Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 03-05-2011) 13-07-2011, n. 27388

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il (OMISSIS), all’interno dell’ufficio ubicato al piano superiore dell’autosalone gestito da L. S., veniva assassinato C.F.; due uomini, travisati da un passamontagna, entravano nel predetto locale e irrompevano nella stanza dove erano presenti C.F., C.M., L.S., G.D. e Ca.Pa.. Mentre gli altri astanti riuscivano a darsi alla fuga, lanciandosi dalla finestra, il C.F. veniva attinto al braccio da un primo colpo d’arma da fuoco e quindi da altri tre colpi, risultandone ucciso.

2. Di tale omicidio è stato ritenuto esecutore materiale, ai fini dell’emanazione della ordinanza di custodia cautelare in carcere, l’odierno ricorrente, P.A..

3. Contro l’ordinanza di custodia emessa dal GIP di Catanzaro, in data 29 ottobre 2010, è stata svolta istanza di riesame; il tribunale della libertà di Catanzaro, con ordinanza emessa in data 16 novembre 2010, ha confermato l’ordinanza impugnata e la misura applicata, rigettando il ricorso del P..

4. La sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, ai fini della misura cautelare, è stata ritenuta sulla base delle dichiarazioni rese da C.V., testimone oculare del fatto, riscontrate dalle dichiarazioni della B., segretaria nella concessionaria dove è avvenuto l’omicidio, nonchè dalle dichiarazioni dei collaboratori Ba. e L..

5. In particolare, il C. affermava, dopo un’iniziale reticenza, giustificata con l’ordine in tal senso proveniente dal L., di avere riconosciuto con certezza i due esecutori dell’omicidio, che, pur travisati, gli erano passati davanti sia all’ingresso dell’autosalone, sia all’uscita dopo avere commesso il reato; di tali affermazioni forniva ampia e specifica motivazione, con dovizia di particolari e precisione di dettagli.

6. Quanto ai citati riscontri esterni, la B. affermava che il C. era presente presso la concessionaria la mattina del giorno dell’omicidio, senza tuttavia precisare se vi fosse anche nel pomeriggio, in occasione della commissione del reato predetto; la Ba. affermava di avere appreso dalla cognata R.C., moglie di Fo.An., che l’omicidio era stato eseguito materialmente da P.A.; il L. infine affermava di avere riconosciuto l’odierno ricorrente, pur se travisato da passamontagna.

7. Contro l’ordinanza del tribunale della libertà di Catanzaro propone ricorso P.A. ex art. 606 c.p.p., comma, lett. c) ed e), in relazione agli artt. 63, 178, 179, 191, 192, 197 e 292 c.p.p. e art. 372 c.p.p., comma 2, lett. B, art. 546 c.p.p., lett. c), art. 125 c.p.p., comma 3; art. 111 Cost., commi 6 e 7. 8. In particolare, come si evince dalla motivazione del ricorso, non essendovi successiva specifica indicazione della violazione lamentata ai sensi dell’art. 606 c.p.c., il ricorrente sinteticamente lamenta:

– omessa valutazione di una prova decisiva, rappresentata dall’interrogatorio di persona indagata, tale C.M..

Tale soggetto riferiva di aver appreso da un certo Z. che gli esecutori dell’omicidio erano due zingari latitanti del clan abruzzese e che il P. era il mandante. Più precisamente (pagina nove del verbale d’interrogatorio, allegato al ricorso per cassazione) il C. dichiara, con riferimento all’esecuzione dell’omicidio: "Loro dicono che siano stati i due latitanti del clan abruzzese..".

– Illogicità manifesta in relazione all’alibi del ricorrente, per non avere il tribunale ritenuto attendibili le deposizioni dei testi difensivi D. e R. -che avevano dichiarato che il giorno dell’omicidio il P. era in cantiere insieme a loro – in relazione alla testimonianza del C., ritenuto invece perfettamente attendibile e indifferente, pur avendo inizialmente dichiarato di non essere stato presente in concessionaria al momento dell’omicidio.

– Ancora con riferimento all’attendibilità del C., si deduce la sua stretta amicizia e dipendenza dal L., nonchè le incongruenze della sua deposizione, con riferimento all’abbigliamento dei due sicari al momento del fatto. Dichiarazioni che sarebbero in contrasto con quelle di G.D..

– Si deduce poi violazione di norma processuale, laddove il ricorrente ritiene che il C. avrebbe dovuto essere sentito fin dall’inizio in qualità di indagato e non di teste, emergendo dalla sua seconda deposizione elementi a suo carico, con riferimento alle false dichiarazioni rese in precedenza. Se ne deduce la violazione dell’art. 63 c.p.p., con conseguente inutilizzabilità delle dichiarazioni, ai sensi del medesimo articolo, e pertanto la nullità dell’ordinanza che si fonda in via principale proprio suddette dichiarazioni.

– Infine, il ricorrente lamenta insufficiente motivazione in ordine all’attendibilità dei collaboratori L. e Ba., nonchè manifesta illogicità della motivazione, nella quale non si tiene conto in particolare delle dichiarazioni rese dalla testimone M.M.I., moglie del L..

9. Per i suddetti motivi P.A. chiede l’annullamento del provvedimento impugnato senza rinvio, con remissione in libertà dell’indagato; in subordine annullamento con rinvio al tribunale del riesame di Catanzaro.

Motivi della decisione

10. Con riferimento alle doglianze del ricorrente, questa corte osserva:

– Omessa valutazione di una prova decisiva, rappresentata dall’interrogatorio di C.M.. Questa Corte ritiene che le dichiarazioni rese dal C.M. nell’interrogatorio del 20 maggio 2010 non siano affatto determinanti, sia perchè la prova positiva della responsabilità del P. è ancorata su solide basi probatorie, riscontrate a vicenda, sia perchè il C. riferisce una circostanza non solo de relato, ma tutt’altro che certa, laddove a pagina nove del verbale dichiara:

"Loro dicono che siano stati i due latitanti del clan Abbruzzese". A fronte di questa deposizione, tutt’altro che determinante per scagionare il P., lo stesso C. riconosce che il P. era comunque al corrente, e anzi il mandante, di questo omicidio (pagine 5 e 7 del verbale d’interrogatorio. E’ più che evidente, dunque, che in virtù della loro parziale contraddittorietà, le dichiarazioni del C. non hanno certo efficacia decisiva per scagionare il P..

– Illogicità manifesta in relazione all’alibi del ricorrente, per non avere il tribunale ritenuto attendibili le deposizioni dei testi difensivi D. e R.. La censura è non solo infondata, ma anche inammissibile, in quanto il ricorrente chiede alla corte di cassazione una nuova valutazione di merito, che le è preclusa. Il tribunale di Catanzaro motiva in modo più che adeguato in ordine ai motivi per cui non ha ritenuto attendibili i testi R. e D., evidenziando altresì che, anche a tener fede alle loro dichiarazioni, sarebbe stato per loro impossibile tenere sotto controllo e sotto la diretta percezione visiva il P., al punto da escludere con certezza che egli si sia, anche momentaneamente, allontanato dal cantiere (si veda quanto espresso, con giudizio logico ineccepibile, alla pagina 16 della ordinanza).

– Attendibilità del C.. Per sostenere la censura di illogicità della motivazione relativa all’attendibilità del C., il ricorrente evidenzia che la teste B., chiamata a riscontro esterno, aveva affermato che il C. era presente in concessionaria solo alla mattina; inoltre vi sarebbero incongruenze nella sua deposizione, con riferimento all’abbigliamento dei due sicari al momento del fatto (dichiarazioni che sarebbero in contrasto con quelle di G.D.). Infine si cerca di minare l’attendibilità del C. evidenziando la sua stretta amicizia e dipendenza dal L.. Le censure svolte dal ricorrente sono infondate; ancora una volta si cerca di ottenere da questa corte una diversa valutazione della prova, ai fini di ricostruire diversamente l’episodio delittuoso, senza che vi siano però i vizi lamentati nel ricorso. Anche con riferimento a queste presunte contraddizioni il tribunale ha motivato adeguatamente; con riferimento alle dichiarazioni della B., sia sufficiente rilevare che la stessa, sentita a sommarie informazioni il 27 luglio 2009, affermava sì che il C. era presente la mattina, ma non ha mai escluso che il C. potesse essere presente anche il pomeriggio. D’altronde, la B. ha affermato di essere rientrata nel proprio ufficio, posto al primo piano, dove si trovava anche al momento del delitto;

pertanto, non si può assolutamente escludere che, anche ove la teste non abbia visto il C. al pomeriggio, questi fosse invece passato presso la concessionaria, avendo egli dichiarato di trovarsi, all’arrivo dei sicari, all’ingresso della concessionaria stessa.

Analoghe considerazioni si devono fare con riferimento alle dichiarazioni di G.M. e G.D., anch’essi saliti subito al piano superiore, nell’ufficio del L., i quali non escludono comunque espressamente la presenza del C. presso altre zone della concessionaria. Ed anche le dichiarazioni della M.M.I. non sono determinanti, in quanto la stessa indica i nomi delle persone che il pomeriggio del delitto erano state a casa sua, affermando comunque che lei al momento del delitto non era in concessionaria, ma nella propria casa. In relazione ai presunti rapporti di amicizia e dipendenza del C. dal L., questi da un lato rafforzano la convinzione che in effetti il C. fosse presente in concessionaria, suo luogo di lavoro, al momento del delitto, e per il resto costituiscono aspetti sicuramente rilevanti nella valutazione di attendibilità che, peraltro, se correttamente effettuata, come nel caso di specie, è sottratta ad ogni controllo di questa corte, in quanto riservata al giudice di merito. Infine, in relazione all’abbigliamento dei sicari non vi è nessuna contraddittorietà od illogicità della motivazione, – piuttosto approfondita sul punto, in quanto il tribunale di Catanzaro chiarisce adeguatamente e con percorso logico ineccepibile i motivi per cui ritiene di privilegiare il racconto del C. rispetto a quello del G. (pagina 10 dell’ordinanza). Inutilizzabilità delle dichiarazioni rese da C.V. ai sensi dell’art. 63 c.p.p..

Secondo la difesa, il C. avrebbe dovuto essere sentito fin dall’inizio in qualità di indagato e non di teste, emergendo dalla sua seconda deposizione elementi a suo carico, con riferimento alle false dichiarazioni rese in precedenza; la censura è priva di fondamento. Secondo l’insegnamento delle sezioni unite di questa corte (Cassazione penale, sez. un., 23 aprile 2009, n. 23868) "la sanzione di inutilizzabilità "erga omnes" delle dichiarazioni assunte senza garanzie difensive da un soggetto che avrebbe dovuto fin dall’inizio essere sentito in qualità di imputato o persona soggetta alle indagini, postula che a carico dell’interessato siano già acquisiti, prima dell’escussione, indizi non equivoci di reità, come tali conosciuti dall’autorità procedente, non rilevando a tale proposito eventuali sospetti od intuizioni personali dell’interrogante". Nel caso di specie ci si trova piuttosto nell’ipotesi di cui all’art. 63, comma 1, in quanto una persona non sottoposta alle indagini ha reso dichiarazioni dalle quali sono emersi indizi di reità a suo carico (per avere in precedenza fatto dichiarazioni non vere all’autorità procedente).

– Insufficiente motivazione in ordine all’attendibilità dei collaboratori L. e Ba., anche in relazione alle dichiarazioni rese dalla testimone M.M.I., moglie del L.. Anche questa censura è priva di fondamento; la corte territoriale ha ritenuto, con valutazione insindacabile in questa sede in quanto correttamente motivata, l’attendibilità dei collaboratori L. e Ba. (cfr. pag. 15 dell’ordinanza); nè si può affermare che le dichiarazioni della M., riportate a pagina 16 del ricorso, in quanto relative a circostanze non direttamente collegate con il delitto, da cui la difesa deduce conseguenze puramente ipotetiche, siano idonee a scalfire la ritenuta attendibilità del L. sulle circostanze determinanti ai fini della ricostruzione del fatto di reato.

Per i motivi esposti, il ricorso deve essere respinto; al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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