Corte Costituzionale sentenza n. 312 SENTENZA 10 – 17 dicembre 2013

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

SENTENZA

nel giudizio di legittimita’ costituzionale degli artt. 25, comma
5, 28, comma 1, e 38, comma 2, della legge della Regione Marche 27
novembre 2012, n. 37 (Assestamento del bilancio 2012), promosso dal
Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 31
gennaio-4 febbraio 2013, depositato in cancelleria il 5 febbraio 2013
ed iscritto al n. 14 del registro ricorsi 2013.
Visto l’atto di costituzione della Regione Marche;
udito nell’udienza pubblica del 5 novembre 2013 il Giudice
relatore Sergio Mattarella;
uditi l’avvocato dello Stato Maria Gabriella Mangia per il
Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Stefano Grassi per
la Regione Marche.

Ritenuto in fatto

1.- Con ricorso notificato a mezzo del servizio postale – spedito
il 31 gennaio 2013 e ricevuto il 4 febbraio 2013 – e depositato il 5
febbraio 2013, il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha
promosso questioni principali di legittimita’ costituzionale degli
artt. 25, comma 5, 28, comma 1, e 38, comma 2, della legge della
Regione Marche 27 novembre 2012, n. 37 (Assestamento del bilancio
2012), pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Marche 3
dicembre 2012, n. 115, supplemento n. 5, per violazione degli artt.
3, 81, quarto comma, 97, 117, terzo comma, e 120 della Costituzione.
1.1.- Il censurato comma 5 dell’art. 25 della legge reg. Marche
n. 37 del 2012 stabiliva che: «L’efficacia delle graduatorie dei
concorsi pubblici di assistente amministrativo categoria C, banditi
dall’ASUR e pubblicati nel bollettino ufficiale della Regione Marche
n. 59 del 18 giugno 2009, e’ prorogata fino al 31 dicembre 2015».
Il ricorrente deduce che il comma censurato si pone in contrasto
con l’art. 1, comma 388, e con la Tabella 2, punto 24, della legge 24
dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilita’ 2013), i
quali fissano al 30 giugno 2013 il termine di cui all’art. 1, comma
4, del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216 (Proroga di termini
previsti da disposizioni legislative), convertito, con modificazioni,
dall’art. 1, comma 1, della legge 24 febbraio 2012, n. 14, cioe’ il
termine di efficacia delle «graduatorie dei concorsi pubblici per
assunzioni a tempo indeterminato, relative alle amministrazioni
pubbliche soggette a limitazioni delle assunzioni, approvate
successivamente al 30 settembre 2003».
Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, «pertanto», il
comma impugnato, col prevedere un termine di efficacia delle
graduatorie in esso menzionate «diverso e piu’ lungo rispetto alla
normativa statale di riferimento per tutte le Pubbliche
amministrazioni, viola i principi di uguaglianza, imparzialita’ e
buon andamento di cui agli articoli 3 e 97 della Costituzione,
nonche’ i principi stabiliti dall’articolo 117, terzo comma della
Costituzione, nell’ottica del coordinamento della finanza pubblica,
cui la Regione, pur nel rispetto della sua autonomia, non puo’
derogare».
1.2.- Il comma 1 dell’art. 28 della legge reg. Marche n. 37 del
2012 dispone l’aggiunta, dopo il comma 1 dell’art. 14 della legge
della Regione Marche 15 ottobre 2001, n. 20 (Norme in materia di
organizzazione e di personale della Regione) – articolo che e’
dedicato alla «Scuola regionale di formazione della pubblica
amministrazione» – di un comma 1-bis, a norma del quale: «Per
assicurare le attivita’ di programmazione regionale ed il loro
raccordo con quelle dello Stato e delle altre pubbliche
amministrazioni nonche’ con quelle dell’Unione europea, puo’
partecipare alle attivita’ di aggiornamento e di riqualificazione del
personale regionale anche il personale di soggetti diversi dalle
pubbliche amministrazioni».
Ad avviso del ricorrente, tale disposizione, prevedendo la
possibilita’ che il personale di soggetti diversi dalle pubbliche
amministrazioni partecipi alle attivita’ della Scuola, si porrebbe in
contrasto con: a) l’art. 81, quarto comma, Cost., «perche’ introduce
oneri a carico della finanza pubblica senza la previsione dei mezzi
finanziari per far fronte alla spesa prevista»; b) gli artt. 3 e 97
Cost., «perche’ viola i principi, contenuti in tali norme, di
uguaglianza, imparzialita’ e buon andamento»; c) l’art. 117, terzo
comma, Cost., «perche’ viola il principio, contenuto in tale norma,
del coordinamento della finanza pubblica, in forza del quale la
Regione, pur nel rispetto della sua autonomia, non puo’ apportare
deroghe alla previsione delle leggi statali».
1.3.- La terza disposizione impugnata, l’art. 38, comma 2, della
legge reg. Marche n. 37 del 2012, dispone l’aggiunta, dopo il comma 3
dell’art. 35 della legge della Regione Marche 28 luglio 2009, n. 18
(Assestamento del bilancio 2009), oltre che di un comma 3-bis, di un
comma 3-ter, a norma del quale: «Le plusvalenze derivanti dalle
alienazioni successive al 1° gennaio 2012 e le somme derivanti
dall’alienazione di altri beni immobili rispetto a quelli indicati al
comma 1 [cioe’ a quelli di cui all’art. 28 della legge della Regione
Marche 24 dicembre 2008, n. 37 (Disposizioni per la formazione del
Bilancio annuale 2009 e pluriennale 2009/2011 della Regione – Legge
finanziaria 2009) che aveva autorizzato l’alienazione di alcuni beni
immobili delle strutture sanitarie regionali], non costituiscono un
debito verso l’Amministrazione regionale e sono utilizzate dagli Enti
del SSR previa autorizzazione della Giunta regionale».
Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, tale norma,
escludendo che le plusvalenze in essa indicate costituiscano un
debito nei confronti dell’amministrazione regionale e disponendo che
le stesse siano utilizzate dagli enti del Servizio sanitario
regionale, si porrebbe in contrasto con l’art. 29, comma 1, lettera
c), del d.lgs. 23 giugno 2011, n. 118 (Disposizioni in materia di
armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle
Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli
articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42), «il quale
stabilisce che le disponibilita’ generate dalle dismissioni di
immobilizzazioni degli enti del servizio sanitario nazionale devono
essere destinate al finanziamento di nuovi investimenti, costituendo
una riserva del patrimonio netto fino a quando non si realizzi la
predetta finalizzazione».
Da cio’ conseguirebbe – sempre ad avviso del ricorrente – che la
disposizione impugnata, «in quanto determina detto contrasto», viola:
a) l’art. 117, terzo comma, Cost., atteso che le disposizioni del
citato art. 29, comma 1, lettera c), del d.lgs. n. 118 del 2011,
costituiscono, a norma dell’art. 19, comma 1, dello stesso decreto
legislativo, principi fondamentali di coordinamento della finanza
pubblica ai sensi di detto parametro costituzionale «e sono
finalizzate alla tutela dell’unita’ economica della Repubblica
italiana, a sensi dell’articolo 120, secondo comma, della
Costituzione»; b) l’art. 120 Cost., «il quale sancisce il principio
di unita’ economica del Paese».
2.- Si e’ costituita la Regione Marche, chiedendo che le
questioni promosse siano dichiarate inammissibili o comunque
infondate.
2.1.- Quanto all’impugnazione del comma 5 dell’art. 25 della
legge reg. Marche n. 37 del 2012, la Regione resistente, premesso che
l’art. 1, comma 388, e la Tabella 2, punto 24, della legge n. 228 del
2012, invocati nel ricorso quale parametro interposto, sono
sopravvenuti a distanza di quasi un mese dall’entrata in vigore della
disposizione impugnata, deduce che sarebbe «tutt’altro che pacifico,
nel silenzio della giurisprudenza di questa Corte», che lo Stato
possa impugnare in via principale leggi regionali per contrasto con
disposizioni legislative statali, che si pretendano costituire
principi fondamentali in materie di competenza legislativa
concorrente, sopravvenute durante la pendenza del termine di
impugnazione. E cio’ – sempre secondo la Regione Marche – «a tacer
d’altro, quanto meno in considerazione della perdurante vigenza»
dell’art. 10, primo comma, della legge 10 febbraio 1953, n. 62
(Costituzione e funzionamento degli organi regionali), a norma del
quale «Le leggi della Repubblica che modificano i principi
fondamentali di cui al primo comma dell’articolo precedente [cioe’ i
principi fondamentali delle materie di cui all’art. 117 della
Costituzione, nel testo allora vigente] abrogano le norme regionali
che siano in contrasto con esse».
Le questioni di legittimita’ dell’art. 25, comma 5, della legge
reg. Marche n. 37 del 2012 – prosegue la Regione resistente –
sarebbero «in ogni caso […] inammissibili per altri e diversi
profili» e, in particolare, per la genericita’ delle censure avanzate
dal ricorrente.
A proposito di quelle promosse in riferimento agli artt. 3 e 97
Cost., la resistente evidenzia che il ricorso motiva le stesse
esclusivamente in ragione del fatto che la disposizione regionale
impugnata prevede un termine di efficacia delle graduatorie in essa
indicate «diverso e piu’ lungo rispetto alla normativa statale di
riferimento per tutte le Pubbliche amministrazioni», senza che il
ricorrente spenda parola per spiegare ne’ perche’, nella materia in
considerazione, il principio di uguaglianza, anziche’ essere
declinato in base al consueto canone che impone il trattamento uguale
di situazioni uguali e un trattamento ragionevolmente differenziato
di situazioni diverse, imponga invece l’identico trattamento di tutte
le graduatorie dei concorsi pubblici attualmente esistenti, «a
prescindere dalle diverse situazioni, contesti territoriali e
professionali, tipologie di personale, cui esse si riferiscano», ne’
perche’ la previsione, da parte dell’impugnata norma regionale, di
detto diverso e piu’ lungo temine di efficacia delle graduatorie
violi di per se’ il principio di imparzialita’ e buon andamento della
pubblica amministrazione. La generica affermazione del ricorso
secondo cui la previsione di un termine di efficacia delle
graduatorie diverso e piu’ lungo rispetto a quello previsto in
generale dalla legislazione statale basterebbe a integrare la
violazione dei principi di uguaglianza, di imparzialita’ e di buon
andamento della pubblica amministrazione, oltre a essere una
«petizione di principio», inidonea a sostenere l’impugnazione,
costituirebbe anche – sempre secondo la Regione Marche – un «assurdo
logico» perche’ impedirebbe «in radice a qualunque legislatore
regionale» di introdurre discipline differenziate rispetto alla
normativa nazionale.
Quanto all’inammissibilita’ della questione promossa in
riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost., la Regione Marche
sottolinea come il ricorrente lamenti che la previsione, da parte
della disposizione regionale impugnata, di un termine di efficacia
delle graduatorie in essa indicate «diverso e piu’ lungo rispetto
alla normativa statale di riferimento per tutte le Pubbliche
amministrazioni» violerebbe «i principi stabiliti dall’articolo 117
terzo comma della Costituzione, nell’ottica del coordinamento della
finanza pubblica». Cio’ premesso, la parte resistente deduce che il
Presidente del Consiglio dei ministri avrebbe promosso detta censura
«erroneamente e lacunosamente» in quanto: a) «non ha correttamente
individuato il parametro costituzionale asseritamente violato»,
atteso che l’art. 117, terzo comma, Cost., non «stabilisce» alcun
principio «nell’ottica» del coordinamento della finanza pubblica ma
contempla delle materie di legislazione concorrente, tra cui il
«coordinamento della finanza pubblica», con riguardo alle quali al
legislatore statale e’ riservata la determinazione dei principi
fondamentali; b) non ha ne’ affermato ne’, tanto meno, argomentato la
riconducibilita’ delle norme statali invocate quale parametro
interposto alla materia del «coordinamento della finanza pubblica»;
c) non ha spiegato «per quale ragione e con quale portata» dette
norme statali dovrebbero costituire un principio fondamentale di
coordinamento della finanza pubblica.
Nel merito, le questioni di legittimita’ dell’art. 25, comma 5,
della legge reg. Marche n. 37 del 2012 sarebbero comunque infondate.
In proposito, la parte resistente deduce che, anche a volere
accogliere la prospettiva che il ricorrente sembra, pur con gli
evidenziati deficit motivazionali, fare propria – quella cioe’
secondo cui l’art. 1, comma 388, e la Tabella 2, punto 24, della
legge n. 228 del 2012 costituirebbero un principio fondamentale della
materia «coordinamento della finanza pubblica» – la norma censurata
non solo non si porrebbe in contrasto con detto principio ma ne
costituirebbe «coerente e piu’ intensa attuazione». Secondo la
Regione Marche, infatti, la ratio di detto principio sarebbe
costituita dal risparmio di spesa che l’utilizzazione delle
graduatorie di concorsi gia’ espletati consente di conseguire a
fronte del dispendio di tempo e di risorse che sarebbe invece
richiesto per l’espletamento di nuove procedure concorsuali. Poiche’
detto principio fondamentale vincolerebbe le Regioni, appunto, come
principio e non come regola di dettaglio – come avviene invece nei
confronti delle amministrazioni statali – ne deriverebbe che esso
dovrebbe essere considerato inderogabile nel senso del divieto per le
Regioni di introdurre norme che ne riducano la portata ma non
impedirebbe che le stesse Regioni, sviluppando e attuando piu’
intensamente il principio, stabiliscano termini di efficacia delle
graduatorie concorsuali esistenti piu’ lunghi di quelli previsti
dalla legge statale, conseguendo, cosi’, maggiori risparmi di spesa.
2.2.- Quanto alle questioni di legittimita’ dell’art. 28, comma
1, della legge reg. Marche n. 37 del 2012, esse sarebbero anzitutto
inammissibili.
Quelle promosse in riferimento agli artt. 3 e 97 Cost. sarebbero
inammissibili per l’assoluta genericita’ delle censure, atteso che il
ricorrente si e’ limitato a dedurre, in termini meramente assertivi e
apodittici, la violazione dei principi di uguaglianza, di
imparzialita’ e di buon andamento della pubblica amministrazione.
Parimenti inammissibile per genericita’ sarebbe anche la
questione promossa in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost.,
in relazione alla materia «coordinamento della finanza pubblica»,
atteso che il ricorrente ha omesso di indicare la norma di legge
statale che stabilisce il principio fondamentale di detta materia che
sarebbe, nella specie, violato.
Quanto all’inammissibilita’ della censura promossa in riferimento
all’art. 81, quarto comma, Cost., la Regione Marche premette che tale
disposizione costituzionale «non puo’ essere scissa» da quella del
terzo comma dello stesso art. 81 Cost. e che solo dal combinato
disposto di dette due disposizioni e’ possibile ricavare «nel suo
significato piu’ corretto, il principio costituzionale» secondo cui
se una legge comporta costi per la sua attuazione, tali oneri devono
trovare adeguata copertura, alternativamente, o nella legge annuale
di approvazione del bilancio preventivo, oppure – quando si tratti di
spese nuove o maggiori rispetto a quelle che hanno trovato copertura
nel bilancio approvato – «in altre fonti appositamente ed
espressamente individuate». Tanto chiarito, la Regione resistente
afferma che la questione proposta e’ ipotetica in quanto sarebbe
stato onere del ricorrente dimostrare sia che la norma impugnata
impone dei costi aggiuntivi per la sua attuazione sia che tali
aggravi di spesa non trovano copertura nelle vigenti leggi regionali
di approvazione del bilancio. Sotto tale secondo aspetto, la censura
sarebbe anche generica atteso che lo stesso ricorrente si e’ limitato
a lamentare che la norma impugnata non contempla «la previsione dei
mezzi finanziari per far fronte alla spesa prevista», lasciando
indimostrato il presupposto per l’applicazione dell’invocato art. 81,
quarto comma, Cost., cioe’ che detta norma impugnata importi nuove o
maggiori spese rispetto alle leggi di bilancio approvate.
Nel merito, la Regione Marche afferma anzitutto che l’assoluta
genericita’ delle questioni di legittimita’ promosse in riferimento
agli artt. 3, 97 e 117, terzo comma, Cost., rende impossibile opporsi
a ragioni di doglianza che dovrebbero essere addirittura da essa
stessa «ipotizzate».
Quanto alla questione promossa in riferimento all’art. 81, quarto
comma, Cost., la resistente sottolinea che la norma impugnata si e’
limitata a prevedere, come risulta dal suo tenore letterale, la mera
possibilita’ che personale di soggetti diversi dalle pubbliche
amministrazioni partecipi alle attivita’ formative della Scuola
regionale di formazione della pubblica amministrazione, con il fine
di consentire che soggetti privati interessati a dette attivita’ –
quali gestori di pubblici servizi, centri accreditati per lo
svolgimento di servizi sanitari pubblici, associazioni di categoria,
centri di educazione ambientale, ambiti territoriali locali,
associazioni ambientaliste ed altri – possano fruire dei corsi gia’
previsti dal programma e offerti al personale delle pubbliche
amministrazioni. Che la norma impugnata non introduca nuovi oneri a
carico della finanza pubblica sarebbe dunque chiaro – sempre ad
avviso della Regione Marche – per le seguenti due ragioni: a) perche’
non e’ tale norma a disporre la partecipazione alle attivita’ di
formazione della Scuola di soggetti estranei alle pubbliche
amministrazioni, limitandosi essa a consentire che tale
partecipazione sia disposta, caso per caso, dalla Scuola stessa; b)
perche’ detta partecipazione di soggetti ulteriori a corsi o
attivita’ che gia’ vengono svolti per il personale delle pubbliche
amministrazioni non e’ in grado di comportare nuovi o maggiori oneri
per la spesa pubblica.
2.3.- La Regione Marche deduce, infine, l’infondatezza delle
questioni di legittimita’ dell’art. 38, comma 2, della legge reg.
Marche n. 37 del 2012, in quanto non sarebbe ravvisabile alcun
contrasto tra la norma regionale impugnata e quella statale invocata
quale parametro interposto.
La parte resistente osserva anzitutto che con la norma impugnata
il legislatore regionale ha stabilito che alcune somme derivanti
dall’alienazione di beni immobili del Servizio sanitario regionale,
da un lato, non costituiscono un debito verso l’amministrazione
regionale, dall’altro, possono essere utilizzate dagli enti di detto
Servizio sanitario regionale previa autorizzazione della Giunta
regionale. La ratio di tale disposizione si comprenderebbe alla luce
del comma 2 dell’art. 35 della legge reg. Marche n. 18 del 2009 il
quale stabilisce, in via generale, che «Il ricavato dell’alienazione
[dei beni immobili di cui al comma 1 dello stesso art. 35] e’
destinato alla copertura del fondo regionale per il finanziamento del
servizio sanitario regionale e costituisce debito verso
l’Amministrazione regionale».
Tanto precisato in ordine alla portata della norma impugnata, la
difesa della Regione Marche afferma che essa non presenta difformita’
rispetto alla legislazione statale, nell’ambito della quale non e’
rinvenibile alcuna disposizione che imponga di configurare i proventi
dell’alienazione di beni immobili degli enti del Servizio sanitario
regionale quale debito verso l’amministrazione regionale o che
imponga un generale divieto di utilizzazione di tali risorse.
Nessun contrasto sarebbe in particolare ravvisabile tra la norma
impugnata e l’art. 29, comma 1, lettera c), del d.lgs. n. 118 del
2011, che il ricorrente invoca quale parametro interposto. Infatti,
premesso che detta norma statale individua «le modalita’ di
rappresentazione» di alcune poste di bilancio «Al fine di soddisfare
il principio generale di chiarezza e di rappresentazione veritiera e
corretta, nonche’ di garantire l’omogeneita’, la confrontabilita’ ed
il consolidamento dei bilanci dei servizi sanitari regionali» (art.
29, comma 1), la Regione Marche, dopo averne riportato il contenuto,
per la parte di esso che rileverebbe nel caso di specie – e cioe’ la’
dove la citata lettera c) dispone che «Nel caso di cessione di beni
acquisiti tramite contributi in conto capitale con generazione di
plusvalenza, la plusvalenza viene direttamente iscritta in una
riserva del patrimonio netto, senza influenzare il risultato
economico dell’esercizio. La quota di contributo residua resta
iscritta nell’apposita voce di patrimonio netto ed e’ utilizzata,
unitamente alla riserva derivante dalla plusvalenza, per sterilizzare
l’ammortamento dei beni acquisiti con le disponibilita’ generate
dalla dismissione» – afferma che l’esclusione delle somme indicate
nella norma regionale impugnata dalla qualificazione quale debito
verso l’amministrazione regionale e la possibilita’, prevista dalla
stessa norma, della loro utilizzazione previa autorizzazione della
Giunta regionale non sarebbero in grado di incidere, neppure
potenzialmente, sulla piena e sicura applicazione dell’art. 29, comma
1, lettera c), del d.lgs. n. 118 del 2011.
3.- Con memoria depositata in data 15 ottobre 2013, la Regione
Marche ha ribadito gli argomenti e le conclusioni gia’
precedentemente rassegnati nell’atto di costituzione in giudizio in
punto di inammissibilita’ e, comunque, di infondatezza di ciascuna
delle tre questioni di legittimita’ costituzionale promosse dal
Presidente del Consiglio dei ministri.
La difesa regionale ha poi osservato che, nelle more del
giudizio, il quadro normativo in cui dette questioni si inseriscono
e’ in gran parte mutato.
Con riguardo a quelle aventi a oggetto il comma 5 dell’art. 25
della legge reg. Marche n. 37 del 2012, la parte resistente fa
presente che, successivamente alla proposizione del ricorso: a) detto
comma 5 e’ stato espressamente abrogato dall’art. 3, comma 1, della
legge della Regione Marche 2 agosto 2013, n. 26 (Disposizioni per gli
Enti del Servizio Sanitario Regionale), con effetto dal 23 agosto
2013, data dell’entrata in vigore di tale legge, il giorno successivo
a quello della sua pubblicazione (art. 4, comma 1, della legge reg.
Marche n. 26 del 2013); b) il termine di efficacia delle graduatorie
concorsuali del 30 giugno 2013 previsto dalla norma statale invocata
a parametro interposto e’ stato prorogato al 31 dicembre 2013
dall’art. 1, comma 1, lettera c), del decreto del Presidente del
Consiglio dei ministri 19 giugno 2013 (Proroga dei termini di
scadenza e dei regimi giuridici, adottato in attuazione dell’articolo
1, comma 394, della legge 24 dicembre 2012, n. 228). Secondo la
Regione Marche, tali sopravvenienze normative realizzerebbero le
condizioni che, in base alla consolidata giurisprudenza della Corte
costituzionale, comportano la cessazione della materia del
contendere. Infatti, da un lato, e’ stata rimossa dall’ordinamento la
disposizione regionale censurata con effetto dal 23 agosto 2013;
dall’altro, per il periodo intercorrente tra il 1° luglio 2013 (primo
giorno successivo al termine originario fissato dalla norma
interposta invocata dal ricorrente) e il 22 agosto 2013 (giorno
precedente alla decorrenza dell’indicato effetto abrogativo) si
potrebbe senz’altro assumere che la disciplina regionale impugnata
non ha trovato applicazione o, comunque, non ha potuto avere alcuna
applicazione incostituzionale, dal momento che a far data dal 1°
luglio 2013 deve considerarsi a tutti gli effetti applicabile il
nuovo termine prorogato dal legislatore statale al 31 dicembre 2013.
Quanto alle questioni di legittimita’ dell’art. 38, comma 2,
della legge reg. Marche n. 37 del 2012, nella parte in cui aggiunge,
nell’art. 35 della legge reg. Marche n. 18 del 2009, un nuovo comma
3-ter, la difesa regionale rileva che tale comma e’ stato
integralmente sostituito dall’art. 2, comma 1, della legge della
Regione Marche 10 maggio 2013, n. 10 (Disposizioni di semplificazione
e adeguamento della normativa regionale) con il seguente: «Le
plusvalenze derivanti dalle alienazioni di beni immobili di cui al
comma 1 successive al 1° gennaio 2012 e le somme derivanti
dall’alienazione di altri beni immobili rispetto a quelli indicati
allo stesso comma 1 devono essere destinate al finanziamento di
investimenti e costituiscono, fino alla stessa finalizzazione, una
riserva del patrimonio netto, ai sensi del comma 1 dell’articolo 29
del D.Lgs. 118/2011». Secondo la parte resistente, tale disposizione
riproduce letteralmente il contenuto della norma statale invocata
quale parametro interposto e risulterebbe, percio’, integralmente
satisfattiva delle ragioni del ricorrente. La stessa novella avrebbe
inoltre – sempre secondo la Regione resistente – efficacia
sostanzialmente, pur se non formalmente retroattiva, «in
considerazione della natura inequivocabilmente contabile della
disciplina in questione, la quale si rivolge agli enti sanitari
regionali di cui al menzionato art. 35 della legge reg. n. 18 del
2009, imponendo loro di redigere i propri bilanci in conformita’ alle
regole ivi dettate, anche attraverso l’adozione degli eventuali
provvedimenti di variazione che si rendessero necessari per
assicurare – allo stato attuale – quella conformita’». Anche in
questo caso sussisterebbero, quindi, le condizioni per una
dichiarazione di cessazione della materia del contendere.
Quanto alle questioni di legittimita’ dell’art. 28, comma 1,
della legge reg. Marche n. 37 del 2012, la difesa regionale ha
ribadito gli argomenti gia’ addotti nell’atto di costituzione in
giudizio, sia in punto di inammissibilita’ delle censure mosse in
riferimento agli artt. 3, 97 e 117, terzo comma, Cost., sia in punto
di infondatezza della questione promossa in riferimento all’art. 81,
quarto comma, Cost., in quanto il ricorrente muoverebbe dall’errato
presupposto secondo cui l’impugnata disposizione regionale
introdurrebbe «oneri a carico della finanza pubblica».
La Regione Marche conclude chiedendo che, fatta salva l’eventuale
parziale dichiarazione di cessazione della materia del contendere, le
questioni promosse siano dichiarate inammissibili o, comunque,
infondate.
4.- Il 23 ottobre 2013, l’Avvocatura generale dello Stato ha
depositato atto di rinuncia parziale al ricorso con riguardo
all’impugnazione dell’art. 38, comma 2, della legge reg. Marche n. 37
del 2012, unitamente all’estratto della deliberazione del Consiglio
dei ministri del 12 luglio 2013 con la quale detta rinuncia e’ stata
decisa, rilevando che, con l’art. 2, comma 1, della legge reg. Marche
n. 10 del 2013, la Regione Marche «si e’ adeguata ai rilievi
governativi».
Il 31 ottobre 2013, la stessa Avvocatura generale dello Stato ha
depositato atto di rinuncia parziale al ricorso anche con riguardo
all’impugnazione dell’art. 25, comma 5, della legge reg. Marche n. 37
del 2012, unitamente all’estratto della deliberazione del Consiglio
dei ministri del 29 ottobre 2013 con la quale detta rinuncia e’ stata
decisa, rilevando che l’art. 3, comma 1, della legge reg. Marche n.
26 del 2013, ha espressamente abrogato la disposizione impugnata con
effetto dal 23 agosto 2013 e che il citato d.P.C.m. 19 giugno 2013 ha
medio tempore prorogato al 31 dicembre 2013 il termine di efficacia
delle graduatorie concorsuali del 30 giugno 2013 previsto dall’art.
1, comma 388, e dalla Tabella 2, punto 24, della legge n. 228 del
2012.
5.- Nel corso dell’udienza pubblica del 5 novembre 2013, la
difesa della Regione Marche ha depositato copia della deliberazione
n. 1517 del 4 novembre 2013 con la quale la Giunta regionale della
Regione Marche ha accettato le suddette rinunce all’impugnazione
degli artt. 38, comma 2, e 25, comma 5, della legge reg. Marche n. 37
del 2012.

Considerato in diritto

1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso, in
riferimento agli artt. artt. 3, 81, quarto comma, 97, 117, terzo
comma, e 120 della Costituzione, questioni di legittimita’
costituzionale degli artt. 25, comma 5, 28, comma 1, e 38, comma 2,
della legge della Regione Marche 27 novembre 2012, n. 37
(Assestamento del bilancio 2012).
2.- Preliminarmente, va rilevato che, dopo la proposizione del
ricorso, il ricorrente ha depositato, il 23 e il 31 ottobre 2013,
atti di rinuncia all’impugnazione, rispettivamente, dell’art. 38,
comma 2, e dell’art. 25, comma 5, della legge reg. Marche n. 37 del
2012, e che dette rinunce sono state accettate dalla Regione Marche
il 4 novembre 2013. Con riguardo a tali questioni oggetto di rinuncia
deve, percio’, essere dichiarata l’estinzione del processo, ai sensi
dell’art. 23, comma 1, secondo periodo, delle norme integrative per i
giudizi davanti a questa Corte.
3.- Cosi’ delimitato l’oggetto del giudizio, si deve procedere
all’esame delle censure mosse nei confronti dell’art. 28, comma 1,
della legge reg. Marche n. 37 del 2012.
3.1.- Tale disposizione stabilisce l’aggiunta, dopo il comma 1
dell’art. 14 della legge della Regione Marche 15 ottobre 2001, n. 20
(Norme in materia di organizzazione e di personale della Regione)
-articolo che e’ dedicato alla «Scuola regionale di formazione della
pubblica amministrazione» – di un comma 1-bis, a norma del quale:
«Per assicurare le attivita’ di programmazione regionale ed il loro
raccordo con quelle dello Stato e delle altre pubbliche
amministrazioni nonche’ con quelle dell’Unione europea, puo’
partecipare alle attivita’ di aggiornamento e di riqualificazione del
personale regionale anche il personale di soggetti diversi dalle
pubbliche amministrazioni».
Ad avviso del ricorrente, la disposizione impugnata, prevedendo
la possibilita’ che il personale di soggetti diversi dalle pubbliche
amministrazioni partecipi alle attivita’ della Scuola, si porrebbe in
contrasto con: a) gli artt. 3 e 97 Cost., «perche’ viola i principi,
contenuti in tali norme, di uguaglianza, imparzialita’ e buon
andamento»; b) l’art. 117, terzo comma, Cost., «perche’ viola il
principio, contenuto in tale norma, del coordinamento della finanza
pubblica, in forza del quale la Regione, pur nel rispetto della sua
autonomia, non puo’ apportare deroghe alla previsione delle leggi
statali»; c) l’art. 81, quarto comma, Cost., «perche’ introduce oneri
a carico della finanza pubblica senza la previsione dei mezzi
finanziari per far fronte alla spesa prevista».
3.2.- La difesa della Regione Marche ha eccepito
l’inammissibilita’ di tutte le dette questioni per la genericita’
delle stesse.
Tali eccezioni sono fondate.
3.2.1.- Quanto alle censure promosse in riferimento agli artt. 3
e 97 Cost., il ricorrente non ha svolto alcuna argomentazione atta a
suffragare la violazione di tali parametri, con conseguente
inammissibilita’ delle questioni (ex plurimis, sentenze n. 114 del
2011, n. 186 del 2010, n. 145 del 2008).
3.2.2.- Parimenti inammissibile e’ la questione promossa in
riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost. Sul punto, infatti, il
ricorso, oltre ad omettere di esplicitare le ragioni della violazione
del parametro invocato, neppure lo identifica compiutamente, avendo
trascurato di indicare il principio fondamentale di coordinamento
della finanza pubblica che sarebbe violato dall’impugnata
disposizione di legge regionale (sulla necessita’, ai fini
dell’ammissibilita’ della questione, della specificazione della norma
interposta, ex plurimis, sentenze n. 105 del 2012, n. 227 del 2011,
n. 251 e n. 250 del 2009, n. 365 e n. 246 del 2006, n. 73 del 2004;
ordinanza n. 32 del 2011).
3.2.3.- Anche la censura di violazione dell’art. 81, quarto
comma, Cost., e’ inammissibile. Il ricorrente si e’ infatti limitato
ad affermare, in modo apodittico, il carattere di legge di spesa
dell’art. 28, comma 1, della legge reg. Marche n. 37 del 2012, senza
svolgere alcuna argomentazione sul perche’ tale disposizione ? che,
limitandosi a prevedere la partecipazione di soggetti ulteriori ad
attivita’ formative gia’ attualmente svolte (in favore del personale
regionale) dall’esistente Scuola regionale di formazione della
pubblica amministrazione, appare compatibile con l’invarianza della
spesa ? comporti oneri finanziari ulteriori rispetto a quelli gia’ in
precedenza previsti per il funzionamento della Scuola.
3.3.- In conclusione, tutte le questioni di legittimita’
costituzionale promosse nei confronti dell’art. 28, comma 1, della
legge reg. Marche n. 37 del 2012, devono ritenersi inammissibili per
genericita’.

per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara estinto il processo limitatamente alle questioni di
legittimita’ costituzionale degli artt. 25, comma 5, e 38, comma 2,
della legge della Regione Marche 27 novembre 2012, n. 37
(Assestamento del bilancio 2012), promosse dal Presidente del
Consiglio dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe;
2) dichiara inammissibili le questioni di legittimita’
costituzionale dell’art. 28, comma 1, della legge reg. Marche n. 37
del 2012, promosse, in riferimento agli artt. 3, 81, quarto comma, e
97 della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri, con
il ricorso indicato in epigrafe.

Cosi’ deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 10 dicembre 2013.

F.to:
Gaetano SILVESTRI, Presidente
Sergio MATTARELLA, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 17 dicembre 2013.

Il Direttore della Cancelleria
F.to: Gabriella MELATTI

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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