Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 24-06-2011) 12-07-2011, n. 27114

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con ordinanza in data 15.01.2011 il Gip del Tribunale di Bergamo, in funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza proposta da S.V. tesa ad ottenere la revoca della confisca, disposta con decreto penale 09.06.2010 non opposto e quindi divenuto irrevocabile, e la restituzione di un’autovettura a lui sequestrata.

Rilevava invero detto Gip come l’irrevocabilità del decreto di condanna impedisse di disporre la chiesta revoca in favore di chi, quale imputato, aveva preso parte al procedimento.

2. Avverso tale ordinanza proponeva ricorso per cassazione l’anzidetto condannato che motivava l’impugnazione deducendo; a) la sentenza 196/2010 della Corte costituzionale aveva reso non consentita la confisca dell’autovettura – quale pena accessoria – in caso di decreto penale di condanna; b) tale illegittimità ben poteva essere rilevata in sede esecutiva.

3. Il Procuratore generale presso questa Corte depositava quindi requisitoria con la quale richiedeva declaratoria di inammissibilità del ricorso.

4. Il ricorso, manifestamente infondato, deve essere dichiarato inammissibile con ogni dovuta conseguenza di legge.

Ed invero deve ritenersi del tutto pacifico che il provvedimento di confisca della cosa sequestrata, contenuto nella sentenza di condanna divenuta definitiva, faccia stato, e non possa più essere revocato, nei confronti di chi abbia partecipato al procedimento di cognizione.

Non è consentito quindi al giudice dell’esecuzione rimuovere la confisca decisa dal giudice della cognizione nei confronti dell’imputato proprietario della res in questione (mentre ciò è ammesso nei confronti di terzo, che rivendichi il bene, rimasto estraneo al giudizio di cognizione).

Nè tale consolidato principio può essere disatteso, come sostiene l’istante, in forza della pronuncia della Corte costituzionale n. 196/2010, atteso che il suo dictum non può estendersi alle situazioni, come la presente, già definite, posto che non si tratti di vai l’abolitio criminis, ma di definizione diversa della confisca nel caso in parola, dunque questione coperta dal giudicato.

In proposito va peraltro richiamato, e qui confermato, il principio già espresso in termini da questa Corte (cfr. Cass. Pen. Sez. 3, n. 7475 in data 18.01.2008, Rv. 239008, Petracchi) secondo cui "Le statuizioni contenute nel decreto penale di condanna divenuto irrevocabile hanno efficacia di giudicato al pari di quelle contenute nelle sentenze, sicchè l’eventuale confisca, quand’anche erroneamente disposta con detto decreto, non può essere revocata in sede esecutiva".

In definitiva il ricorso, manifestamente infondato, deve sere dichiarato inammissibile ex art. 591 c.p.p. e art. 606 c.p.p., comma 3.

Alla declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione consegue ex lege, in forza del disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma, tale ritenuta congrua, di Euro 1.000,00 (mille) in favore della Cassa delle Ammende, non esulando profili di colpa nel ricorso palesemente infondato (v. sentenza Corte Cost. n. 186/2000).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro 1.000,00 (mille) in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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