Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 02-02-2011) 13-07-2011, n. 27449

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. La Corte d’Appello di Caltanissetta, con sentenza 2/10/2008, confermava la decisione 11/2/2004 del Tribunale di Gela, che aveva dichiarato F.A. colpevole del reato di falsa testimonianza – perchè, deponendo come teste, in data 18/2/1999 e 11/3/1999, dinanzi al Tribunale di Gela nel procedimento penale a carico di B.A. e R.G., imputati di estorsione ed altro, aveva affermato falsamente di non avere assistito e di non essere intervenuto nel colloquio intercorso, nel marzo 1997, tra il nipote Ra.Nu., vittima dell’estorsione, e il predetto B. – e lo aveva condannato, in concorso delle circostanze attenuanti generiche, alla pena di un anno e mesi quattro di reclusione.

Il Giudice distrettuale riteneva che la falsità della testimonianza resa dal F. nell’ambito del procedimento penale innanzi citato era conclamata dalle palesi e ingiustificate contraddizioni tra quanto dal predetto e dal Ra. dichiarato, con dovizia di particolari, in sede di indagini e quanto dai medesimi riferito nel corso del dibattimento, conclusosi, alla luce delle complessive risultanze probatorie, con la condanna del B.; riteneva, inoltre, non invocabile la causa di non punibilità di cui all’art. 384 cod. pen., comma 1 non essendo emerso alcun elemento concretamente sintomatico di pressioni o minacce subite dal teste, sì da porto nella condizione necessitata "di salvare sè medesimo o un prossimo congiunto da un grave e inevitabile nocumento nella libertà o nell’onore". 2. Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, denunciando la violazione della legge penale ( art. 372 cod. pen.) in relazione alla ritenuta sussistenza sia dell’elemento oggettivo che di quello soggettivo del reato contestatogli, nonchè la violazione della legge penale e il vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento dell’invocata causa di non punibilità di cui all’art. 384 c.p., comma 1. 3. Il ricorso è inammissibile, perchè i motivi in esso articolati sono generici e comunque manifestamente infondati.

Sicuramente generica è la doglianza con la quale, nel contestare la materialità del reato, si sostiene, in maniera assertiva, che non sarebbe stato provato il contrasto tra quanto testimoniato dal F. e quanto costituiva oggetto del suo patrimonio conoscitivo.

Non si confronta il ricorrente con l’apparato argomentativo della sentenza impugnata, che, integrandosi con quella di primo grado espressamente richiamata, dimostra, sulla base di precise e univoche circostanze di fatto, il palese mendacio addebitato al F., il quale, contrariamente a quanto testimoniato, aveva presenziato alla richiesta estorsiva fatta dal B. al Ra. ed era pure intervenuto per ricondurre costoro alla calma, con l’effetto che la realtà dei fatti, in quanto direttamente percepita dal dichiarante, rientrava nel suo patrimonio conoscitivo.

Manifestamente infondata è la censura in ordine all’elemento soggettivo del reato. La falsa testimonianza è punita a titolo di dolo generico, è sufficiente cioè la coscienza e volontà di deporre in difformità dal vero, con l’effetto che è del tutto indifferente indagare in ordine al fine specifico avuto di mira dal falso teste.

Generica e manifestamente infondata è anche la doglianza con la quale il ricorrente lamenta il diniego dell’invocata causa di non punibilità. La sentenza in verifica sottolinea, al riguardo, l’assenza di qualunque dato di fatto indicativo di una effettiva situazione di necessità, riferibile ad un minacciato evento di danno, nella quale si sarebbe venuto a trovare il teste al momento della sua deposizione. Il ricorrente, al di là del generico riferimento all’asserita caratura criminale del B., imputato nel processo nel quale era stata resa la testimonianza incriminata, non offre alcun elemento idoneo a contrastare la conclusione alla quale perviene la sentenza di merito.

4. Alla declaratoria d’inammissibilità del ricorso, consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento alla cassa delle ammende della somma, che stimasi equa, di Euro 1.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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