Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 21-06-2011) 12-07-2011, n. 27176 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La difesa di L.G. propone ricorso avverso l’ ordinanza dell’11/2/2011 del Tribunale di Salerno con la quale è stato respinto il riesame dell’ordinanza di custodia cautelare emessa nei suoi confronti dal Gip di quella città.

Si lamenta con il primo motivo violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. c) ed e) in relazione all’art. 273 cod. proc. pen.; si rileva in argomento che il L. era detenuto ininterrottamente dal 2003, ed è stato raggiunto dall’ordinanza impugnata nell’anno in corso, in riferimento ad un reato consumato nel 2003. Circa gli indizi richiamati, e relativi ad uno scambio con G. desunto da una conversazione telefonica, si ritiene che sia il termine "macchina" usato nella conversazione, che il prezzo cui si faceva riferimento, rendevano più probabile l’individuazione dell’oggetto in maniera conforme a quanto letteralmente captato, piuttosto che ad una partita di droga proveniente dall’estero, il cui prezzo, quantificato come nella conversazione, non risulta coerente rispetto ai valori di mercato.

Si analizzano inoltre le ulteriori conversazioni valorizzate, escludendo che potesse attribuirsi ad esse un senso univoco, conforme a quanto ritenuto dal Tribunale.

Si lamenta inoltre la mancata analisi e contestazione della documentazione prodotta dalla difesa, su cui il Tribunale non ha offerto alcuna argomentazione di segno contrario, malgrado la sua rilevanza, dimostrando tale documentazione la presenza di un un’attività commerciale avente ad oggetto automezzi svolta dal suocero di L., anche con G.. Nel corso dell’udienza dinanzi al giudice del riesame la difesa aveva valorizzato la mancanza di elementi che potessero indurre a ritenere, a prescindere dall’individuazione dell’oggetto delle conversazioni, che l’affare di cui si parlava fosse stato effettivamente concluso; che potesse concludersi in maniera univoca sulla qualità dell’ipotetica sostanza stupefacente trattata; che potesse desumersi lo svolgimento di un’attività di spaccio rientrante nel primo o quinto comma della norma incriminatrice.

Si valorizzano poi il contenuto di conversazioni che davano conto della superficialità del contatto tra G. e L., e del disinteresse del primo nell’apprendere dell’arresto del secondo, che denota la labilità dei rapporti personali.

2. Si contesta con il secondo motivo violazione di legge ed inosservanza di norme processuali per aver il Tribunale valutato con formule di stile la sussistenza delle esigenze cautelari, individuate nel pericolo di reiterazione, senza considerare che la custodia era intervenuta otto anni dopo la consumazione dei fatti, in un periodo nel quale L. era detenuto in espiazione della pena di anni ventidue di reclusione, ponendo in evidenza, sulla base delle dichiarazioni rese nel corso dell’interrogatorio di garanzia, che non sussisteva un comportamento resipiscente, desumendo tale valutazione esclusivamente dall’esposizione della propria difesa avvenuta in quella sede.

Il ricorrente giustifica, da un canto in fatto, la scelta difensiva di non fornire immediata risposta alle contestazioni, ed in diritto rileva l’impossibilità di attribuire una qualsiasi valenza negativa alla strategia difensiva adottata, richiamando giurisprudenza di legittimità in argomento.

3. Con terzo motivo si lamenta erroneità della motivazione nella parte in cui il Tribunale, interpretando quanto affermato dall’interessato dinanzi al magistrato di sorveglianza, attribuisce ad una sua affermazione valenza ammissiva di alcune circostanze.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è parzialmente fondato. Generico è il motivo sulla rilevata violazione dell’art. 273 c.p.p. sotto l’aspetto della contestazione di sussistenza della gravità indiziaria, che risulta al contrario compiutamente illustrata nell’ordinanza impositiva e richiamata nel provvedimento oggi impugnato, con argomentazione ampia e non contraddittoria, le cui valutazioni di merito non sono sindacabili in questa sede. In particolare si evidenzia che nel giudizio di merito si è chiaramente delineato come il senso da attribuire alla conversazione non potesse riferirsi all’acquisto di autovetture, invece che alla partita di droga, per la mancanza di riferimenti specifici al tipo di automezzi trattati, e per l’immediata esecuzione degli interventi richiesti, a seguito dei contatti telefonici. Le deduzioni difensive riguardo, oltre che riguardare profili di merito, non sindacabili in questa sede, risultano avulse dal complesso delle risultanze, posto che, risultando dagli ulteriori riscontri che G. importava cocaina dall’Olanda, priva di concretezza risulta l’ipotesi che nel caso di specie potesse farsi riferimento a cessioni di hashish, oppure che potesse l’attività illecita compiuta inquadrarsi nel comma 5 della norma incriminatrice, malgrado che, per espressa indicazione difensiva nella conversazione, si capti uno scambio per il prezzo di Euro 4500, controvalore in danaro chiaramente incompatibile con una fattispecie inquadrabile nell’ipotesi lieve.

I richiami contenuti nel provvedimento impugnato danno inoltre conto della valutazione intervenuta da parte del Tribunale della documentazione prodotta dalla difesa, tendente a dimostrare la presenza di una effettiva attività di commercio di autovetture, che, alla luce delle argomentazioni contenute nell’ordinanza sullo specifico punto, non consente la diretta riconduzione delle conversazioni all’attività lecita evocata.

La circostanza che tale chiave di lettura non fosse condivisa dagli stessi interlocutori telefonici si desume dalla specifica conversazione richiamata dal giudice di merito, ove si parla delle auto come un affare che può portare in carcere, osservazioni già presenti nell’ordinanza di custodia cautelare la cui valenza non risulta contrastata con l’attribuzione all’espressione di significati diversi.

La circostanza che la valutazione operata dal Tribunale risulti da un canto compieta, dall’altro non contraddittoria, esclude che possa valutarsi in questa sede la presenza del vizi lamentati nell’atto difensivo ed impone, quanto di gravi indizi, il rigetto del ricorso.

2. L’impugnazione risulta invece fondata quanto alle esigenze cautelari posto che al riguardo si è fatto riferimento all’assenza di resipiscenza, desunta dalla strategia processuale, motivazione che non risulta idonea a supportare la valutazione operata (Sez. U, Sentenza n. 1653 del 21/10/1992, dep. 22/02/1993, imp. Marino, Rv.

192469), non essendo nel nostro ordinamento in alcun modo sindacabili le scelte difensive dell’indagata che non possono pertanto costituire oggetto di valutazione negativa.

La motivazione sul punto presenta pertanto un vizio che impone l’annullamento della misura (limitatamente alla valutazione della sussistenza delle esigenze cautelari, con conseguente rinvio al giudice di merito per nuovo esame sul punto.

A cura della cancelleria del presente provvedimento va data comunicazione all’imputato, sulla base di quanto stabilito dall’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1/ter

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata, limitatamente alla valutazione delle esigenze cautelari, e rinvia per nuovo esame sul punto al Tribunale di Salerno. Rigetta nel resto.

Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1/ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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