Cons. Stato Sez. III, Sent., 18-07-2011, n. 4352

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Il cittadino senegalese A. D. impugnava dinanzi al Tar Emilia Romagna sede di Bologna, il provvedimento della Questura di Ravenna in data 7 settembre 2005, protocollato Cat.A 12/Imm n. 308/05, con cui era stato rifiutato il rinnovo del permesso di soggiorno rilasciatogli dalla Questura di Milano in data 25 novembre 2003 per motivi di lavoro subordinato, in esito al procedimento di regolarizzazione del lavoro irregolare di cui al decreto- legge n. 195 del 2002, convertito con modificazioni dalla legge 9 ottobre 2002 n.222.

La Questura di Ravenna, a norma dell’articolo 1, n. 8 lettera c) della suddetta legge infatti aveva ritenuto ostativa alla regolarizzazione la condanna subita dal ricorrente con sentenza irrevocabile del 16 febbraio 2004 del Tribunale di Ravenna per i reati previsti e puniti dalla legge del diritto di autore, per i quali il 4 agosto 2002 era stato arrestato dai Carabinieri di Faenza.

Il Tar nel respingere il ricorso richiamava in primis la sentenza 18 febbraio 2005, n. 78, della Corte costituzionale, dichiarativa dell’illegittimità dell’art. 1 comma 8, lett. a) e c), l. n. 222 del 2002 nella parte in cui faceva derivare automaticamente il rigetto dell’istanza di regolarizzazione dalla presentazione di una denuncia per uno dei reati per i quali gli art. 380 e 381 c.p.p. prevedono l’arresto obbligatorio o facoltativo in flagranza.

Sulla base di tale sentenza riteneva che al ricorrente, che al 4 agosto 2002 risultava esclusivamente denunciato per uno dei reati previsti dagli articoli 380 e 381 del c.p.p., era stato legittimamente rilasciato il permesso di soggiorno in esito al procedimento di legalizzazione del lavoro irregolare.

Riteneva tuttavia che in sede di esame della richiesta rinnovo di tale permesso il Questore non poteva non tenere nella giusta considerazione la circostanza che a tale denuncia aveva fatto seguito la sentenza di condanna irrevocabile del 16 febbraio 2004, emessa dal Tribunale di Ravenna, sezione staccata di Faenza, e che tale condanna, a norma degli articoli 4 e 5 del d.lvo n. 286 del 1998 costituiva elemento ostativo al rinnovo del permesso di soggiorno.

Che pertanto il ricorrente, al momento del rinnovo del permesso di soggiorno, era privo dei requisiti legittimanti l’accoglimento della richiesta e che correttamente il Questore di Ravenna, con il provvedimento impugnato, ancorché erroneamente motivato con riferimento all’esistenza di una condizione ostativa alla regolarizzazione, aveva legittimamente rigettato l’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno.

Nell’atto di appello si assume la erroneità della sentenza in quanto adottata in palese violazione delle norme di riferimento con richiesta di annullamento della stessa e del provvedimento impugnato.

L’amministrazione appellata non ha presentato memorie.

2. L’appello merita accoglimento sotto il profilo della carenza di motivazione e di istruttoria.

Osserva la Sezione che la odierna vicenda contenziosa deve essere esaminata in virtù del principio stabilito dall’art. 11 delle preleggi sulla base della normativa anteriore alle modifiche di cui alla legge 15 luglio 2009, n. 94.

Prima della modifica normativa posta dalla legge citata, che inseriva uno speciale paragrafo all’art. 4 co. 3 del T.U. Stranieri, al fine di comminare la sanzione della revoca o mancato rinnovo del permesso di soggiorno per tutti indistintamente i richiedenti come conseguenza della commissione del reato di violazione del diritto di autore, il Testo Unico prevedeva, in presenza di tale genere di condanna, la revoca del permesso di soggiorno solo per quei soggetti che svolgevano una attività autonoma. La ratio della disposizione risiedeva nel fatto che tali soggetti si ponevano in posizione diversa rispetto al lavoratore dipendente; poiché tali soggetti esercitavano una attività autonoma, essi rientravano in diretto e costante contatto con la protezione del diritto di autore, il che giustificava un trattamento più rigoroso (Cons. Stato, VI, 4 agosto 2008, n. 3885).

3. Nel caso in esame il ricorrente era titolare di permesso di soggiorno per lavoro subordinato e aveva presentato richiesta di rinnovo a tale titolo.

L’art. 5 co. 5 TU Stranieri, nel disciplinare il rifiuto o la revoca del permesso di soggiorno, stabilisce che esso viene revocato quando vengano a mancare i requisiti richiesti per l’ingresso e il soggiorno in Italia, requisiti individuati dall’art. 4 co. 3 del T.U..

Sulla base di tale ultimo articolo il permesso di soggiorno viene revocato quando lo straniero sia stato condannato per uno dei reati nello stesso previsti, reati che destano un forte allarme sociale e che aggrediscono beni di primaria importanza quali la vita e il patrimonio, tali per cui deve essere previsto l’arresto in flagranza.

Ora poiché per il reato commesso e per il quale è stato condannato l’appellante non è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza, bensì quello facoltativo, e poiché la stessa sentenza penale ha riconosciuto le attenuanti generiche con la sospensione condizionale della pena, la quale presuppone la prognosi di non pericolosità dell’imputato, deve inferirsi che la sentenza di condanna abbia rappresentato per l’appellante un caso unico e isolato all’interno di una condotta di vita basata sul lavoro dipendente.

Questo Consiglio di Stato ha avuto modo di sottolineare in fattispecie analoga che non si possa equiparare la situazione di chi intenda soggiornare sul territorio nazionale per lo svolgimento di attività, rivelatesi illecite, con la diversa fattispecie di possibile permanenza sul medesimo territorio di chi svolga un lavoro regolare come dipendente, ma si sia reso responsabile del reato di violazione del diritto di autore: è da considerare infatti, in quest’ultimo caso, la diversa disciplina di immediato riferimento (art. 5, comma 5 d.lvo n. 286/98 cit.), di modo che la rilevanza della condotta, idonea a giustificare l’immediata espulsione dei lavoratori autonomi, deve essere commisurata innanzitutto alle circostanze, implicanti "ex se" diniego di rinnovo del permesso di soggiorno per i lavoratori dipendenti e comporta la esclusione di ogni automatismo, dovendosi altresì valutare il carattere abituale o episodico della condotta sanzionata penalmente al fine di considerare se possano risultare condizioni di vita regolari, valutabili anche quali "nuovi elementi" per il rinnovo richiesto (Cons. Stato, VI, 4 agosto 2008, n. 3885 cit.).

4. Il provvedimento impugnato, pur stigmatizzando un automatico motivo di diniego del permesso per la condanna subita, non ha affatto motivato sul giudizio di pericolosità omettendo di svolgere un esame della personalità complessiva del ricorrente, regolarmente presente in Italia dal 2003, e del grado di inserimento sociale, né ha compiuto in particolare una valutazione della condotta del ricorrente, successiva alla condanna riportata, considerando la sua condizione attuale, in specie se caratterizzata dallo stabile possesso di fonti lecite di sostentamento.

5. Per le ragioni esposte il Collegio ritiene che l’appello debba essere accolto, con annullamento ai fini del riesame del provvedimento impugnato nel primo grado di giudizio; quanto alle spese giudiziali, tuttavia, il Collegio ne ritiene equa la compensazione.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, accoglie il ricorso in primo grado e annulla l’atto impugnato.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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