T.A.R. Umbria Perugia Sez. I, Sent., 14-07-2011, n. 227

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il ricorrente ha impugnato in via principale la determina dirigenziale n. 675 in data 30 luglio 2004, conosciuta il successivo 5 dicembre 2009, con cui il Comune di Gubbio ha integrato la concessione cimiteriale relativa alla cappella funeraria lotto n. 36, a suo tempo (e, per la precisione, il 7 ottobre 1981) riconosciuta al di lui padre G.C..

Espone che il padre, negli anni 1996/98, è stato colpito da ictus cerebri, con conseguente condizione di invalidità totale e permanente e necessità di assistenza continua, accertata dalla Commissione di prima istanza della U.S.L. n. 1 di Gubbio; nel 2004 il deterioramento delle condizioni cognitive ha portato al riconoscimento del beneficio dell’indennità di accompagnamento.

Rappresenta come in data 25 maggio 2004 il funzionario dell’Ufficio servizi cimiteriali del Comune di Gubbio abbia ricevuto un’istanza, apparentemente sottoscritta dal sig. G.C., di "variazione di intestazione relativamente alla edicola funeraria n. 36 rep. E’, con rassegnazione dei 18 loculi nei termini seguenti: 4/18 all’originario concessionario (G.C.), 12/18 al figlio P.C., 2/18 al sig. G.F. (suocero del figlio Pierangelo).

L’istanza è stata accolta con determina dirigenziale n. 675 del 30 luglio 2004, oggetto del presente gravame, che ha provveduto alla variazione dell’intestazione.

Dopo la morte del padre, avvenuta il 29 marzo 2005, e della madre (avvenuta il 14 ottobre 2008), il ricorrente si attivava per le pratiche successorie e formulava istanza di accesso al Comune di Gubbio per acquisire la documentazione relativa alla cappella di famiglia; il 5 dicembre 2009 veniva concessa l’ostensione documentale, da cui inferiva la notizia dell’intervenuta variazione dell’intestazione della cappella funeraria.

Avendo avuto un epilogo negativo l’istanza di annullamento in autotutela, denegata con nota del 29 dicembre 2009, il ricorrente ha proposto il presente ricorso, con successiva integrazione del contraddittorio nei confronti del sig. G.F., a sostegno del quale deduce i seguenti motivi di diritto:

1) Travisamento ed erronea valutazione dei presupposti di fatto afferenti l’istanza di variazione (incapacità naturale dell’istante), nella considerazione che, al momento in cui è stata presentata al Comune l’istanza di variazione di intestazione dell’edicola (24 maggio 2004), lo stato neurologico del sig. G.C. era, ormai da tempo, quello di un incapace naturale. L’istanza è quindi provenuta da soggetto non in grado di comprenderne il significato, a prescindere dalla palese apocrifia della sottoscrizione, che comportava chiaramente un pregiudizio al proprio patrimonio.

2) Violazione del regolamento nazionale e comunale di polizia mortuaria ed eccesso di potere sotto forma di falsa applicazione della medesima normativa, nella considerazione che l’invocato art. 67, commi 1 e 8, del regolamento comunale di polizia mortuaria, contrariamente a quanto ritenuto dall’Amministrazione, non ammette atti dispositivi inter vivos, come conferma l’espresso divieto contenuto nell’art. 59, comma 4, e nel successivo art. 76, comma 3 dello stesso regolamento, che, rispettivamente, vietano il trasferimento a terzi della concessione e la rinuncia della concessione a favore di terzi. Tali divieti ricalcano peraltro quello generale previsto dall’art. 93 del regolamento nazionale di polizia mortuaria (approvato con d.P.R. n. 285 del 1990), fondato sul regime demaniale delle aree cimiteriali.

Del resto, anche l’art. 60, commi 5 e 6, del regolamento comunale richiede che tutte le istanze aventi ad oggetto il diritto d’uso alla sepoltura di soggetti estranei all’ambito familiare devono indicare, da parte del concessionario, le ragioni da cui discendono meriti significativi, proprio al fine di evitare che venga commercializzato il diritto d’uso alla sepoltura.

3) Violazione degli artt. 7 e seguenti della legge n. 241 del 1990, nella considerazione che il provvedimento gravato è intervenuto a seguito di un procedimento di cui non è stata data comunicazione a nessun soggetto, sulla scorta del fallace argomento che l’istante era l’unico concessionario.

In realtà, l’istante era coniugato, in regime di comunione legale dei beni, con la sig.ra Rita Frondizi; neppure i figli sono stati resi edotti di tale provvedimento pregiudizievole del patrimonio familiare.

Si è costituito in giudizio il Comune di Gubbio eccependo preliminarmente l’inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione dell’adito giudice amministrativo, nell’assunto che si tratti di controversia di carattere patrimoniale per questioni di successione ereditaria, concernente comunque lo ius sepulchri, oltre che per carenza di interesse, ed inoltre la sua infondatezza nel merito.

Si sono altresì costituiti in giudizio i controinteressati F.G. e C.P., sostanzialmente associandosi alle difese dell’Amministrazione comunale.

All’udienza del 6 aprile 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

1. – Deve anzitutto essere esaminata l’eccezione di difetto di giurisdizione, svolta dalle parti resistenti nell’assunto che si verta al cospetto di una situazione giuridica di diritto soggettivo, derivante dalla "concessione cimiteriale", ed afferente al c.d. ius sepulchri, diritto di natura reale sul bene, il cui contenuto è costituito prima dall’edificazione e poi dalla sepoltura, e che è pienamente disponibile, per il titolare, dal punto di vista privatistico.

L’eccezione non appare meritevole di positiva valutazione, e deve pertanto essere disattesa.

Oggetto del presente ricorso è la determinazione dirigenziale n. 675 del 30 luglio 2004, che ha consentito, in modo asseritamente illegittimo, la variazione dell’intestazione della concessione cimiteriale rilasciata al sig. G.C. il 7 ottobre 1981, e recante, all’art. 3, l’espressa previsione dell’obbligo del concessionario di uniformarsi alle norme del regolamento generale di polizia mortuaria e del regolamento comunale.

Ora, lo ius sepulchri, ossia il diritto, spettante al titolare di concessione cimiteriale, ad essere tumulato nel sepolcro, garantisce effettivamente al concessionario, in coerenza con il consolidato indirizzo del giudice ordinario, ampi poteri di godimento del bene e si atteggia come un diritto reale nei confronti dei terzi; ciò significa che, nei rapporti interprivati, la protezione della situazione giuridica è piena, assumendo la fisionomia tipica dei diritti reali assoluti di godimento.

Tuttavia, insistendo il manufatto su terreno demaniale, lo ius sepulchri soggiace al potere regolativo e conformativo di stampo pubblicistico; dalla demanialità del bene discende l’intrinseca "cedevolezza" del diritto, che trae origine da una concessione amministrativa su bene pubblico (Cons. Stato, Sez. V, 14 giugno 2000, n. 3313).

Ne consegue, sul piano della giurisdizione, che, a fronte di determinazioni dell’Amministrazione concedente, la situazione soggettiva del soggetto privato è di interesse legittimo, con conseguente cognizione del giudice amministrativo delle relative controversie (così Cons. Stato, Sez. V, 8 marzo 2010, n. 1330).

2. – Infondata è anche l’eccezione di inammissibilità per carenza di interesse, formulata nella considerazione che anche dall’ipotetico accoglimento del ricorso avverso la determina n. 675 del 2004 il ricorrente non ritrarrebbe alcuna concreta utilità, se non altro perché ne deriverebbe la decadenza dalla concessione ai sensi dell’art. 73, lett. b), del regolamento di polizia mortuaria del Comune di Gubbio, di cui alla delibera consiliare n. 73 del 27 marzo 2001. Ed invero, a prescindere dalla verifica dei presupposti per l’adozione di un provvedimento ad oggi inesistente, l’interesse del ricorrente, oltre che morale, discende dal fatto che egli, rebus sic stantibus, ed anche in prospettiva, vedrebbe resa più difficile la possibilità di tumulazione nella tomba di famiglia, atteso che i quattro loculi rimasti intestati al sig. G.C., di cui è erede, risultano già, per la maggiore parte, assegnati (ne rimane verosimilmente libero uno, a seguito della traslazione della salma del sig. C.O.).

3. – Procedendo ora alla disamina del merito del ricorso, va anzitutto osservato che infondato, od addirittura inammissibile, a seconda di come interpretato, è il primo mezzo.

Più chiaramente, ove, come sembrerebbe emergere da un’interpretazione letterale, si ritenga impugnata l’istanza di variazione dell’intestazione dell’edicola (in data 24 maggio 2004), il ricorso, in parte qua, sarebbe inammissibile, non riguardando un atto o provvedimento amministrativo, ma un atto privato di iniziativa procedimentale, contenente un’istanza rivolta all’Amministrazione.

Ove invece la predetta istanza venga evocata per dedurre un vizio del provvedimento, adottato a conclusione del procedimento di cui la medesima ha costituito l’atto di impulso, ravvisato nella figura (sintomatica dell’eccesso di potere) dell’erronea valutazione dei presupposti di fatto, il mezzo deve ritenersi infondato.

All’epoca dell’istanza (24 maggio 2004), il sig. G.C. non era interdetto, e non è provato che l’Amministrazione (ed in particolare l’ufficio) procedente fosse a conoscenza del di lui stato mentale; tanto meno risulta in alcun modo provata la, pur lamentata, apocrifia della sottoscrizione.

In ogni caso, ai sensi dell’art. 428 del c.c., gli atti, anche unilaterali, compiuti da un incapace naturale non sono nulli, ma annullabili su istanza della persona che si assume essere stata naturalmente incapace al momento del compimento dell’atto o dei suoi eredi od aventi causa, e solo se ne risulta un grave pregiudizio all’autore.

4. – Con il secondo motivo di ricorso si deduce poi la violazione dei regolamenti, nazionale e comunale, di polizia mortuaria, nella considerazione che la disciplina normativa vigente non ammette atti dispositivi inter vivos della concessione cimiteriale.

La censura è fondata, e meritevole pertanto di positiva valutazione.

Occorre premettere, esplicitando quanto già osservato, ad altro fine, al punto sub 1), che il rapporto concessorio deve rispettare le norme regolamentari emanate per la disciplina dei suoi specifici aspetti; ciò in quanto lo ius sepulchri attiene ad una fase di utilizzo del bene che segue lo sfruttamento del suolo mediante edificazione della cappella, e che soggiace all’applicazione del regolamento di polizia mortuaria. Questa disciplina si colloca ad un livello ancora più elevato di quello che contraddistingue l’interesse del concedente e soddisfa superiori interessi interessi pubblici di ordine igienicosanitario, oltre che edilizio e di ordine pubblico.

Ciò posto, il regolamento comunale di polizia mortuaria del 2001 precisa, all’art. 59, comma 4, che "la concessione in uso della sepoltura non può essere trasferita a terzi ma solamente retrocessa al Comune"; il successivo art. 60, punto 7, stabilisce che "con la concessione il Comune conferisce ai privati il solo diritto d’uso della sepoltura, diritto che non è commerciabile né trasferibile o comunque cedibile. Ogni atto contrario è nullo di diritto"; l’art. 67, a sua volta, in tema di divisione e subentri, dispone, al comma 3, che "la rinuncia non può essere a favore di terzi, che non siano concessionari di quella tomba di famiglia".

Ciò significa, come del resto espressamente sancito dall’art. 93 del d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 (regolamento statale di polizia mortuaria), che la regola generale è quella per cui "il diritto di uso delle sepolture private concesse a persone fisiche è riservato alle persone dei concessionari e dei loro familiari".

Giova precisare, per il rilievo che tale circostanza può assumere in relazione ad una concessione risalente al 1981, che anche il precedente regolamento di polizia mortuaria del Comune di Gubbio, deliberato con atto podestarile del 1932, vietava, all’art. 24, "la commerciabilità degli avelli e le concessioni di avelli agli estranei da parte dei titolari delle tombe di famiglia".

Non è dunque possibile la modifica, anche parziale, della titolarità della concessione, che si tradurrebbe in una fattispecie di trasferimento del diritto di uso della sepoltura.; al più, può essere consentita la sepoltura di persone che abbiano acquisito, nei confronti del concessionario, particolari benemerenze; ma in tale caso l’art. 60, punto 5, del regolamento comunale prevede che la richiesta sia "corredata da apposita dichiarazione del concessionario indicante specificamente le ragioni da cui scaturisce il riconoscimento di meriti significativi sia in senso materiale che morale.

Nel caso di specie, l’integrazione dell’intestazione configura una cessione della concessione cimiteriale, o, se si preferisce, una cessione del diritto di sepolcro, inammissibile in quanto le aree cimiteriali, ai sensi dell’art. 824, comma 2, del c.c., sono assoggettate a regime demaniale, sicchè sono inalienabili e non possono formare oggetto di diritti a favore di terzi, se non nei modi stabiliti dalle leggi e dai regolamenti che le riguardano ( art. 823 c.c.), il cui contenuto si è in precedenza evidenziato (così anche T.A.R. Lazio, Sez. II, 13 marzo 2006, n. 1917).

Va, ancora, precisato che appare improprio il richiamo, nel provvedimento gravato, all’art. 67, commi 1 e 8, del regolamento comunale di polizia mortuaria, in quanto la prima norma prevede l’ipotesi della contitolarità della concessione di una tomba di famiglia (che consente di richiedere l’individuazione di separate quote), non ricorrente nel caso di specie, ove unico concessionario era il sig. G.C. (né, va precisato, dall’istanza del 24 maggio 2004 può desumersi una qualche forma di compossesso, rilevante comunque solamente sul piano fattuale, del sig. Guido con il figlio Pierangelo e con il consuocero G.F.); mentre il successivo ottavo comma dell’art. 67 va letto in combinato disposto con l’art. 59 e disciplina l’ipotesi dell’aggiornamento dell’intestazione della concessione al mutare del concessionario/assegnatario, evenienza, anche questa, non ravvisabile nella vicenda controversa, ove l’originario concessionario ha rinunciato ad una parte dei loculi in favore di altri soggetti.

5. – L’accoglimento della seconda censura, comportando l’annullamento della gravata determina dirigenziale n. 675 del 2004, esime il Collegio dalla disamina del terzo motivo, di ordine formale, che può dunque essere dichiarato assorbito.

6. – L’accoglimento del ricorso giustifica comunque, sussistendone giusti motivi, legati alla peculiarità della vicenda, la compensazione tra tutte le parti delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Umbria (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie, con conseguente annullamento della determina dirigenziale n. 675 del 2004.

Compensa tra le parti le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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