Cons. Stato Sez. VI, Sent., 14-07-2011, n. 4294 Pensioni, stipendi e salari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. A. R. ed altri 143 funzionari ed ex funzionari della Polizia di Stato in servizio presso la Polizia di frontiera di Chiasso, adivano il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia per il riconoscimento del diritto a percepire, ai sensi del combinato disposto degli artt. 2 e 7, comma 5, l. 28 dicembre 1989, n. 425, l’adeguamento dell’assegno base di confine in franchi svizzeri di cui all’articolo 2 della stessa legge.

Il giudice adito accoglieva, con sentenza n. 1248/2006, il ricorso suddetto.

1.1 A giudizio del Tribunale amministrativo, l’assegno di confine, la cui natura non retributiva è dichiarata dalla norma, e confermata dalla giurisprudenza (v. tra tutte Cons. Stato, IV, 6 aprile 1999, n. 525 e Cons. Stato, IV, 15 settembre 2003, n. 5159), non ricadeva nel blocco della rivalutazione previsto per "le indennità, compensi, gratifiche ed emolumenti di qualsiasi genere" a mente dell’art. 7, comma 5, della legge 14 novembre 1992, n. 438, di conversione del decretolegge 19 settembre 1992, n. 384.

Si riteneva ciò, nonostante il fatto che – come prospettato dall’Amministrazione – l’articolo 36 l. n. 289 del 2002, successivamente intervenuta, nonché l’espressa interpretazione resa in materia dall’art. 3, comma 73, l. 24 dicembre 2003, n. 350, chiarisse che il blocco della rivalutazione delle indennità di cui alla citata legge n. 289 del 2002 e dalle norme in essa richiamate, si applicasse in maniera puntuale anche all’assegno di confine di cui alla legge n. 425 del 1989.

2. Avverso tale sentenza ricorrevano in appello il Ministero dell’interno ed il Ministero delle finanze.

Con ordinanza n. 4901/2006, questa Sezione del Consiglio di Stato accoglieva l’istanza cautelare avanzata dalle Amministrazioni ricorrenti, sospendendo l’efficacia della sentenza impugnata.

La causa è stata assunta in decisione alla pubblica udienza del 31 maggio 2011.

2.1 Sulla questione in esame ha recentemente avuto modo di pronunciarsi la Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, con la sentenza 29 aprile 2009, n. 9941, decidendo su analoga vicenda, concernente alcuni dipendenti dell’Agenzia delle Dogane.

E’ opportuno, in primo luogo, ricostruire brevemente il quadro normativo.

L’assegno per cui è causa venne previsto originariamente dalla legge 20 dicembre 1977, n. 966, art. 1, il quale attribuì al personale delle amministrazioni dello Stato permanentemente residente per ragioni di servizio in territorio estero di confine con l’Italia, oltre allo stipendio e agli assegni o indennità di carattere fisso e continuativo previsti per l’interno, in sostituzione di taluni benefici di cui ad una normativa precedente, un assegno base di confine, maggiorato del 100%, secondo le misure mensili in valuta estera locale indicate, per ciascuno dei Paesi interessati e per gruppi di parametri, dalle tabelle allegate alla stessa legge.

All’art. 2 veniva espressamente statuito che l’assegno di confine non avesse natura retributiva "essendo destinato a sopperire agli oneri derivanti dal servizio all’estero" e che esso potesse esser "maggiorato o ridotto, all’inizio di ciascun anno, con decreto del Ministro per il tesoro in relazione alle variazioni del costo della vita del Paese sede di servizio che abbiano determinato uno scarto non inferiore al 10 per cento".

La legge 28 dicembre 1989, n. 425, nell’intento di adeguare tale assegno alle nuove norme sullo stato giuridico e sul trattamento economico del personale statale, ne confermò, con l’art. 1, l’erogazione dal 1° gennaio 1989 secondo le misure mensili in valuta estera locale, da maggiorare del 100 per cento, per fasce di livelli o categorie e per carriera dirigenziale, nonché per anzianità in detti livelli, o categorie o carriera dirigenziale, secondo le tabelle allegate alla legge. La stessa legge confermò inoltre, con l’art. 2, la natura non retributiva dell’assegno e il sistema di variazione biennale con decreto del Ministro del tesoro, in relazione alle variazioni del costo della vita della località di confine dello Stato estero sede di servizio. Successivamente alla entrata in vigore della legge da ultimo citata, nell’ambito di un ampio intervento diretto a contenere la spesa pubblica, venne emanato il d.l. 19 settembre 1992, n. 384, convertito, con modificazioni, dalla l. 14 novembre 1992, n. 438, il cui art. 7, comma 5, stabiliva testualmente che "Tutte le indennità, compensi, gratifiche ed emolumenti di qualsiasi genere, comprensivi, per disposizioni di legge o atto amministrativo previsto dalla legge o per disposizione contrattuale, di una quota di indennità integrativa speciale di cui alla legge 27 maggio 1959, n. 324, e successive modificazioni, o dell’indennità di contingenza prevista per il settore privato o che siano, comunque, rivalutabili in relazione alla variazione del costo della vita, sono corrisposti per l’anno 1993 nella stessa misura dell’anno 1992".

Ulteriori norme di legge estesero tali disposizioni, in modo ininterrotto sino al triennio 2003 – 2005 ed anche successivamente (vedi, ad esempio, per il triennio 1994 – 1996 la legge 24 dicembre 1993, n. 537, art. 3, comma 36; per il triennio 1997 – 1999 la legge 23 dicembre 1996, n. 662, art. 1, commi 66 e 67; per il triennio 2000 – 2002 la legge 23 dicembre 1999, n. 488, art. 22, comma 1).

Per il triennio 2003 – 2005, in particolare, la legge 27 dicembre 2002, n. 289, art. 36, comma 1, statuiva, per quanto rileva, che "le disposizioni del D.L. 19 settembre 1992, n. 384, art. 7, comma 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 novembre 1992, n. 438, come confermate e modificate dalla legge 23 dicembre 1996, n. 662, art. 1, commi 66 e 67, e da ultimo dalla legge 23 dicembre 1999, n. 488, art. 22, per le amministrazioni di cui al D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 1, comma 2, e art. 70, comma 4, e successive modificazioni, contenenti il divieto di procedere all’aggiornamento delle indennità, dei compensi, delle gratifiche, degli emolumenti e dei rimborsi spesa soggetti ad incremento in relazione alla variazione del costo della vita, continuano ad applicarsi anche nel triennio 2003 – 2005". Sulla disposizione citata interveniva poi la legge 24 dicembre 2003, n. 350, articolo 3, comma 73, precisando che: "La legge 27 dicembre 2002, n. 289, art. 36, nonché le norme ivi richiamate, si interpretano nel senso che il divieto di procedere all’aggiornamento delle indennità, dei compensi, delle gratifiche, degli emolumenti e dei rimborsi spesa si applica anche alle misure dell’assegno di confine di cui alla legge 28 dicembre 1989, n. 425, e successive modificazioni".

Va infine ricordato per completezza che, in base alla legge 23 dicembre 2005, n. 266, articolo 1, comma 212, "la legge 27 dicembre 2002, n. 289, art. 36, così come interpretata, dalla legge 24 dicembre 2003, n. 350, art. 3, comma 73, continua ad applicarsi anche nel triennio 2006 – 2008".

2.2 Ora, come ricorda la Corte di Cassazione con la sentenza 9941/2009, una disposizione di legge qualificata dal legislatore come "norma di interpretazione autentica" non può non avere effetti retroattivi poiché sarebbe evidentemente superfluo ricorrere a tale qualificazione al fine di disciplinare in futuro una determinata fattispecie. Nel caso in esame, pur prescindendo dall’esplicita autoqualificazione della norma, è il riferimento operato dalla legge 24 dicembre 2003, n. 350, articolo 3, comma 73, non solo alla legge 27 dicembre 2002, n. 289, articolo 36, ma "alle norme ivi richiamate" che evidenzia come si debba fare riferimento a tutte le norme che, senza soluzione di continuità, avevano disposto il divieto di aggiornamento delle indennità, compensi, gratifiche, emolumenti e rimborsi spese soggetti ad incremento in relazione alle variazioni del costo della vita.

Come insegna la Corte costituzionale (v. fra le altre, la sentenza n. 234 del 2007) va ricordato che il principio di irretroattività della legge non ha ottenuto in sede costituzionale una garanzia specifica (salvo, per quanto riguarda la materia penale, quanto previsto dall’articolo 25 Cost.). Va evidentemente valutata in sede di esame di norme retroattive, la loro giustificazione sul piano della ragionevolezza e del non contrasto con altri principi o valori costituzionali.

Ciò vale, in particolare, per i diritti di natura economica rispetto ai quali andranno valutate le ragioni che hanno indotto il legislatore ad interpretare retroattivamente una certa norma. Atteso che la ratio delle norme in esame era quella di un intervento di raffreddamento sulle dinamiche retributive del pubblico impiego, sembra ragionevole che il legislatore si sia premurato di chiarire che oggetto di tale raffreddamento dovevano essere tutte le somme e i valori percepiti in relazione al rapporto di lavoro con la pubblica amministrazione e, perciò incidenti sulla spesa pubblica e bisognosi di una regolazione limitativa delle conseguenze inflattive. E tale interpretazione non poteva non applicarsi retroattivamente, ove diversamente accaduto.

La Sezione condivide questa ricostruzione del quadro normativo e non vede, nel caso concreto, motivo di discostarsene.

Le argomentazioni sopra riportate sembrano quindi sufficienti ad escludere la possibilità di rivalutazione dell’assegno di confine in questione, per tutto il periodo dal 1993 al 2003, in quanto le norme di interpretazione autentica più volte sopra richiamate non possono non applicarsi retroattivamente anche a tale periodo, in relazione alla ragionevolezza della finalità connessa al contenimento della spesa pubblica che ne giustifica, appunto, la loro applicazione retroattiva nel campo in esame. Ciò nel caso che, come accaduto, taluni elementi del complessivo trattamento economico fossero stati posti in discussione relativamente alla loro inclusione determinando, tra l’altro, una irragionevole disparità di trattamento all’interno del pubblico impiego.

Ciò consente di dichiarare assorbita l’ulteriore eccezione avanzata dalle Amministrazioni ricorrenti, relativa alla prescrizione quinquennale per i crediti asseritamente vantati dai ricorrenti in primo grado antecedenti il 21 ottobre 1999.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie, riformando l’appellata sentenza.

Compensa le spese della presente fase di giudizio

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *