Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 03-03-2011) 12-07-2011, n. 27207

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza del 19 aprile 2010 la Corte di Appello di Bari confermava la sentenza del Tribunale di Trani del 21 settembre 2009 con la quale M.M., imputato del reato di cui all’art. 674 c.p., era stato dichiarato colpevole del detto reato (ed assolto, invece, dal concorrente reato di cui all’art. 659 c.p.) e condannato alla pena di giorni dieci di arresto ed al risarcimento dei danni in favore della parte civile.

Ricorre contro la sentenza l’imputato deducendo violazione della legge penale ( art. 157 c.p.) per essersi il reato estinto già prima della sentenza di primo grado in relazione all’epoca di commissione del fatto ((OMISSIS) o al più tardi, (OMISSIS), data di proposizione della querela) in applicazione del regime precedente la L. n. 205 del 2005.

Il ricorso è fondato.

Va premesso che – per come è dato leggere dalla motivazione della sentenza impugnata – la data di commissione del reato non è quella indicata nel capo di imputazione, bensì quella – espressamente enunciata in sentenza – del 2 settembre 2005, epoca in cui, come ricordato dalla Corte di Appello, venne effettuato il sopralluogo accertante la condotta vietata. In ogni caso, a non voler considerare tale data come determinante ai fini della individuazione del tempus commissi delicti, certamente risulta dalla sentenza impugnata che la querela sporta nei riguardi dell’imputato venne presentata in data 13 ottobre 2005, per una condotta commessa, comunque, prima di tale data.

Va premesso che, come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, il reato di cui all’art. 674 c.p., è di natura istantanea e solo eventualmente permanente: ipotesi che ricorre quando l’illegittima emissione sia connessa all’esercizio di attività economiche e legate al ciclo produttivo (in tal senso Cass. Sez. 1^ 13.11.1997 n. 2598; nello stesso senso, Cass. Sez. 1^ 10.11.1988 n. 3162).

Il termine di prescrizione decorrerà quindi dalla data di commissione del fatto, indipendentemente dalle sue conseguenze.

Ciò detto, e passando ad esaminare il criterio di calcolo della prescrizione invocato dal ricorrente, devesi aver riguardo – come esattamente argomentato dalla difesa – al testo normativo antecedente alla L. n. 251 del 2005, (che ha, come è noto, elevato a quattro anni, prorogabili di 1/4, il termine prescrizionale per i reati contravvenzionali): in forza del testo previgente, che trova applicazione in quanto disposizione più favorevole, laddove riferita a reati commessi sotto la vigenza delle precedenti disposizioni (in questo senso, Cass. Sez. 3^ 11.6.2008 n. 37271, Quattrocchi, Rv.

241080; Cass. Sez. 1^ 7.11.2006 n. 39086, P.G. in proc. Mascali, Rv.

235978), trova applicazione il termine più breve triennale prorogabile nella sua massima misura ad anni quattro e mesi sei decorrenti dalla data di commissione del fatto (a tutto voler concedere il 13 ottobre 2005).

Detto termine, quindi, era certamente scaduto prima della pronuncia della sentenza di appello. Da qui l’annullamento della sentenza impugnata, senza rinvio, per intervenuta prescrizione. Restano ferme le statuizioni in favore della parte civile disposte nel giudizio di primo grado, confermate in appello e non contestate in ricorso. La suddetta parte civile peraltro non ha diritto alle spese del presente grado in quanto, una volta accertato che già alla data emissione della sentenza di appello il reato era prescritto e che il ricorso è stato proposto con deduzione di quest’unico motivo, la stessa non ha interesse ad interferire sugli effetti penali della sentenza.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata senza rinvio per essere il reato estinto per prescrizione.

Respinge l’istanza di spese della parte civile.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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