T.A.R. Sicilia Palermo Sez. III, Sent., 14-07-2011, n. 1368 Pubblicita

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con ricorso notificato il 25 ottobre 2010 e depositato il giorno 29 seguente, le ricorrenti hanno impugnato – chiedendone l’annullamento, vinte le spese – la nota in epigrafe indicata con la quale il Comune di Palermo, in risposta ad una diffida dalle stesse sottoscritta, ha comunicato il proprio intendimento di ritenere non preclusiva del rilascio delle autorizzazioni la mancata approvazione del piano generale degli impianti pubblicitari ("PGIP"), e ciò con riferimento alla pubblicità a carattere temporaneo.

2. Il ricorso è affidato a due motivi di censura con i quali si deducono i seguenti vizi:

1) Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 36, comma 8, d. lgs. n. 507 del 1993 ed eccesso di potere per difetto di motivazione;

2) Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 29 del Regolamento comunale sulla pubblicità ed eccesso di potere per difetto di motivazione.

2. Si è costituito in giudizio il Comune di Palermo che tuttavia non ha spiegato difese scritte.

3. Hanno proposto distinti interventi ad adiuvandum l’A.A.P.I. – Associazione Aziende Pubblicitarie Italiane, l’A.A. s.r.l., la Federazione provinciale del commercio, turismo, servizi, professioni e p.m.i. – Confcommercio di seguito: "Confcommercio") e l’Associazione degli industriali della Provincia di Palermo – Confindustria (di seguito: "Confindustria"). Tutte hanno chiesto l’accoglimento del ricorso.

4. Con ordinanza n. 1025/2010 questo Tribunale ha rigettato l’istanza cautelare proposta dalle ricorrenti sulla quale è stato interposto appello, accolto dal C.g.a. ai soli fini della sollecita fissazione dell’udienza di merito.

5. All’udienza pubblica del giorno 1 giugno 2011, presenti i procuratori delle parti che si sono riportati alle già rassegnate domande e conclusioni, il ricorso, su richiesta degli stessi. è stato trattenuto in decisione.

6. Va preliminarmente dichiarata l’irricevibilità degli atti di intervento proposti da Confcommercio e da Confindustria poiché, come di seguito specificato, sono stati depositati tardivamente.

Ed infatti, quanto ai termini da osservare per proporre atto di intervento volontario in giudizio, i primi due commi dell’art. 28 del codice del processo amministrativo stabiliscono che:

"1. Se il giudizio non è stato promosso contro alcuna delle parti nei cui confronti la sentenza deve essere pronunciata, queste possono intervenirvi, senza pregiudizio del diritto di difesa.

2. Chiunque non sia parte del giudizio e non sia decaduto dall’esercizio delle relative azioni, ma vi abbia interesse, può intervenire accettando lo stato e il grado in cui il giudizio si trova".

Il successivo art. 50 prevede che:

"1. L’intervento è proposto con atto diretto al giudice adito, recante l’indicazione delle generalità dell’interveniente. L’atto deve contenere le ragioni su cui si fonda, con la produzione dei documenti giustificativi, e deve essere sottoscritto ai sensi dell’articolo 40, comma 1, lettera d).

2. L’atto di intervento è notificato alle altre parti ed è depositato nei termini di cui all’articolo 45; nei confronti di quelle costituite è notificato ai sensi dell’articolo 170 del codice di procedura civile.

3. Il deposito dell’atto di intervento di cui all’articolo 28, comma 2, è ammesso fino a trenta giorni prima dell’udienza".

La disciplina vigente in epoca anteriore all’entrata in vigore del Codice del processo amministrativo, non prevedeva alcun termine di decadenza per l’intervento il quale poteva essere proposto fino a che la causa non fosse passata in decisione ed aveva luogo nello stato in cui si trovava la controversia.

Il nuovo codice, oltre alle altre (qui irrilevanti) novità sull’istituto dell’intervento, distingue due tipologie di soggetti che possono proporre detto atto: 1) i controinteressati pretermessi non intimati (art. 28, comma 1, cit.), 2) i soggetti che non sono parti del giudizio che non siano decaduti dall’esercizio delle relative azioni, ma che abbiano interesse ad intervenire, accettando lo stato e il grado in cui il giudizio si trova (art. 28, comma 2, cit.).

Orbene, è indubbio che gli interventi proposti da Confcommercio e da Confindustria sono sussumibili sotto la categoria degli interventi di cui al predetto art. 28, comma 2, per i quali l’art. 50, comma 3, cod. proc. amm. stabilisce che il relativo deposito "è ammesso fino a trenta giorni prima dell’udienza".

L’avvenuto deposito di entrambi gli atti di intervento in data 27 maggio 2011 rende gli stessi irricevibili, stante l’avvenuta fissazione dell’udienza per il susseguente 1 giugno (cosicché non è rispettato lo iato temporale di trenta giorni che devono separare la data di deposito e quella fissata per l’udienza).

Per tali ragioni Confcommercio e Confindustria vanno estromesse dal giudizio.

4. Ritiene il Collegio che la valutazione sommaria sulla cui base è stata respinta l’istanza cautelare debba recedere alla luce dell’approfondimento proprio di questa fase di merito, potendosi ritenere la portata delle affermazioni contenute nel provvedimento impugnato, lesiva degli interessi di cui la parte ricorrente risulta essere – ciò che non è contestato da parte avversa – portatrice. Ed infatti il Comune ha preso una chiara e specifica posizione sulla non necessità dell’adozione dello strumento di pianificazione di cui al d. lgs. n. 507 del 1993, ciò che, come di seguito si vedrà, smentito non si ritiene di poter condividere.

5. Il ricorso, nei sensi di seguito specificati, è meritevole di accoglimento.

5.1. Ai fini di una migliore comprensione delle questioni sottoposte alla cognizione del Collegio va succintamente ricostruita la vicenda su cui si è innestata la presente controversia.

Le ricorrenti attraverso l’invio di appositi esposti – prodotti in copia agli atti del giudizio – hanno segnalato al Comune di Palermo la ripetuta collocazione di gonfaloni pubblicitari su pali non censiti dell’illuminazione pubblica. Detti gonfaloni sarebbero privi dell’indicazione dell’azienda realizzatrice degli stessi e la relativa allocazione, sarebbe, come pure segnalato, fonte di pericolo per l’incolumità dei cittadini.

Le ricorrenti deducono altresì di aver reso note al Comune, con nota del 13 aprile 2010, le ragioni per le quali, a dir loro, le autorizzazioni all’allocazione di gonfaloni presso i predetti pali sarebbero illegittime. Siffatta illegittimità deriverebbe, da una parte, dalla mancata approvazione del piano generale degli impianti di cui al d. lgs. n. 507 del 1993 (ciò che impedirebbe il rilascio di nuove autorizzazioni), dall’altra dall’asserita obbligatoria approvazione degli specifici "piani particolareggiati" previsti dal regolamento, presupposto indefettibile per il rilascio di nuovi atti di assenso.

A tale ultima missiva ha risposto il Comune – dapprima rimasto inerte – mediante emanazione dell’impugnato provvedimento. Con quest’ultimo l’Amministrazione – incontestata la mancata adozione del piano degli impianti di che trattasi – ha disatteso le argomentazioni di parte ricorrente: essa ha infatti affermato che in relazione agli impianti pubblicitari in argomento la mancata approvazione del piano generale degli impianti non costituirebbe elemento ostativo al rilascio di nuove autorizzazioni per l’installazione di pannelli pubblicitari sui pali dell’illuminazione pubblica cittadina.

5.2. Con il primo motivo, le ricorrenti deducono la violazione dell’art. 36, comma 8, d. lgs. n. 507 del 1993, ai sensi del quale "Il comune non dà corso alle istanze per l’installazione di impianti pubblicitari, ove i relativi provvedimenti non siano già stati adottati alla data di entrata in vigore del presente decreto, né può autorizzare l’installazione di nuovi impianti fino all’approvazione del regolamento comunale e del piano generale previsti dall’art. 3".

L’adozione di siffatto piano (con il contenuto minimo che esso dovrà assumere) è anche prevista dall’art. 31 del vigente regolamento comunale per l’applicazione dell’imposta comunale sulla pubblicità e del diritto sulle pubbliche affissioni, di guisa che il rilascio di nuove autorizzazioni non sarebbe consentito.

Il motivo è meritevole di pregio.

La giurisprudenza di questo Tribunale e, in particolare di questa Sezione, si è già espressa nel senso di ritenere il piano generale degli impianti pubblicitari di cui al d. lgs. n. 507 del 1993 "indefettibile presupposto per il rilascio delle autorizzazioni per impianti pubblicitari, dal momento che, in assenza di precise scelte compiute a monte (in sede di pianificazione), non potrebbe orientarsi l’attività autorizzatoria in maniera coerente con l’esigenza di un’equilibrata protezione della variegata trama dei molteplici interessi – di natura urbanistica, edilizia, economica, culturale, viaria – tra loro interferenti e che in diversa misura vengono in rilievo nell’attività pubblicitaria, fermo restando l’obbligo per l’Amministrazione di comunque individuare un termine per l’adozione del piano e la correlata possibilità, in caso di inerzia, per gli interessati, di attivare gli opportuni rimedi di tutela, amministrativa e giurisdizionale" (ord. n. 989/2009 del 20.10.2009).

Anche la Corte costituzionale, come bene osservato dalla difesa delle ricorrenti e delle parti intervenienti, ha sottolineato che "la tutela degli interessi pubblici presenti nella attività pubblicitaria effettuata mediante l’installazione di cartelloni si articola dunque, nel decreto legislativo n. 507 del 1993, in un duplice livello di intervento: l’uno, di carattere generale e pianificatorio, mirante ad escludere che le autorizzazioni possano essere rilasciate dalle amministrazioni comunali in maniera casuale, arbitraria e comunque senza una chiara visione dell’assetto del territorio e delle sue caratteristiche abitative, estetiche, ambientali e di viabilità; l’altro, a contenuto particolare e concreto, in sede di provvedimento autorizzatorio, con il quale le diverse istanze dei privati vengono ponderate alla luce delle previsioni di piano e solo se sono conformi a tali previsioni possono essere soddisfatte (cfr. sentenza n. 355/2002), dovendosi pertanto escludere che i privati possano essere autorizzati alla installazione di cartelli pubblicitari in mancanza di pianificazione territoriale, in relazione anche al "livello generale di tutela degli svariati interessi pubblici sui quali questo tipo di attività potenzialmente incide, livello che costituisce il tratto caratterizzante della disciplina" (Corte cost., ibidem).

Ovviamente tale principio non conosce deroghe quali quella – invocata dall’Amministrazione – inerente alla cd. pubblicità temporanea, effettuata con le modalità oggetto dell’esposto delle ricorrenti e della conseguente risposta dell’Amministrazione (esposizione di gonfaloni sui pali dell’illuminazione pubblica), ragion per cui le disposizioni regolamentari di cui si è dotato il Comune di Palermo, ove contrariamente interpretate, andrebbero ritenute contra legem (con conseguente disapplicazione in sede giurisdizionale).

La sussistenza di un espresso ed inderogabile divieto di legge all’installazione di nuovi impianti fino all’approvazione del piano generale siccome stabilito ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 3 e 36, comma 8, d. lgs. n. 507 del 1993, priva del tutto di potere gli organi burocratici preposti alla relativa attività ex art. 107 d. lgs. n. 267 del 2000 (in ambito regionale art. 2, comma 3, l.r. n. 23 del 1998, di rinvio all’art. 6, comma 2 della l. n. 127 del 1997), generando un vero e proprio difetto di attribuzioni ex art. 21septies l. n. 241 del 1990, di guisa che le eventuali autorizzazioni rilasciate in assenza del piano generale degli impianti e, dunque, in violazione del divieto espressamente posto dalla legge, restano assoggettate al più rigoroso regime della nullità, stante la totale assenza di poteri in capo al soggetto emanante.

Ovviamente tale nullità investe tutte le autorizzazioni rilasciate nel tempo in violazione del divieto in argomento.

10. Il ricorso, in ragione della fondatezza del primo motivo – previa estromissione delle intervenienti Confcommercio e Confindustria -, ed assorbito ogni ulteriore motivo poiché ininfluente ed irrilevante ai fini del presente giudizio va pertanto accolto con conseguente annullamento del provvedimento impugnato.

11. Copia della presente sentenza va trasmessa, ai sensi dell’art. 24 della l.r. 3 dicembre 1991, n. 44, all’Assessorato regionale delle autonomie locali e della funzione pubblica per le finalità connesse all’eventuale intervento sostitutivo nei confronti del Comune di Palermo per l’adozione del piano generale degli impianti pubblicitari, obbligatoria ex d. lgs. n. 507 del 1993.

12. Le spese possono essere compensate tra tutte le parti, ivi comprese quelle estromesse, avuto riguardo al complessivo andamento della vicenda processuale.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Sicilia, Sezione terza, definitivamente pronunziando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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