Cons. Stato Sez. VI, Sent., 14-07-2011, n. 4282 Beni di interesse storico, artistico e ambientale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con distinti ricorsi al Tribunale amministrativo dell’Umbria, rubricati al n. 57/2009 ed al n. 56/2009, i sigg.ri R. A., E. S., F. M. S., L. S., L. S. S., M. S., M. A. S., M. M. S., M. S. e la s.r.l. M. A. C. I. impugnavano il decreto in data 17 novembre 2008, con il quale il Direttore regionale per i beni culturali e paesaggistici dell’Umbria aveva dichiarato di interesse storico artistico rurale ambientale ed etnoantropologico particolarmente importante, ai sensi dell’art. 10, primo comma, terzo comma lett. a), d) ed e), quarto comma lett. l), del d. Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, un’ampia area compresa nei territori dei Comuni di Perugia, Umbertide e Magione, denominata "Diverticolo degli "olivetani in località Paltracca all’interno della quale ricadono terreni, fra di loro confinanti, di loro rispettiva proprietà, unitamente agli atti presupposti, tra i quali la comunicazione di avvio del procedimento in data 18 aprile 2008 e l’atto istruttorio relativo al sopralluogo tenutosi in data 11 marzo 2008.

I ricorrenti lamentavano la violazione dell’art. 19 del d.P.R. 26 novembre 2007, n. 233, sotto il profilo della mancata richiesta del parere del Comitato regionale di coordinamento e della mancata distinzione delle competenze tra la fase istruttoria e quella decisoria, nonché difetto di istruttoria, irragionevolezza e sviamento di potere, chiedendo quindi l’annullamento dei provvedimenti impugnati.

Con le sentenze in epigrafe, n. 659 in data 29 ottobre 2009 e n. 660 in pari data, il Tribunale amministrativo dell’Umbria accoglieva sotto il primo profilo i ricorsi e per l’effetto annullava i provvedimenti impugnati.

2. Avverso le predette sentenze il Ministero per i beni e le attività culturali propone gli appelli in epigrafe, rubricati ai nn. 10787/10 e 10794/10, contestando gli argomenti che ne costituiscono il presupposto e chiedendo la loro riforma, previa sospensione, ed il rigetto dei ricorsi di primo grado.

Con le ordinanze nn. 855 ed 856 in data 23 febbraio 2011 sono state accolte le istanze cautelari.

Si sono costituiti in giudizio i ricorrenti in primo grado, chiedendo il rigetto dell’appello e riproponendo i motivi assorbiti dal primo giudice.

Gli appelli sono stati assunti in decisione alla pubblica udienza del 7 giugno 2011.

3. Gli appelli devono essere riuniti onde definirli con unica sentenza, in quanto riguardano una vicenda sostanzialmente comuni e presuppongono la soluzione delle stesse questioni.

4. Gli appelli sono fondati.

Come precisato in narrativa, i terreni in questione sono stati dichiarati di interesse storico artistico rurale ambientale ed etnoantropologico particolarmente importante, ai sensi dell’art. 10, primo comma, terzo comma lett. a), d) ed e), quarto comma lett. l), del d. Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, ed è stato quindi imposto il relativo vincolo.

Le parti odierne appellate hanno affermato, ed il primo giudice ha condiviso la tesi, che il procedimento ha riguardato beni suscettibili di tutela intersettoriale e quindi deve essere completato con l’acquisizione del parere del Comitato regionale di coordinamento, ai sensi dell’art. 19 del d.P.R. 26 novembre 2007, n. 233.

L’assunto sarebbe dimostrato dal fatto che l’atto di avvio del procedimento è stato sottoscritto insieme dal Soprintendente per i beni architettonici e paesaggistici e dal Soprintendente per i beni storici, artistici ed antropologici.

La tesi non può essere condivisa.

Il provvedimento impugnato è stato emanato ai sensi delle seguenti parti dell’art. 10 del d. Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42:

– primo comma, ai sensi del quale: "sono beni culturali le cose immobili e mobili appartenenti allo Stato, alle regioni, agli altri enti pubblici territoriali, nonché ad ogni altro ente ed istituto pubblico e a persone giuridiche private senza fine di lucro, ivi compresi gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico";

terzo comma lett. a), ai sensi della quale (sono beni culturali, quando sia intervenuta la dichiarazione prevista dall’articolo 13): "a) le cose immobili e mobili che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico particolarmente importante, appartenenti a soggetti diversi da quelli indicati al comma 1;

terzo comma lett. d), ai sensi della quale (sono beni culturali, quando sia intervenuta la dichiarazione prevista dall’articolo 13): le cose immobili e mobili, a chiunque appartenenti, che rivestono un interesse particolarmente importante a causa del loro riferimento con la storia politica, militare, della letteratura, dell’arte, della scienza, della tecnica, dell’industria e della cultura in genere, ovvero quali testimonianze dell’identità e della storia delle istituzioni pubbliche, collettive o religiose;

terzo comma lett. e), ai sensi della quale sono beni culturali, quando sia intervenuta la dichiarazione prevista dall’articolo 13: le collezioni o serie di oggetti, a chiunque appartenenti, che non siano ricompense fra quelle indicate al comma 2 e che, per tradizione, fama e particolari caratteristiche ambientali, ovvero per rilevanza artistica, storica, archeologica, numismatica o etnoantropologica rivestano come complesso un eccezionale interesse;

quarto comma lett. l), ai sensi della quale sono beni culturali, quando sia intervenuta la dichiarazione prevista dall’articolo 13: le architetture rurali aventi interesse storico od etnoantropologico quali testimonianze dell’economia rurale tradizionale.

In altri termini, l’elencazione sopra riportata evidenzia come l’Amministrazione abbia individuato l’area in parola come bene meritevole di tutela in quanto bene culturale, di interesse pubblico sotto i profili appena evidenziati.

L’art. 19 del d.P.R. 26 novembre 2007, n. 233, per quanto ora interessa, dispone che:

"1. Il Comitato regionale di coordinamento è organo collegiale a competenza intersettoriale.

2. Il Comitato esprime pareri:

a) obbligatoriamente, in merito alle proposte di dichiarazione di interesse culturale o paesaggistico aventi ad oggetto beni od aree suscettibili di tutela intersettoriale, nonché in merito alle proposte di prescrizioni di tutela indiretta."

La lettera a), appena riportata, chiarisce in che cosa consiste l’intersettorialità, che viene individuata nella possibilità di tutelare un bene in quanto di interesse culturale e di interesse paesistico insieme.

La disciplina è coerente con quella del testo normativo di rango primario di riferimento, il più volte citato d.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, il quale giustappunto distingue i beni ivi considerati in due categorie, delle quali la prima comprende i beni culturali, di cui alla parte seconda del decreto legislativo, e la seconda i beni paesaggistici, di cui alla parte terza del medesimo decreto.

Il medesimo decreto poi assoggetta a forme diverse di tutela le due categorie di beni, e da ciò nasce l’esigenza di coordinamento, per la quale è stato istituito il comitato di cui si tratta.

E’ evidente, peraltro, che l’esigenza di coordinamento non si presenta quando si tratta di tutelare beni che appartengono ad una sola delle "classi" di interesse, ed è irrilevante il fatto che vi appartengano sotto profili plurimi, fra quelli che comportano il riconoscimento dell’interesse pubblico e l’assoggettamento a regime vincolistico.

Afferma, in conclusione, il Collegio che l’art. 19 del d.P.R. 26 novembre 2007, n. 233, impone l’acquisizione del parere del comitato di coordinamento nei soli procedimenti di tutela di un bene meritevole di interesse tanto sotto il profilo culturale quanto sotto il profilo paesistico.

Atteso che il bene di cui ora si discute è stato giudicato meritevole di tutela sotto il solo profilo culturale, il procedimento poteva prescindere dall’acquisizione del parere di cui si discute.

5. Le parti appellate obiettano che in fatto l’area di cui si discute ha rilievo anche sotto il profilo paesaggistico, come sarebbe dimostrato dal fatto che l’atto di avvio del procedimento è stato sottoscritto anche dal dirigente competente sotto tale profilo.

La difesa dell’Amministrazione spiega che il fatto è dovuto all’organizzazione della struttura amministrativa al tempo in cui è stato adottato l’atto di avvio del procedimento, ma la questione è irrilevante.

Invero, se nel corso del procedimento l’Amministrazione abbandona l’ipotesi di assoggettare a protezione il bene sotto una delle due categorie di tutela, viene meno anche l’esigenza di sottoporre la pratica al comitato di coordinamento il cui intervento è obbligatorio, è bene ripeterlo, solo quando l’esigenza di tutela sia duplice.

In conclusione, le argomentazioni della parte appellante devono essere condivise.

6. Il Collegio deve quindi esaminare gli ulteriori profili di censura dedotti in primo grado, che il primo giudice ha assorbito e le parti appellate hanno riproposto nel presente grado del giudizio.

Gli stessi sono infondati.

6a. Gli appellanti sostengono che il procedimento è stato interamente condotto dal Direttore regionale, di fatto esautorando la Soprintendenza, competente per l’istruttoria ai sensi dell’art. 1 del d.P.R. 26 novembre 2007, n. 233.

La doglianza è infondata in punto di fatto, in quanto, come più volte sottolineato, il Soprintendente competente ha dato impulso all’apertura del procedimento con la comunicazione del suo avvio, nella quale sono, tra l’altro, indicati gli estremi catastali dei terreni interessati, mentre il Direttore regionale lo ha concluso raccogliendo gli elementi emersi nella relazione conclusiva ed adottando il provvedimento finale.

6b. Con gli ulteriori motivi, che possono essere trattati congiuntamente, le parti appellate contestano la presenza di elementi di interesse nel complesso vincolato e, soprattutto, nelle aree di loro proprietà, affermando che, di fatto, l’Amministrazione avrebbe perseguito lo scopo di impedire la realizzazione di un’importante iniziativa imprenditoriale, che aveva provocato proteste.

La tesi non può essere condivisa.

E’ pacifico che l’Amministrazione dispone di ampia discrezionalità nell’individuazione dei beni di interesse culturale, e che le sue scelte possono essere contestate solo sotto il profilo dell’eccesso di potere, nelle diverse figure sintomatiche.

Nel caso di specie l’Amministrazione, nella relazione di vincolo, ha dato atto dell’individuazione di una storia comune dell’area interessata, che ha mantenuto nei secoli una specifica individualità, con "una forte continuità di vita e di attività nella zona" con la presenza di "una massa, ossia una struttura unitaria di produzione agricola, operante fin dalla tarda antichità".

A tali considerazioni gli appellanti hanno opposto loro osservazioni, che invadono il merito riservato alle valutazioni dell’Amministrazione, e quindi inidonee a sorreggere la domanda di annullamento del provvedimento impugnato.

7. Gli appelli devono, in conclusione, essere accolti e, in riforma delle sentenze gravate, vanno respinti i ricorsi di primo grado.

In considerazione della complessità delle questioni trattate, le spese dei due gradi devono essere integralmente compensate.

P.Q.M.

il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) riunisce gli appelli in epigrafe, n. 10787 e n. 10794/10, e, definitivamente pronunciando, li accoglie; per l’effetto, in riforma della sentenza gravata, respinge i ricorsi di primo grado.

Compensa integralmente spese ed onorari del giudizio fra le parti costituite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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