Corte Costituzionale sentenza n. 309 SENTENZA 10 – 17 dicembre 2013

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

SENTENZA

nel giudizio di legittimita’ costituzionale degli artt. 3, comma
1, lettera a); 6, commi 5, 6 e 9; 15, comma 1, lettera b), della
legge della Provincia autonoma di Bolzano 19 novembre 2012, n. 19
(Disposizioni per la valorizzazione dei servizi volontari in
Provincia di Bolzano e modifiche di leggi provinciali in materia di
attivita’ di cooperazione allo sviluppo e personale), promosso dal
Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 24 –
28 gennaio 2013, depositato in cancelleria il 4 febbraio 2013 ed
iscritto al n. 12 del registro ricorsi 2013.
Visto l’atto di costituzione della Provincia autonoma di Bolzano;
udito nell’udienza pubblica del 19 novembre 2013 il Giudice
relatore Paolo Maria Napolitano;
uditi l’avvocato dello Stato Paolo Gentili per il Presidente del
Consiglio dei ministri e gli avvocati Renate Von Guggenberg e Michele
Costa per la Provincia autonoma di Bolzano.

Ritenuto in fatto

1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, con ricorso notificato a
mezzo posta il 24 – 28 gennaio 2013 e depositato il 4 febbraio 2013,
ha promosso questione di legittimita’ costituzionale degli artt. 3,
comma 1, lettera a), 6, commi 5, 6 e 9, 15, comma 1, lettera b),
della legge della Provincia autonoma di Bolzano 19 novembre 2012, n.
19 (Disposizioni per la valorizzazione dei servizi volontari in
Provincia di Bolzano e modifiche di leggi provinciali in materia di
attivita’ di cooperazione allo sviluppo e personale), per contrasto
con gli artt. 2, 3, 23, 52, primo comma, 117, secondo comma, lettere
d) ed l), e terzo comma, della Costituzione.
1.1.- La prima questione promossa riguarda l’art. 3, comma l,
lettera a), della legge citata, nella parte in cui prevede che le
finalita’ indicate nell’art. l possano essere realizzate anche
tramite il servizio civile nazionale di cui alla legge 6 marzo 2001,
n. 64 (Istituzione del servizio civile nazionale). Secondo il
ricorrente, in tal modo verrebbero violati l’art. 52, primo comma, e
l’art. 117, secondo comma, lettera d), Cost., con superamento delle
competenze statutarie provinciali, giacche’ alle Regioni e alle
Province non sarebbe consentito disporre direttamente del servizio
civile nazionale per compiti estranei alla funzione di difesa della
Patria.
1.2.- Osserva, al riguardo, l’Avvocatura che, secondo la costante
giurisprudenza della Corte costituzionale, nell’ambito del «dovere di
difesa della Patria» di cui all’art. 52 Cost. rientra anche la
prestazione del servizio civile, regolato dalla legge statale n. 64
del 2001 e dal decreto legislativo 5 aprile 2002, n. 77 (Disciplina
del Servizio civile nazionale a norma dell’articolo 2 della legge 6
marzo 2001, n. 64).
La legge della Provincia autonoma di Bolzano, dettata
dall’intento di valorizzare e promuovere il servizio civile
volontario sul proprio territorio e incentivare nuovi settori di
intervento sociale, definisce tempi, benefici retributivi e
assicurativi, forme di organizzazione del servizio, dopo aver
previsto che la Provincia autonoma di Bolzano, nella valorizzazione
dei servizi volontari e nella promozione delle forme peculiari
dell’impegno civile della popolazione provinciale, si avvale di
propri servizi in campo sociale, sanitario, culturale, ambientale,
educativo e del tempo libero, prevede altresi’ l’impiego del servizio
civile nazionale volontario per la realizzazione delle sue finalita’.
In questo modo verrebbe dunque, sotto diversi profili, ad
incidere sulla disciplina nazionale del servizio civile di cui alla
legge n. 64 del 2001 e al decreto legislativo n. 77 del 2002,
violando gli artt. 52 e 117, secondo comma, lettera d), Cost.
Sia con riferimento a questa specifica disposizione legislativa,
sia, piu’ in generale, come supporto argomentativo delle successive
censure, l’Avvocatura dello Stato cita la sentenza della Corte
costituzionale n. 228 del 2004, con la quale, per la prima volta, si
sono fissati i limiti, per cio’ che riguarda gli aspetti di
competenza, del potere legislativo delle Regioni e dello Stato in
materia di servizio civile.
In particolare, in detta sentenza la Corte ha stabilito che «Le
normative censurate [vale a dire, le allora vigenti leggi statali],
in quanto rivolte a disciplinare gli aspetti organizzativi e
procedurali del servizio civile nazionale, trovano fondamento,
anzitutto, nell’art. 52 della Costituzione, e non precludono alla
Provincia autonoma la possibilita’ di regolare l’esercizio di
funzioni specifiche, riguardanti aspetti materiali che rientrino
nella sua competenza. A venire in rilievo e’, in particolare, la
previsione contenuta nel primo comma dell’art. 52 della Costituzione,
che configura la difesa della Patria come sacro dovere del cittadino,
il quale ha una estensione piu’ ampia dell’obbligo di prestare
servizio militare. Come gia’ affermato da questa Corte, infatti, il
servizio militare ha una sua autonomia concettuale e istituzionale
rispetto al dovere ex art. 52, primo comma, della Costituzione, che
puo’ essere adempiuto anche attraverso adeguate attivita’ di impegno
sociale non armato (sentenza n. 164 del 1985). […] D’altra parte,
il dovere di difendere la Patria deve essere letto alla luce del
principio di solidarieta’ espresso nell’art. 2 della Costituzione, le
cui virtualita’ trascendono l’area degli "obblighi normativamente
imposti", chiamando la persona ad agire non solo per imposizione di
una autorita’, ma anche per libera e spontanea espressione della
profonda socialita’ che caratterizza la persona stessa. In questo
contesto, il servizio civile tende a proporsi come forma spontanea di
adempimento del dovere costituzionale di difesa della Patria».
Alla luce delle precise indicazioni fornite dalla Corte nella
citata sentenza, risulta evidente, secondo il Presidente del
Consiglio, che la legge provinciale, nella parte in cui prevede che
le finalita’ propriamente provinciali, e dunque estranee al concetto
di difesa della Patria come sopra chiarito e come tale attuato dal
servizio civile nazionale, siano perseguite anche «tramite il
servizio civile nazionale di cui alla legge 64/2001», viola gli artt.
52, primo comma, e 117, secondo comma, lettera d), Cost.
Infatti, prosegue il ricorrente, alla stregua
dell’interpretazione del concetto di difesa della Patria come
comprensivo anche del servizio civile (art. 52, primo comma, Cost.),
e della conseguente sua attribuzione alla legislazione esclusiva
dello Stato (art. 117, secondo comma, lettera d, Cost.), non e’
consentito alle Regioni e Province autonome disporre direttamente del
servizio civile nazionale per compiti, come la valorizzazione del
volontariato, che rientrano nelle loro specifiche competenze, e che
sono quindi estranei alla funzione – esclusivamente statale – di
difesa della Patria, che e’ pero’ la sola riferibile al servizio
civile nazionale.
Nella misura in cui si includono nelle attivita’ riconducibili
alla difesa della Patria anche attivita’ che non hanno relazione con
essa perche’ espressione di finalita’ e competenze proprie delle
Regioni e Province autonome si violerebbe l’art. 52, primo comma,
Cost. Verrebbe anche violato l’art. 117, secondo comma, lettera d),
nella misura in cui la legge regionale o provinciale, come quella in
esame, attribuisce compiti al servizio civile nazionale, laddove
questa perimetrazione del campo di attivita’ e’ rimessa in via
esclusiva alla legislazione dello Stato.
1.3.- L’Avvocatura sottolinea, poi, che incorre nei medesimi vizi
illustrati in precedenza anche l’art. 6, comma 9, della stessa legge
provinciale, il quale prevede che: «Se il servizio di cui
all’articolo 3, comma 1, lettera a), e’ svolto ai sensi della legge 6
marzo 2001, n. 64, ai volontari e alle volontarie spetta l’assegno
per il servizio civile di cui all’articolo 9, comma 2, del decreto
legislativo 5 aprile 2002, n. 77, comprese le eventuali indennita’.
Non spetta loro il rimborso spese di cui al comma 2».
1.4.- Infine, si verificherebbe un’indebita ed illegittima
invasione dell’ambito delle competenze legislative esclusive dello
Stato anche ad opera dell’art. 6, comma 2, della legge provinciale
(«Salvo quanto previsto dal comma 9, la Giunta provinciale determina,
con delibera da pubblicarsi nel Bollettino Ufficiale della Regione,
il rimborso spese mensile a favore dei volontari e delle volontarie
impegnati nei servizi di cui all’articolo 3, comma 1») e del comma 6
del medesimo articolo («A tutti i volontari e tutte le volontarie
impegnati nei servizi di cui all’articolo 3, comma l, lettere a), b)
e c), sono inoltre garantite le assicurazioni obbligatorie per la
copertura del rischio di infortuni e la responsabilita’ civile. I
relativi oneri sono a carico delle organizzazioni e degli enti presso
i quali i volontari e le volontarie prestano servizio»).
Infatti, spetterebbe solo allo Stato la competenza (esercitata
con l’art. 9, commi 2 e 3, del d.lgs. n. 77 del 2002) a disciplinare
il trattamento economico ed a disporre in merito alla copertura
assicurativa dei suddetti volontari.
Piu’ in generale, l’Avvocatura osserva che la Provincia non
potrebbe qualificare con propria legge l’attivita’ svolta dai
volontari del servizio civile provinciale come svolta nell’ambito di
tale servizio o, invece, come svolta nell’ambito del servizio civile
nazionale, ponendone, in quest’ultimo caso, gli oneri a carico dello
Stato, cosi’ dettando, al di fuori delle sue competenze, disposizioni
relative al trattamento economico e assicurativo dei volontari del
servizio civile nazionale.
1.5.- Con riferimento al censurato art. 6, comma 5, l’Avvocatura
sottolinea altresi’ che, nel qualificare «il servizio prestato dai
volontari del servizio civile provinciale, sia nell’ambito di questo,
che nell’ambito (arbitrariamente) esteso dalla legge provinciale al
servizio civile nazionale, come prestazione di lavoro di natura
occasionale, e nell’obbligare l’ente beneficiario a retribuirla
conformemente agli artt. 70-74 d.lgs. 276/2003 (vale a dire, in
concreto, nella forma del "voucher" da acquistare c restituire al
concessionario preposto, come stabilito dall’art. 72 del d.lgs.)», il
legislatore provinciale invaderebbe anche la competenza statale
esclusiva a disciplinare l’ordinamento civile, prevista dall’art.
117, secondo comma, lettera l), Cost.
Dopo aver richiamato, al riguardo, quanto questa Corte ha deciso
con la sentenza n. 50 del 2005, il ricorrente afferma che «anche la
qualificazione di un rapporto di prestazione di attivita’ come
contratto di prestazione di lavoro accessorio e occasionale ai sensi
della medesima disciplina generale dei rapporti di lavoro, rientra
quindi nella suddetta competenza statale esclusiva, e non puo’ essere
disposta dal legislatore provinciale».
L’illegittima intromissione verrebbe a determinare anche la
violazione della competenza concorrente dello Stato in materia di
tutela del lavoro, di cui all’art. 117, terzo comma, Cost., per il
contrasto con il principio fondamentale secondo cui «le forme
assicurative in questione, attesa la particolarita’ della materia,
che non attiene a prestazioni lavorative in senso stretto [debbono
essere] determinate tramite l’autorita’ di regolazione del settore
assicurativo; laddove la disposizione provinciale in esame e’
puntuale nel prevedere che gli oneri assicurativi facciano carico
agli enti presso cui i volontari operano».
Infine, la disposizione in esame, nella misura in cui pone a
carico di enti rientranti nella finanza pubblica allargata nuovi
oneri in difformita’ dal principio desumibile dalla legge statale
sopra illustrata, invaderebbe la competenza concorrente statale in
materia di coordinamento della finanza pubblica statale e locale.
La parte ricorrente sostiene, altresi’, che la disposizione in
esame contrasterebbe anche con gli artt. 2 e 3 Cost., in quanto
introdurrebbe una discriminazione a favore dei volontari del servizio
civile provinciale operanti nella Provincia di Bolzano, in contrasto
con la gratuita’ che caratterizza le attivita’ di volontariato,
secondo il principio dettato dall’art. 2 della legge 11 agosto 1991,
n. 266 (Legge-quadro sul volontariato), per cui: «1. Ai fini della
presente legge per attivita’ di volontariato deve intendersi quella
prestata in modo personale, spontaneo e gratuito, tramite
l’organizzazione di cui il volontario fa parte, senza fini di lucro
anche indiretto ed esclusivamente per fini di solidarieta’. 2.
L’attivita’ del volontario non puo’ essere retribuita in alcun modo
nemmeno dal beneficiario. 3. Al volontario possono essere soltanto
rimborsate dall’organizzazione di appartenenza le spese
effettivamente sostenute per l’attivita’ prestata, entro limiti
preventivamente stabiliti dalle organizzazioni stesse».
Ricorda, al riguardo, quanto deciso da questa Corte con la
sentenza n. 75 del 1992 con la quale si preciso’ che «la legge n. 266
del 1991, accanto a disposizioni che stabiliscono compiti o
discipline d’interesse nazionale o che pongono criteri di azione per
le amministrazioni statali o per gli enti locali, fissa principi cui
le regioni e le province autonome devono attenersi nel regolare i
rapporti fra le istituzioni pubbliche e le organizzazioni di
volontariato. Questi ultimi, in base alla costante giurisprudenza di
questa Corte, vanno indubbiamente qualificati come principi generali
dell’ordinamento giuridico, in ragione della concorrente circostanza
che attengono strettamente a valori costituzionali supremi (sentenze
nn. 6 del 1956, 231 del 1984 e 1107 del 1988) e, soprattutto, che
contengono criteri direttivi cosi’ generali da abbracciare svariati e
molteplici campi di attivita’ materiali (sentenze nn. 6 del 1956, 68
del 1961, 87 del 1963, 28 del 1964, 23 del 1978, 91 del 1982, 1107
del 1988, 465 del 1991)».
L’Avvocatura conclude sul punto affermando che, per i motivi
innanzi evidenziati, non e’ quindi consentito alle Regioni e Province
autonome derogare al principio fondamentale di gratuita’ delle
attivita’ di volontariato.
1.6.- Viene, quindi, censurato l’art. 15, comma 1, della
richiamata legge provinciale in quanto il requisito di cui alla
lettera b), richiedendo, per l’ammissione al «servizio sociale
volontario», «la residenza stabile in provincia di Bolzano e la
cittadinanza italiana oppure di un altro Stato membro dell’Unione
europea», escluderebbe dalla possibilita’ di prestare il servizio
civile provinciale i cittadini extracomunitari regolarmente
soggiornanti nel territorio dello Stato, violando, in tal modo,
l’art. 3 Cost., nella parte in cui questo vieta discriminazioni
fondate sulla nazionalita’.
L’Avvocatura ricorda, al riguardo, che l’art. 2 del d.lgs. 25
luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la
disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello
straniero), dispone che: a) «Lo straniero regolarmente soggiornante
nel territorio dello Stato gode dei diritti in materia civile
attribuiti al cittadino italiano, salvo che le convenzioni
internazionali in vigore per l’Italia e il presente testo unico
dispongano diversamente» (comma 2); b) «Lo straniero regolarmente
soggiornante partecipa alla vita pubblica locale» (comma 4) .
Osserva, inoltre, che l’art. 43 del d.lgs. 286 del 1998 prevede, per
quanto qui interessa, che «Ai fini del presente capo, costituisce
discriminazione ogni comportamento che, direttamente o
indirettamente, comporti una distinzione, esclusione, restrizione o
preferenza basata su […] l’origine nazionale, e che abbia […]
l’effetto di […] compromettere il riconoscimento, il godimento o
l’esercizio, in condizioni di parita’, […] delle liberta’
fondamentali in campo politico, economico, sociale e culturale e in
ogni altro settore della vita pubblica».
Alla luce di questo quadro normativo, emerge, a giudizio
dell’Avvocatura, che l’esclusione dal servizio civile provinciale
degli stranieri regolarmente soggiornanti non puo’ non tradursi in
una evidente e ingiustificata disparita’ e discriminazione, in quanto
la partecipazione al servizio civile provinciale e’ una concreta
occasione di integrazione per gli stranieri in questione che non vi
e’ ragione di negare.
Del resto, prosegue la difesa dello Stato, nella recente sentenza
n. 2 del 2013, la Corte costituzionale ha ritenuto costitutiva di una
ingiustificata disparita’ di trattamento una disposizione della
Provincia di Bolzano che, nel concedere determinate agevolazioni per
il diritto allo studio (si trattava delle «agevolazioni per la
frequenza di una scuola fuori della provincia di Bolzano», e delle
«prestazioni di natura economica per il diritto allo studio
universitario»), prevedeva solo per gli stranieri extracomunitari il
requisito aggiuntivo (rispetto ai cittadini italiani e dell’Unione
europea) della residenza almeno quinquennale nella Provincia.
2.- Si e’ costituita nel giudizio la Provincia autonoma di
Bolzano, concludendo per l’inammissibilita’ o il rigetto del ricorso.
2.1.- In via preliminare, la Provincia ritiene che siano
inammissibili le censure prospettate nel ricorso dell’Avvocatura
generale dello Stato in ordine alla lamentata violazione degli artt.
2 e 117, secondo comma, lettera l), Cost., dal momento che nella
delibera governativa di impugnazione della legge della Provincia
autonoma di Bolzano n. 19 del 2012, assunta nella riunione del
Consiglio dei ministri del 18 gennaio 2013, non sono individuati,
nemmeno in termini generali, tali parametri di giudizio.
Ricorda che piu’ volte questa Corte ha affermato che la delibera
governativa di impugnazione della legge deve contenere l’indicazione
delle disposizioni impugnate e la ragione dell’impugnazione medesima,
seppur anche solo in termini generali, mentre spetta al ricorso
dell’Avvocatura generale dello Stato la piu’ puntuale indicazione dei
parametri del giudizio, ma non anche l’individuazione di ulteriori
parametri costituzionali che si asseriscono lesi dalle disposizioni
impugnate.
2.2.- Nel merito, la resistente ritiene infondata la censura
relativa alla illegittimita’ costituzionale dell’art. 3, comma 1,
lettera a), della legge provinciale n. 19 del 2012, per asserito
contrasto con gli artt. 52, primo comma, e 117, secondo comma,
lettera d), Cost.
Al riguardo, afferma che le sentenze nn. 431 del 2005, 229 e 228
del 2004 hanno chiarito che anche le Regioni e le Province autonome
hanno competenze riguardo al servizio civile nazionale, giacche’ non
«tutti gli aspetti dell’attivita’ svolta dai giovani in servizio
civile ricadono nell’area della potesta’ legislativa statale». La
linea di confine tra cio’ che spetta alla competenza statale e cio’
che e’ di spettanza regionale o provinciale e’ individuata dalla
Corte costituzionale nella distinzione tra la «disciplina dei profili
organizzativi e procedurali del servizio», di competenza statale, e
«lo svolgimento di attivita’ che toccano i piu’ diversi ambiti
materiali, come l’assistenza sociale, la tutela dell’ambiente, la
protezione civile: attivita’ che, per gli aspetti di rilevanza
pubblicistica, restano soggette alla disciplina dettata dall’ente
rispettivamente competente».
Le Regioni e le Province autonome, dunque, avrebbero competenza
legislativa nell’ambito della disciplina del servizio civile
nazionale, dato che la Corte costituzionale afferma che la disciplina
degli aspetti da ultimo indicati spetta «alla legislazione regionale
o alla normativa degli enti locali, fatte salve le sole specificita’
direttamente connesse alla struttura organizzativa del servizio e
alle regole previste per l’accesso ad esso».
Ne conseguirebbe che le Regioni e le Province autonome avrebbero
il preciso dovere di intervenire, con proprie leggi, per disciplinare
gli aspetti di propria competenza del servizio civile nazionale.
Poiche’, nelle occasioni richiamate, la giurisprudenza costituzionale
ha confermato la persistente validita’ dell’impianto realizzato dal
legislatore statale con la legge n. 64 del 200l, come attuata dal
d.lgs. n. 77 del 2002, la parte resistente sottolinea che tale
disciplina contiene ampi rinvii alla legislazione regionale o
provinciale, ed anzi puo’ essere effettivamente attuata soltanto
attraverso un’opera del legislatore regionale o provinciale
finalizzata a regolare numerosi aspetti che la legge nazionale
demanda espressamente, appunto, alle Regioni e alle Province
autonome. La competenza regionale o provinciale non sarebbe
concorrente ne’ tantomeno esclusiva, ma opererebbe «in una logica
attuativa della disciplina recata dal d.lgs. n. 77/2002».
Inoltre, le Regioni e le Province autonome avrebbero l’ulteriore
possibilita’ di istituire e disciplinare un servizio civile regionale
o provinciale, distinto e non alternativo rispetto a quello
nazionale. Secondo la resistente, anche in questo caso la Corte
avrebbe individuato la linea di confine tra i due servizi: quello
nazionale e’ finalizzato prioritariamente alla difesa della Patria;
quello regionale o provinciale puo’ essere invece istituito e
promosso per il perseguimento «dell’ampia finalita’ di realizzazione
del principio di solidarieta’ espresso dall’articolo 2 della
Costituzione».
Con la legge provinciale l9 ottobre 2004, n. 7 (Disposizioni per
la valorizzazione del servizio civile volontario in Provincia
Autonoma di Bolzano), prima, e con la legge provinciale n. 19 del
2012, oggetto dell’impugnativa in questione, poi, la Provincia
autonoma di Bolzano si sarebbe avvalsa delle competenze indicate
dalle citate sentenze, istituendo e disciplinando un servizio civile
provinciale, distinto da quello nazionale sia nelle finalita’ che
nella disciplina, avente, pertanto, natura sostanzialmente diversa
dal servizio civile nazionale, non essendo riconducibile al dovere di
difesa. Infatti, tra i principi fondanti e gli obiettivi della legge
provinciale n. 19 del 2012 non vi e’ riferimento alla difesa della
Patria, bensi’ al rafforzamento del principio di solidarieta’ nei
diversi settori di competenza della Provincia autonoma di Bolzano.
La Provincia autonoma di Bolzano, riformando la gia’ esistente
normativa provinciale (ritenuta conforme alla Costituzione dalla
sentenza di questa Corte n. 431 del 2005), attraverso la legge qui
impugnata avrebbe apportato unicamente modifiche alla parte
riguardante il servizio civile provinciale e non avrebbe inciso in
alcun modo sulla normativa nazionale.
Cio’ emergerebbe chiaramente anche dall’art. 9, comma 2, il quale
prevede una netta linea di distinzione tra il servizio civile
volontario nazionale e quello provinciale, statuendo espressamente
che: «Inoltre, la Provincia esercita nell’ambito del servizio civile
nazionale di cui alla legge 6 marzo 2001, n. 64, le competenze ad
essa delegate».
Il dettato di cui all’impugnato art. 3, comma l, lettera a),
differenzierebbe nettamente il servizio civile provinciale volontario
dal servizio civile nazionale.
L’esattezza dell’opposta interpretazione dell’Avvocatura dello
Stato sarebbe esclusa sia dall’art. l della legge provinciale n. 19
del 2012, laddove viene affermato testualmente che «La Provincia
autonoma di Bolzano contribuisce, ai sensi dell’articolo 2 della
Costituzione, alla valorizzazione dei servizi volontari nonche’ alla
promozione delle forme peculiari dell’impegno civile della
popolazione provinciale, avvalendosi per il raggiungimento di questo
fine, delle risorse della societa’ civile e del volontariato nonche’
dei propri servizi in campo sociale, sanitario, culturale,
ambientale, educativo e del tempo libero»; sia dal gia’ menzionato
art. 9, comma 2, ove viene fatta salva la competenza esclusiva dello
Stato rispetto alla disciplina del servizio civile nazionale.
Nel menzionare all’art. 3, comma l, lettera a), all’art. 6, comma
9, e, infine, all’art. 9, comma 2, il servizio civile nazionale (con
un mero accenno e senza avvalersi del servizio civile nazionale ne’
disponendo direttamente circa l’impiego di tale servizio civile
nazionale per compiti di competenza della Provincia stessa), il
legislatore provinciale avrebbe solo preso atto e sottolineato la
netta distinzione tra le due forme di servizio (uno di competenza
statale e uno di competenza della Provincia autonoma).
2.3.- Anche la questione dell’illegittimita’ costituzionale
dell’art. 6, comma 9, della legge provinciale n. 19 del 2012 per
asserito contrasto con gli artt. 52, primo comma, e 117, secondo
comma, lettera d), Cost. sarebbe non fondata.
Si afferma, infatti, che tale disposizione della legge
provinciale e’ in perfetta sintonia con quanto stabilito dalla
normativa nazionale in materia di servizio civile nazionale. Difatti,
la norma in esame costituisce unicamente il riconoscimento del ruolo
della normativa nazionale e chiarisce che i volontari del servizio
civile nazionale ricevono l’assegno di cui alla legge 6 marzo 2001,
n. 64.
Dopo aver ricordato il contenuto del cosiddetto "Accordo di
Milano" siglato il 30 novembre 2009, tra la Regione Trentino-Alto
Adige/Südtirol, le Province autonome di Trento e di Bolzano, da un
lato, e il Governo, dall’altro, col quale si e’ dato vita, ai sensi
dell’articolo 2, commi da l06 a 126, della legge 23 dicembre 2009, n.
191 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2010), ad un nuovo
sistema di relazioni finanziarie con lo Stato, anche in attuazione
del processo di riforma in senso autonomistico previsto dalla legge 5
maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo
fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione), in base
al quale alla Provincia autonoma di Bolzano non vengono piu’
destinati finanziamenti per la gestione e la promozione del servizio
civile nazionale, la parte resistente sottolinea che la norma di cui
all’art. 6, comma 9, specifica semplicemente, per motivi di maggiore
chiarezza e trasparenza, il diverso trattamento spettante ai
volontari ed alle volontarie del servizio civile nazionale, cui
sarebbe spettato il sistema retributivo previsto dalla normativa
statale.
Nell’atto di costituzione si precisa, infine, che, attualmente,
sono proprio le Regioni e Province autonome e, quindi, anche la
Provincia autonoma di Bolzano, a cofinanziare il servizio civile
volontario nazionale, mettendo a disposizione del relativo Ufficio
parte dei fondi necessari per il suo finanziamento. Specificamente,
per quanto riguarda la Provincia autonoma di Bolzano, tale realta’
riguarda circa la meta’ dei volontari del servizio civile nazionale
operanti sul suo territorio.
2.4.- Sarebbe infondata, a giudizio della Provincia, anche la
censura con cui si afferma la presunta illegittimita’ costituzionale
dell’art. 6, comma 6, della legge provinciale n. 19 del 2012, per
asserito contrasto con gli articoli 52, primo comma, e 117, secondo
comma, lettera d), e terzo comma, Cost.
Con la norma di cui all’art. 6, comma 6, si intenderebbe
unicamente garantire che non e’ la Provincia autonoma di Bolzano a
doversi assumere gli oneri per la copertura assicurativa dei
volontari impegnati nel servizio civile provinciale.
Ne conseguirebbe che con tale disposizione non viene affatto
riconosciuta ai volontari del servizio civile nazionale una forma
assicurativa ulteriore rispetto a quella prevista dall’art. 9, comma
3, del d.lgs. n. 77 del 2002, ne’ si determina una duplicazione di
spesa pubblica, in violazione dei principi fondamentali di
coordinamento della spesa pubblica, di cui all’art. 117, terzo comma,
Cost.
2.5.- Sarebbe infondata anche la censura relativa all’art. 6,
comma 5, della medesima legge provinciale n. 19 del 2012, per
asserito contrasto con gli artt. 2, 3 e 117, secondo comma, lettere
d) ed l), Cost.
La resistente sostiene che questa doglianza – oltre ad essere
inammissibile per quanto gia’ precisato circa l’assenza nella
delibera del Consiglio dei ministri di alcuni dei parametri di cui si
lamenta la violazione e per la complessiva oscurita’ – sarebbe del
tutto infondata, perche’ la legge provinciale impugnata, che
disciplina il servizio civile provinciale, non ha nessuna attinenza
con la legge n. 266 del l991, recante la disciplina del volontariato
e, nello specifico, le organizzazioni di volontariato.
Equiparare coloro che prestano attivita’ di servizio civile a
coloro che prestano invece attivita’ di volontariato significherebbe
non solo non distinguere tra due istituti giuridici profondamente
diversi, ma soprattutto disconoscere alle Regioni e alle Province
autonome la facolta’ di istituire e di disciplinare un proprio
servizio civile, facolta’, questa, espressamente riconosciuta da
questa Corte con le piu’ volte citate sentenze n. 229 e n. 228 del
2004 e, specificatamente per quanto riguarda la Provincia autonoma di
Bolzano, con la sentenza n. 431 del 2005.
Al riguardo, la Provincia autonoma di Bolzano, ricorda che con
legge provinciale 1° luglio 1993, n. 11, ha approvato la «Disciplina
del volontariato e della promozione sociale». Osserva, poi, che per
distinguere i (nuovi) servizi volontari (regolati, appunto, dalla
legge provinciale oggetto del giudizio in questione), il legislatore
provinciale e’ stato molto attento e preciso nella scelta della
terminologia: infatti, in tutta la legge provinciale n. 19 del 2012
si parla di «servizio volontario» e di «volontari» (e non invece di
«volontariato» e di persone che svolgono attivita’ di
«volontariato»). La resistente sottolinea, poi, che anche l’attivita’
dei volontari non e’ attivita’ svolta per conseguire un lucro, come
precisato dall’art. 2, comma 1, della stessa legge provinciale n. 19
del 2012.
La Provincia afferma, peraltro, che anche il servizio civile
nazionale non viene prestato a titolo gratuito, in quanto, ai sensi
dell’art. 9, comma 2, del d.lgs. n. 77 del 2002, agli ammessi a
prestare attivita’ in un progetto di servizio civile compete un
assegno, e che lo stesso art. 2 della legge-quadro sul volontariato
prevede in favore del volontario il rimborso delle spese.
Secondo la Provincia, la legge impugnata non riconoscerebbe al
volontario un’indennita’ o una retribuzione, ma un mero rimborso
spese mensile, come tale conciliabile con l’assenza dello scopo di
lucro dell’attivita’ di volontariato prevista dalla normativa
provinciale.
2.6.- Anche la censura relativa alla dedotta illegittimita’
costituzionale dell’art. 15, comma 1, lettera b), della legge
provinciale n. 19 del 2012, per asserito contrasto con l’art. 3 Cost.
non sarebbe, a giudizio della Provincia, fondata.
Infatti, proprio per la considerazione che la legge provinciale
qui impugnata non e’ attinente alla materia del volontariato, bensi’
a quella del servizio civile, anche l’ultima doglianza del Presidente
del Consiglio dei ministri – secondo la quale l’art. 15, comma 1,
lettera b), che individua, tra i soggetti che possono svolgere
l’attivita’ di servizio sociale volontario, le persone, con eta’ non
inferiore ai 29 anni, che abbiano residenza stabile in provincia di
Bolzano e cittadinanza italiana oppure di un altro Stato membro
dell’Unione europea, escludendo, quindi, di fatto i cittadini
extracomunitari con regolare permesso di soggiorno – sarebbe priva di
fondamento. Al riguardo, la resistente sottolinea che, per stessa
ammissione del Presidente del Consiglio dei ministri, il servizio
civile e’ riservato ai cittadini italiani.

Considerato in diritto

1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso
questioni di legittimita’ costituzionale degli artt. 3, comma 1,
lettera a), 6, commi 5, 6 e 9, 15, comma 1, lettera b), della legge
della Provincia autonoma di Bolzano 19 novembre 2012, n. 19
(Disposizioni per la valorizzazione dei servizi volontari in
Provincia di Bolzano e modifiche di leggi provinciali in materia di
attivita’ di cooperazione allo sviluppo e personale), per violazione
degli artt. 2, 3, 23, 52, primo comma, 117, commi secondo, lettere d)
e l), e terzo, della Costituzione.
2.- In particolare, secondo il ricorrente, l’art 3, comma 1,
lettera a), della legge citata, nella parte in cui prevede che le
finalita’ indicate nell’art. 1 possano essere realizzate anche
tramite il servizio civile nazionale di cui alla legge 6 marzo 2001,
n. 64 (Istituzione del servizio civile nazionale), violerebbe l’art.
52, primo comma, e l’art. 117, secondo comma, lettera d), Cost., in
quanto alle Regioni e alle Province non e’ consentito, come sarebbe
sottolineato anche dalla sentenza n. 228 del 2004 di questa Corte,
disporre direttamente del servizio civile nazionale per compiti che
rientrano nelle loro competenze, e quindi estranei alla funzione di
difesa della Patria.
2.1.- Per gli stessi motivi vengono censurati anche l’art. 6,
comma 9, della predetta legge provinciale, nella parte in cui prevede
che, nel caso in cui il servizio civile sia svolto ai sensi della
legge n. 64 del 2001, ai volontari spetti l’assegno di cui all’art.
9, comma 2, del decreto legislativo 5 aprile 2002, n. 77 (Disciplina
del Servizio civile nazionale a norma dell’articolo 2 della legge 6
marzo 2001, n. 64), e l’art. 6, comma 6, della medesima legge
provinciale, il quale prevede, a favore di tutti i volontari
impegnati nei servizi di cui all’art. 3, comma 1, lettere a), b) e
c), della legge provinciale, una copertura assicurativa per il
rischio da infortuni e per la responsabilita’ civile, includendo in
tal modo nell’ambito di operativita’ dell’obbligo di copertura
assicurativa anche i volontari del servizio civile nazionale.
L’art. 6, comma 6, e’ impugnato anche per violazione della
competenza legislativa concorrente dello Stato nelle materie «tutela
del lavoro» e «coordinamento della finanza pubblica». A tal proposito
il ricorrente evidenzia che il legislatore statale e’ gia’
intervenuto in materia di copertura assicurativa del servizio civile
nazionale con l’art. 9, comma 3, del d.lgs. n. 77 del 2002 e non
sarebbe dunque consentito alla Provincia sovrapporsi in questo
ambito, stabilendo un distinto e concorrente sistema di assicurazione
contro i rischi di infortuni e per la responsabilita’ civile.
2.2.- La quarta questione sollevata attiene al comma 5 dell’art.
6 della legge provinciale n. 19 del 2012 nella parte in cui prevede
che, qualora sussistano i requisiti, i volontari e le volontarie
vengano retribuiti con le modalita’ previste dagli artt. 70 e
seguenti del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276
(Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del
lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30), cosi’
sostanzialmente qualificando il servizio prestato dai volontari quale
prestazione di lavoro di natura occasionale. La citata disposizione
violerebbe l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., il quale
riserva alla competenza esclusiva statale la materia dell’ordinamento
civile.
La norma censurata violerebbe anche gli artt. 2 e 3 Cost.,
giacche’, prevedendo un trattamento piu’ favorevole per i volontari
che operano nell’ambito del servizio civile provinciale rispetto a
coloro che svolgono attivita’ di volontariato, si porrebbe in
contrasto con il fondamentale principio di gratuita’ dell’attivita’
di volontariato che trova il proprio fondamento nel principio di
solidarieta’ sociale.
Infine, il suddetto comma 5, nella parte in cui prevede che la
disciplina ivi prevista trovi applicazione nei confronti dei
volontari del servizio civile nazionale, violerebbe l’art. 117,
secondo comma, lettera d), Cost. perche’ pretenderebbe di
disciplinare dal punto di vista contrattuale e retributivo anche il
servizio civile nazionale, riservato alla competenza esclusiva dello
Stato.
2.3.- Il ricorrente impugna anche l’art. 15, comma 1, lettera b),
della legge provinciale perche’, escludendo che possano prestare il
servizio «civile» (recte: sociale) volontario gli stranieri
regolarmente soggiornanti nel territorio dello Stato, contrasterebbe
con l’art. 3 Cost. che vieta discriminazioni fondate sulla
nazionalita’. L’Avvocatura evidenzia che il testo unico in materia di
immigrazione non pone alcun divieto in tema di volontariato e, anzi,
afferma che lo straniero regolarmente soggiornante nel territorio
dello Stato gode degli stessi diritti in materia civile attribuiti al
cittadino italiano. L’esclusione degli stranieri regolarmente
soggiornanti dalla possibilita’ di prestare il servizio «civile»
(recte: sociale) si tradurrebbe pertanto in una ingiustificata e
irragionevole disparita’ di trattamento discriminatoria.
3.- Preliminarmente, deve essere esaminata l’eccezione della
Provincia autonoma di Bolzano di inammissibilita’ delle questioni di
costituzionalita’ promosse con riferimento agli artt. 2 e 117,
secondo comma, lettera l), Cost., dal momento che nella delibera
governativa di impugnazione della legge provinciale n. 19 del 2012,
adottata nella riunione del Consiglio dei ministri del 18 gennaio
2013, non sono individuati, nemmeno in via generale, tali parametri
di giudizio.
L’eccezione e’ fondata.
Sul punto questa Corte si e’ espressa in maniera costante,
dichiarando che nei giudizi di legittimita’ costituzionale in via
principale deve sussistere, a pena d’inammissibilita’, una piena e
necessaria corrispondenza tra la deliberazione con cui l’organo
legittimato si determina all’impugnazione ed il contenuto del
ricorso, attesa la natura politica dell’atto di impugnazione. Tale
principio non riguarda solamente l’individuazione della norma
censurata, ma anche l’esatta delimitazione dei parametri del ricorso.
L’assenza di qualsiasi riferimento, nella specie, alla sussistenza di
una volonta’ politica di impugnare la normativa de qua anche con
riferimento agli artt. 2 e 117, secondo comma, lettera l), Cost.,
rende dunque inammissibili le relative censure (ex plurimis: sentenze
n. 236 del 2013, n. 198 e n. 149 del 2012).
3.1.- La censura relativa all’art. 6, comma 5, della legge
provinciale n. 19 del 2012 in relazione agli artt. 2 e 3 Cost. e’
inammissibile.
Come si e’ detto, secondo il ricorrente tale disposizione,
prevedendo un trattamento piu’ favorevole per i volontari che operano
nell’ambito del servizio civile provinciale rispetto a coloro che
svolgono attivita’ di volontariato, si porrebbe in contrasto con il
fondamentale principio di gratuita’ dell’attivita’ di volontariato
che trova il proprio fondamento nel principio di solidarieta’
sociale.
Si e’ gia’ precisato che, a causa dell’assenza nella
deliberazione del Consiglio dei ministri di qualsivoglia indicazione
dei parametri rappresentati dagli artt. 2 e 117, secondo comma,
lettera l), Cost., ad essi non puo’ farsi riferimento.
Deve, inoltre, evidenziarsi che l’Avvocatura dello Stato, nel
motivare la censura relativa all’art 3 Cost., si limita a richiamare
i principi affermati da questa Corte con la sentenza n. 75 del 1992
senza in alcun modo far riferimento alle ragioni per le quali tali
principi dovrebbero trovare applicazione anche con riferimento
all’art. 6, comma 5, della legge provinciale impugnata.
In particolare, il ricorrente non si preoccupa di distinguere le
diverse forme di servizio volontario che, anche prescindendo dal
servizio civile nazionale, sono disciplinate dall’art. 3, comma 1,
lettere a), b) e c): vale a dire il servizio civile provinciale
volontario, il servizio sociale volontario e il servizio estivo
volontario. La motivazione del ricorso, dunque, si rivela del tutto
insufficiente in quanto non vi e’ alcun riferimento alle diverse
ipotesi regolamentate dalla legge che, invece, sono tutte
implicitamente riportate dal ricorrente al volontariato di cui alla
legge n. 266 del 1991.
4.- La questione di costituzionalita’ dell’art. 3, comma 1,
lettera a), della legge n. 19 del 2012 della Provincia autonoma di
Bolzano e’ fondata.
L’art. 3, comma 1, lettera a), della legge provinciale prevede
che anche il servizio civile nazionale di cui alla legge n. 64 del
2001, al pari del servizio civile provinciale, realizzi le finalita’
indicate nell’art. 1.
Tale ultima disposizione, al comma 1, prevede che la Provincia
autonoma di Bolzano contribuisce, ai sensi dell’art. 2 Cost., «alla
valorizzazione dei servizi volontari nonche’ alla promozione delle
forme peculiari dell’impegno civile della popolazione provinciale,
avvalendosi, per il raggiungimento di questo fine, delle risorse
della societa’ civile e del volontariato, nonche’ dei propri servizi
in campo sociale, sanitario, culturale, ambientale, educativo e del
tempo libero».
Nel comma 2, precisa che i servizi volontari sono finalizzati a:
«a) valorizzare la cittadinanza attiva, assicurando la partecipazione
delle cittadine e dei cittadini alla societa’ tramite l’accesso ai
servizi volontari senza distinzione di eta’, sesso e di appartenenza
culturale o religiosa; b) offrire ai giovani sia nell’espletamento
del servizio civile volontario che dei servizi volontari estivi,
l’opportunita’ di rafforzare la loro coscienza sociale e di maturare
esperienze e conoscenze utili ad orientarli nei loro percorsi
personali e lavorativi, nonche’ a rafforzare il loro senso di
responsabilita’ per il bene comune della nostra societa’; c) offrire
alle persone adulte di ogni eta’ le condizioni per mettere a
disposizione della comunita’ le competenze acquisite e le esperienze
maturate in cambio di benefici e crediti; d) promuovere attraverso i
servizi volontari progetti ed iniziative finalizzati a soddisfare le
necessita’ e le esigenze della collettivita’, con particolare
riguardo alle fasce piu’ deboli e svantaggiate della societa’; e)
incentivare settori e azioni innovative quali la cultura della pace e
della solidarieta’ nonche’ forme alternative di interventi non
violenti da promuovere in situazioni di crisi; f) promuovere lo
sviluppo sostenibile della societa’ sia a livello provinciale che
globale».
Il Presidente del Consiglio sostiene, innanzitutto, che la
disciplina del servizio civile nazionale (richiamata dalla legge
provinciale censurata) rientri nella nozione di difesa ai sensi
dell’art. 52 Cost. e che, pertanto, essa sia ascrivibile alla
competenza esclusiva statale di cui all’art. 117, secondo comma,
lettera d), Cost. conformemente a quanto gia’ precisato dalla
giurisprudenza di questa Corte (sentenze n. 531 del 2005, n. 229 e n.
228 del 2004). Afferma, altresi’, che l’art. 52 Cost., il quale
configura la difesa della Patria come sacro dovere del cittadino, ha
una estensione piu’ ampia dell’obbligo di prestare servizio militare.
Ricorda, infatti, che questa Corte ha gia’ precisato che il servizio
militare ha una sua autonomia concettuale e istituzionale rispetto al
dovere di cui all’art. 52, primo comma, Cost., che puo’ essere
adempiuto anche attraverso adeguate attivita’ di impegno sociale non
armato.
La suddetta ricostruzione e’ da condividere, infatti il titolo
costituzionale di legittimazione dell’intervento statale e’ da
individuare nell’art. 117, secondo comma, lettera d), Cost., che
riserva alla legislazione esclusiva dello Stato non solo la materia
«forze armate» ma anche la «difesa» e, come afferma la delibera del
Consiglio dei ministri che ha disposto l’impugnativa in questione, la
«sicurezza dello Stato». Tali parametri costituzionali debbono essere
letti alla luce delle evoluzioni normative e giurisprudenziali che
gia’ avevano consentito di ritenere che esse non si limitassero a
dare copertura solo ad attivita’ finalizzate a contrastare o
prevenire una aggressione esterna, potendo comprendere anche
attivita’ di impegno sociale non armato (sentenza n. 164 del 1985).
Nella sentenza da ultimo citata, nella quale si affrontava la
questione della legittimita’ costituzionale della legge 15 dicembre
1972, n. 772 (Norme per il riconoscimento dell’obiezione di
coscienza), questa Corte ha sottolineato che vi e’ una profonda e
sostanziale differenza tra il primo ed il secondo comma dell’art. 52
Cost. «il che impone di tenere distinte le rispettive sfere di
applicazione. In particolare, mentre il dovere di difesa e’
inderogabile, nel senso che nessuna legge potrebbe farlo venir meno,
il servizio militare e’ obbligatorio "nei modi e nei limiti stabiliti
dalla legge", purche’, ovviamente, "non siano violati altri precetti
costituzionali"».
In nulla le conclusioni cui perviene la suddetta sentenza sono
modificate dal dato normativo rappresentato dalle leggi che hanno
disposto la sospensione anticipata del servizio obbligatorio di leva
(vale a dire la legge 14 novembre 2000, n. 331, recante «Norme per
l’istituzione del servizio militare professionale», e la successiva
legge 23 agosto 2004, n. 226, recante «Sospensione anticipata del
servizio obbligatorio di leva e disciplina dei volontari di truppa in
ferma prefissata, nonche’ delega al Governo per il conseguente
coordinamento con la normativa di settore»). Si potrebbe anzi
affermare che detta sentenza ne sia stata la fonte ispiratrice, dato
che, fermi restando i doveri di cui al primo comma e le previsioni
legislative che in modo specifico vengono a configurarli, con le
citate leggi il legislatore ha ritenuto di sospendere lo specifico
obbligo del servizio militare di leva dato che per esso il secondo
comma dell’art. 52 Cost. demandava, come si precisava nella citata
decisione, alla legge ordinaria la delimitazione dei modi e dei
limiti di effettuazione.
Quanto si e’ innanzi osservato non modifica, quindi, le
conclusioni cui la giurisprudenza costituzionale e’ pervenuta per
quanto riguarda i campi di azione che in questa materia vengono ad
avere le Regioni e le Province autonome. Esse hanno precisi spazi in
cui possono svolgere attivita’ sia nell’ambito del servizio civile
nazionale, sia in settori da esso differenziati ma contigui.
Per cio’ che riguarda il primo aspetto, vi e’ da dire che la
riserva allo Stato della competenza a disciplinare il servizio civile
nazionale non comporta che ogni aspetto dell’attivita’ dei cittadini
che svolgono detto servizio ricada nella competenza statale. Il
legislatore, nel disciplinare il servizio civile nazionale, ha
allocato le funzioni amministrative tanto a livello centrale, presso
l’Ufficio nazionale per il servizio civile, quanto a livello
regionale (artt. 2, 4, 5 e 6 del d.lgs. n. 77 del 2002). Le Regioni,
dunque, sono direttamente coinvolte nella gestione del servizio
civile nazionale (sentenza n. 58 del 2007), fermo restando che non
possono incidere sugli aspetti organizzativi e procedurali del
servizio (sentenza n. 228 del 2004), ne’ possono rovesciare il
rapporto logico-giuridico che esiste tra le due legislazioni,
imponendo esse prescrizioni al legislatore statale.
Per cio’ che riguarda il secondo aspetto, vi e’ da precisare che
la riconduzione alla competenza legislativa esclusiva statale di cui
all’art. 117, secondo comma, lettera d), Cost. del servizio civile
nazionale, non preclude alle Regioni ed alle Province autonome la
possibilita’ di istituire e disciplinare, nell’autonomo esercizio
della propria competenza legislativa, un proprio servizio civile
regionale o provinciale, distinto da quello nazionale, che ha
peraltro natura sostanzialmente diversa dal servizio civile
nazionale, non essendo riconducibile al dovere di difesa (sentenze n.
58 del 2007 e n. 531 del 2005).
In applicazione dei principi sin qui richiamati, risulta evidente
che la disposizione censurata non ha ad oggetto ne’ la partecipazione
della Provincia autonoma all’attuazione del servizio civile nazionale
ne’ la sua competenza a istituire un proprio servizio civile
provinciale. Il legislatore provinciale detta inoltre disposizioni
che incidono sul servizio civile nazionale, assegnando ad esso le
finalita’ perseguite dalla legislazione provinciale e assimilandolo,
o meglio confondendolo, con il servizio civile provinciale.
Ne consegue che l’art. 3, comma 1, lettera a), della citata legge
provinciale, nella parte in cui prevede che le finalita’ indicate
nell’art. 1 possano essere realizzate anche tramite il servizio
civile nazionale di cui alla legge n. 64 del 2001, detta una
disciplina che si indirizza al servizio civile nazionale, pretendendo
di subordinarne il funzionamento alle decisioni legislative della
Provincia, in violazione degli artt. 52 e 117, secondo comma, lettera
d), Cost.
5.- L’accoglimento della prima questione implica, quale diretta
conseguenza, che le questioni ad essa strettamente collegate,
prospettate con riferimento all’art. 6, commi 5, 6 (esclusivamente
nella parte in cui si riferiscono al servizio civile nazionale) e 9,
sono fondate.
5.1- L’art. 6, comma 9, recita: «Se il servizio di cui
all’articolo 3, comma 1, lettera a), e’ svolto ai sensi della legge 6
marzo 2001, n. 64, ai volontari e alle volontarie spetta l’assegno
per il servizio civile di cui all’articolo 9, comma 2, del decreto
legislativo 5 aprile 2002, n. 77, comprese le eventuali indennita’.
Non spetta loro il rimborso spese di cui al comma 2».
Tale disposizione, pertanto, si riferisce esclusivamente
all’ipotesi in cui il servizio previsto dall’art. 3, comma 1, lettera
a), sia svolto dai volontari del servizio civile nazionale di cui
alla legge n. 64 del 2001.
Risulta evidente il nesso che lega le due disposizioni, in virtu’
del quale all’illegittimita’ dell’una consegue necessariamente
l’illegittimita’ dell’altra.
Ne consegue che per gli stessi motivi sopra indicati deve
ritenersi che la norma impugnata si ponga in contrasto con l’art.
117, secondo comma, lettera d), Cost.
5.2.- L’art. 6, comma 6, prevede che ai volontari e alle
volontarie di cui all’art. 3, comma 1, lettere a), b) e c), siano
garantite le assicurazioni obbligatorie per la copertura del rischio
infortuni e la responsabilita’ civile.
Il ricorrente lamenta nuovamente che il legislatore provinciale
abbia disciplinato anche un aspetto del servizio civile nazionale.
Per gli stessi motivi innanzi indicati deve essere dichiarata
l’illegittimita’ costituzionale del comma 6 dell’art. 6, nella parte
in cui si riferisce anche alle ipotesi in cui il servizio previsto
dall’art. 3, comma 1, lettera a), sia svolto dai volontari del
servizio civile nazionale di cui alla legge n. 64 del 2001.
Sono assorbiti gli altri profili di censura sollevati dal
ricorrente.
5.3.- Per le stesse considerazioni, la questione relativa
all’art. 6, comma 5, nella parte in cui si riferisce anche alle
ipotesi in cui il servizio previsto dall’art. 3, comma 1, lettera a),
sia svolto dai volontari del servizio civile nazionale di cui alla
legge n. 64 del 2001, e’ fondata.
6.- L’ultima questione riguarda l’art. 15, comma 1, lettera b),
della legge provinciale n. 19 del 2012, il quale sarebbe illegittimo
per contrasto con l’art. 3 Cost., nella parte in cui esclude che
possano prestare il servizio civile provinciale gli stranieri
regolarmente soggiornanti nel territorio dello Stato, ai quali invece
il testo unico sull’immigrazione (d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286,
recante «Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina
dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero»)
garantirebbe parita’ di trattamento.
La questione e’ fondata.
Preliminarmente, si deve precisare che e’ priva di pregio
l’argomentazione difensiva della Provincia secondo cui la limitazione
sarebbe giustificata in quanto, per stessa ammissione della
Presidenza del Consiglio dei ministri, anche il servizio civile
nazionale e’ riservato ai soli cittadini.
La norma in esame, infatti, non disciplina il servizio civile
volontario provinciale ma si riferisce esclusivamente alla diversa
ipotesi del servizio sociale volontario provinciale definito
dall’art. 3, comma 1, lettera b), come «il servizio […] svolto da
persone adulte a partire dall’eta’ di 29 anni, per una durata massima
di 32 mesi, presso organizzazioni ed enti di diritto pubblico e
privato, grazie al quale i volontari e le volontarie conseguono i
crediti e i benefici di cui all’articolo 6, commi 1, 2, 5 e 6».
Fatta questa precisazione, e’ irragionevole subordinare la
possibilita’ di accedere al servizio sociale volontario al possesso
della cittadinanza italiana o di altro stato dell’Unione europea, in
quanto si tratta di prestazioni personali effettuate spontaneamente a
favore di altri individui o della collettivita’.
Tali prestazioni rappresentano la piu’ diretta realizzazione del
principio di solidarieta’ sociale, per il quale la persona e’
chiamata ad agire non per calcolo utilitaristico o per imposizione di
un’autorita’, e la partecipazione a tale forme di solidarieta’ deve
essere ricompresa tra i valori fondanti dell’ordinamento giuridico,
riconosciuti, insieme ai diritti inviolabili dell’uomo, come base
della convivenza sociale normativamente prefigurata dal Costituente.
Ne consegue che deve essere riconosciuta anche agli stranieri
regolarmente soggiornanti nel territorio italiano la possibilita’ di
partecipare al servizio sociale volontario, quale espressione del
principio solidaristico di cui si e’ detto. Inoltre dette ragioni
valgono, in questo caso, anche a rafforzare quelle esigenze di
integrazione nella comunita’ e di pieno sviluppo della persona che
devono essere assicurate dalla legislazione in materia di trattamento
dello straniero regolarmente soggiornante nel territorio dello Stato.
Infatti al legislatore e’ consentito dettare norme, non
palesemente irragionevoli, che regolino l’ingresso e la permanenza di
extracomunitari in Italia, ma una volta che il diritto a soggiornare
non sia in discussione, non si possono discriminare gli stranieri
stabilendo nei loro confronti particolari limitazioni ne’ per il
godimento dei diritti fondamentali della persona (sentenza n. 306 del
2008), ne’ nell’esercizio dei doveri di solidarieta’ previsti dalla
Costituzione.

per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara l’illegittimita’ costituzionale dell’art. 3, comma 1,
lettera a), della legge della Provincia autonoma di Bolzano 19
novembre 2012, n. 19 (Disposizioni per la valorizzazione dei servizi
volontari in Provincia di Bolzano e modifiche di leggi provinciali in
materia di attivita’ di cooperazione allo sviluppo e personale),
limitatamente alle parole: «nonche’ tramite il servizio civile
nazionale volontario di cui alla legge 6 marzo 2001, n. 64»;
2) dichiara l’illegittimita’ costituzionale dell’art. 6, comma 9,
della legge della Provincia autonoma di Bolzano n. 19 del 2012;
3) dichiara l’illegittimita’ costituzionale dell’art. 6, commi 5
e 6, della legge della Provincia autonoma di Bolzano n. 19 del 2012,
limitatamente alla parte in cui i suddetti commi si riferiscono anche
all’ipotesi in cui il servizio previsto dall’art. 3, comma 1, lettera
a), sia svolto dai volontari del servizio civile nazionale di cui
alla legge 6 marzo 2001, n. 64;
4) dichiara l’illegittimita’ costituzionale dell’art. 15, comma
1, lettera b), della legge della Provincia autonoma di Bolzano n. 19
del 2012, nella parte in cui esclude i cittadini stranieri
regolarmente soggiornanti nello Stato italiano dalla possibilita’ di
prestare servizio sociale volontario;
5) dichiara inammissibile la questione di legittimita’
costituzionale dell’intero art. 6, comma 5, della legge della
Provincia autonoma di Bolzano n. 19 del 2012, sollevata, in
riferimento agli artt. 2, 3 e 117, secondo comma, lettera l), della
Costituzione, dal Presidente del Consiglio con il ricorso in
epigrafe.

Cosi’ deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 10 dicembre 2013.

F.to:
Gaetano SILVESTRI, Presidente
Paolo Maria NAPOLITANO, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 17 dicembre 2013.

Il Direttore della Cancelleria
F.to: Gabriella MELATTI
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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