Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 14-03-2011) 12-07-2011, n. 27120

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con la decisione in epigrafe la Corte d’appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, ha confermato la sentenza del 12 dicembre 2006 con cui il Tribunale di Taranto aveva condannato U.R. alla pena di dieci mesi di reclusione in ordine al reato di cui all’art. 385 c.p., perchè, trovandosi in regime di arresti domiciliari, con possibilità di recarsi al lavoro presso l’Hotel Bel Sit, si allontanava dal luogo di lavoro senza autorizzazione.

Ricorre per cassazione l’ U., tramite il difensore di fiducia e deduce la violazione dell’art. 431 c.p.p., comma 1, lett. b), in quanto il giudizio di colpevolezza sarebbe basato sulla relazione di servizio della polizia giudiziaria, acquisita al fascicolo del dibattimento senza il consenso dell’imputato.

Inoltre, censura la sentenza impugnata per avere ritenuto infondata l’eccezione sul presupposto che l’imputato avrebbe potuto richiedere la rinnovazione del dibattimento per sentire i verbalizzanti; secondo il ricorrente il giudice d’appello avrebbe dovuto procedere d’ufficio alla rinnovazione dibattimentale, citando a testimoniare l’operatore di polizia giudiziaria che aveva eseguito l’accertamento.

Il ricorso è manifestamente infondato.

Il ricorrente lamenta che la sentenza di condanna sia fondata sulla relazione di servizio. Invero, la Corte d’appello ha basato la propria pronuncia sul verbale di arresto e non sulla relazione di servizio, cioè su un atto irripetibile correttamente acquisito e utilizzato per la decisione. Peraltro, lo stesso giudice ha evidenziato che l’imputato ha sostanzialmente ammesso il fatto nel corso dell’interrogatorio in sede di convalida dell’arresto, sicchè il motivo dedotto si rivela assolutamente infondato.

Così come del tutto infondato è l’altro motivo, con cui si lamenta la mancata rinnovazione del dibattimento, ritenuta implicitamente inutili dal giudice d’appello che aveva a disposizione prove univoche circa la responsabilità dell’imputato.

Alla manifesta infondatezza dei motivi consegue la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro, che si ritiene equo determinare in Euro 1.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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