in stanti metallici e rete plastificata non rientra tra gli interventi per i quali è richiesto il permesso di costruire.

4.1. Occorre premettere che l’ordinanza di demolizione impugnata conclude il procedimento di sanatoria edilizia e richiama espressamente sia l’ordinanza di sospensione dei lavori n. 8/2010, notificata ai ricorrenti, che il verbale di sopralluogo eseguito presso la loro proprietà dai tecnici del Comune resistente, con la conseguenza che ne mutua per relationem le motivazioni.

4.2. Peraltro, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza, l’ordinanza di demolizione di opere abusive è atto dovuto e vincolato e non necessita di motivazione ulteriore rispetto all’indicazione dei presupposti di fatto e all’individuazione e qualificazione degli abusi edilizi, con la conseguenza che l’ingiunzione a demolire è sufficientemente motivata con l’accertamento dell’abuso, essendo "in re ipsa" l’interesse pubblico alla sua rimozione e sussistendo l’eventuale obbligo di motivazione al riguardo solo se l’ordinanza stessa intervenga a distanza di tempo dall’ultimazione dell’opera avendo l’inerzia dell’Amministrazione creato un qualche affidamento nel privato, ipotesi che non ricorre nel caso di specie (cfr. T.A.R. Liguria, I, 22.1.2011, n. 150; T.A.R. Puglia, Bari, II, 11.11. 2010, n. 3902).

4.3. Orbene, per quanto concerne il fabbricato adibito a deposito attrezzi il Collegio rileva che è stato realizzato con struttura in ferro e tamponamenti e copertura di pannelli di lamiera coibentata, in contrasto con l’art. 104 punto 13 del Regolamento edilizio comunale relativo ai manufatti provvisori, ovvero sia a quei manufatti che devono essere realizzati con materiali leggeri e possedere i requisiti dell’agevole asportabilità.

4.3.1. Inoltre, il detto manufatto in considerazione delle sue dimensioni e della sua destinazione a deposito di attrezzi agricoli non può essere considerato pertinenza dell’edificio principale avente destinazione artigianale, anche alla luce della costante giurisprudenza amministrativa. E, infatti, in materia urbanistica la nozione di pertinenza ha peculiarità sue proprie che la differenziano da quella civilistica, atteso che il manufatto deve essere non solo preordinato ad un’oggettiva esigenza dell’edificio principale e funzionalmente inserito al suo servizio, ma deve essere, oltre che di volume modesto affinché non comporti il c.d. carico urbanistico, altresì sfornito di autonoma destinazione ed autonomo valore di mercato in virtù dell’instaurazione di un legame giuridico – funzionale stabile tra pertinenza e singola unità immobiliare (cfr. Cons. Stato, V, 7.4.2011, n. 2159).

5. Per quanto, invece, concerne la strada bianca e il suo prolungamento, accertato nel corso del sopralluogo dei tecnici comunali, il Collegio rileva che la sua realizzazione non è legittimata sotto il profilo urbanistico dall’autorizzazione idraulica ottenuta dal Consorzio di Bonifica "Sinistra Medio Brenta"e che non è neanche giustificata da alcuna esigenza di carattere funzionale, produttivo, organizzativo dell’azienda agricola, essendo utilizzata come strada di accesso alla zona artigianale in contrasto con le previsioni della viabilità.

5.1. Infine, la detta strada non può qualificarsi come poderale, in quanto realizzata in parte per accedere agli edifici artigianali e in parte come parcheggio.

6. Appare, invece, meritevole di accoglimento la terza censura in relazione alla ordinata demolizione delle recinzione.

6.1. Occorre premettere che la recinzione oggetto dell’ordinanza di demolizione è differente da quelle già sanate con il permesso di costruire n. 355/2008.

6.2. Orbene le opere di recinzione del terreno non si configurano come nuova costruzione, per la quale è necessario il previo rilascio di permesso di costruire quando, per natura e dimensioni, rientrino tra le manifestazioni del diritto di proprietà, comprendente lo ius excludendi alios o, comunque, la delimitazione e l’assetto delle singole proprietà. Tale è il caso della recinzione eseguita senza opere murarie, costituita da una semplice rete metallica sorretta da paletti in ferro (come è nel caso di specie), la quale costituisce installazione precaria e non incide in modo permanente sull’assetto edilizio del territorio; l’intervento in questione rientra, piuttosto nella portata residuale degli interventi realizzabili con il regime semplificato della d.i.a., la cui mancanza non è sanzionabile con la rimozione o la demolizione, previste dall’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001 per l’esecuzione di interventi in assenza del permesso di costruire, o in totale difformità del medesimo ovvero con variazioni essenziali, ma con l’applicazione della sanzione pecuniaria prevista dal successivo art. 37 per l’esecuzione di interventi in assenza della prescritta denuncia di inizio di attività (cfr. T.A.R. Piemonte, I, 15.2.2010, n. 950; T.A.R. Veneto, II, 23.4.2010, n. 1547).

6.3. Ne discende, pertanto, che il ricorso è meritevole di accoglimento in relazione alla recinzione con conseguente annullamento dell’ordinanza di demolizione solo con riferimento alla predetta opera.

7. La quarta e ultima censura relativa all’ordinanza di sospensione dei lavori deve essere dichiarata inammissibile essendo divenuto il ricorso improcedibile nei confronti del detto atto per sopravvenuto difetto di interesse, come correttamente evidenziato dalla difesa comunale nel controricorso.

7.1. Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza, condiviso dal Collegio, il potere di sospensione dei lavori in corso, attribuito all’autorità comunale dall’art. 27, comma 3, del d.P.R. n. 380/2001, è di tipo cautelare, in quanto destinato ad evitare che la prosecuzione dei lavori determini un aggravarsi del danno urbanistico, e alla descritta natura interinale del potere segue che il provvedimento emanato nel suo esercizio ha la caratteristica della provvisorietà, fino all’adozione dei provvedimenti definitivi. Ne discende che, a seguito dello spirare del termine di 45 giorni, ove l’amministrazione non abbia emanato alcun provvedimento sanzionatorio definitivo, l’ordine in questione perde ogni efficacia (cfr. T.A.R. Campania, Salerno, sez. II, 6.10.2005, n. 1901), mentre, nell’ipotesi di emanazione del provvedimento sanzionatorio, è in virtù di quest’ultimo che viene a determinarsi la lesione della sfera giuridica del destinatario (cfr. T.A.R. Lazio Roma, sez. II, 21.7.2005, n. 5810), con conseguente "assorbimento" dell’ ordine di sospensione dei lavori.

7.2. Premesso, quindi, che l’ ordine di sospensione dei lavori, oggetto del presente ricorso, ha ormai perso efficacia, ai sensi dell’ art. 27, comma 3, del d.P.R. n. 380/2001, a seguito dell’emanazione dell’ordinanza demolitoria, va dichiarata l’improcedibilità del gravame per carenza d’interesse.

8. Per tutte le suesposte ragioni il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse in relazione all’ordinanza di sospensione dei lavori, deve essere parzialmente accolto con conseguente annullamento dell’ordinanza di demolizione solo con riguardo alla recinzione con stanti metallici e rete plastificata, mentre va respinto per il resto.

9. Appaiono sussistere giustificati motivi, in ragione della parziale reciproca soccombenza, per compensare tra le parti le spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, in parte lo dichiara improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse, in parte lo accoglie con annullamento dell’ordinanza di demolizione n. 10/2010 limitatamente alla recinzione con stanti metallici e rete plastificata, lo respinge per il resto.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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