Cons. Stato Sez. III, Sent., 19-07-2011, n. 4359

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Casa di Cura C. di Lecce è struttura accreditata con il servizio sanitario della Regione Puglia per complessivi 116 posti letto.

L’ASL Lecce ha contestato alla "C. D. L. H." l’utilizzazione in soprannumero dei posti letto accreditati per ogni branca specialistica, ottenuta effettuando il ricovero dei pazienti su posti appartenenti alle altre discipline di cura.

Con tre distinti ricorsi al Tar Puglia, sede staccata di Lecce, la ricorrente ha impugnato vari atti deliberativi della Asl chiedendo nel contempo l’accertamento del diritto alla remunerazione che non tenga conto delle singole giornate di degenza e la nullità di clausole contrattuali difformi. A questo fine ha obiettato che il sistema dell’accreditamento istituzionale non è incentrato sulla ripartizione per disciplina specialistica dei posti letto, venendo piuttosto in rilievo la capacità della struttura sanitaria nel suo complesso di erogare le prestazioni.

A sostegno della tesi ha osservato che nel contratto ex art. 8quinquies del D.Lgs. n. 502/92 il limite di spesa è fissato globalmente, e che dovrebbe considerarsi la specificità dell’assetto organizzativo dipartimentale della "C. D. L. H." (con il coordinamento delle attività riconducibili a distinte branche specialistiche), che rende giustificato il ricovero utilizzando i posti letto ricompresi nella stessa unità funzionale o raggruppamento.

Il Tar ha respinto tali tesi sottolineando che il fondamento del sistema dell’accreditamento istituzionale delle strutture sanitarie poggia sulla necessaria corrispondenza tra il fabbisogno delle prestazioni definito dalla programmazione regionale e il volume di esse che l’Azienda sanitaria si impegna a retribuire alle strutture private.

Ciò in base all’art. 1 del Regolamento Regionale del 4/10/2006 n. 15, adottato con deliberazione di G.R. del 4/8/2006 n. 1224.

La Regione, nel sostituire l’art. 5 del Reg. 6/4/2005 n. 16 ("Legge regionale 28 maggio 2004, n. 8 art. 3: fabbisogno di posti letto delle strutture private eroganti prestazioni in regime di ricovero ospedaliero a ciclo continuativo e/o diurno"), ha portato la stima del fabbisogno a n. 2.395 posti letto disponibili per l’accreditamento delle Case di cura, precisando espressamente all’ultimo comma che gli stessi "sono ripartiti per disciplina e/o attività come nel prospetto di seguito riportato".

Con l’effetto che nessuno scostamento da tale "modus operandi" può reputarsi ammissibile, poiché le prestazioni di ricovero vanno ancorate alle singole discipline, essendo necessario che a ciascun posto letto corrisponda una specifica prestazione di cura (riferibile solo alla branca specialistica accreditata), affinché la spesa sanitaria sia correttamente impiegata nel quadro della programmazione regionale del fabbisogno.

Avverso le tre sentenze ha proposto altrettanti atti di appello la Casa di Cura "C. di Lecce" deducendo plurimi motivi di violazione di legge e di eccesso di potere.

Si è costituita la Azienda Asl di Lecce e nel solo appello n.7271 del 2010 la Regione Puglia.

Sono state depositate numerose memorie difensive.

Dopo la trattazione orale all’udienza del 27 maggio 2011 la causa è stata trattenuta per la decisione.

Motivi della decisione

1. I tre appelli possono essere trattati unitariamente in quanto, pur concernendo tre diverse sentenze nn.1119, 1120 e 1125 del 2010, tutte del Tar Puglia, sede staccata di Lecce, sezione II°, hanno per oggetto provvedimenti riguardanti, nei diversi anni di riferimento, la medesima questione relativa alla definizione dei parametri per il riconoscimento e la conseguente remunerazione delle prestazioni rese in regime di accreditamento della Casa di Cura privata "C. D. L. H." nell’ambito del servizio sanitario regionale della Regione Puglia.

La vicenda contenziosa prende lo spunto dal fatto che la Asl aveva imposto alla casa di cura appellante, struttura accreditata presso il servizio sanitario regionale, di trasmettere quotidianamente i dati relativi ad ogni paziente ricoverato, nonché quelli relativi alla singola diagnosi, al codice struttura e orario ingresso, oltre al numero dei posti letto occupati per ogni branca specialistica, pena il mancato riconoscimento del ricovero e quindi della remunerazione delle prestazioni erogate.

Secondo la appellante, tuttavia, nessuna norma statale o regionale prevederebbe che i ricoveri in una struttura sanitaria debbano essere effettuati nel limite giornaliero dei posti letto accreditati per singola disciplina e l’attuale sistema di remunerazione delle prestazioni rese nell’ambito del servizio sanitario dai soggetti accreditati, prescinderebbe dalle giornate di degenza e dalla occupazione dei posti letto riguardando esclusivamente la tipologia e la quantità delle prestazioni per ognuna delle quali vige una specifica tariffa.

Da qui la illegittimità dei vari atti deliberativi e note con cui si chiedeva alla struttura di inviare giornalmente i dati pena il mancato riconoscimento del ricovero stesso

2. La Sezione ritiene di assorbire le varie eccezioni in rito avanzate dalle appellate in quanto i tre appelli non possono trovare accoglimento nel merito.

Come sopra osservato, secondo la prospettazione dell’appellante, dalla normativa nazionale e regionale di riferimento deve evincersi che il numero di posti letto accreditati in riferimento ad ogni singola disciplina, non può costituire il limite dei ricoveri effettuabili nella singola giornata, ma esclusivamente il limite entro il quale deve essere contenuta la definizione contrattuale del c.d. "tetto di spesa". Secondo la appellante, le prestazioni rese devono comunque essere pagate dalla Asl se la struttura accreditata eroga prestazioni nei limiti previsti per ogni disciplina e entro il tetto di spesa oggetto di contrattualizzazione, dovendosi solo verificare se effettivamente, quanto richiesto e dichiarato dalla struttura accreditata, corrisponda al vero, e cioè quante prestazioni siano state effettivamente erogate per conto del servizio sanitario nazionale.

Al riguardo la società appellante richiama:

a) l’art. 8 quater del d.lvo n.502 del 1992 per cui l’accreditamento è riferito alla struttura in quanto tale previa verifica della sua rispondenza "ai requisiti di qualificazione, alle..funzionalità rispetto agli indirizzi di programmazione regionale e alla verifica positiva della attività svolta e dei risultati raggiunti";

b) l’art.8 quinquies del medesimo decreto legislativo per il quale i successivi accordi contrattuali sono funzionali alla individuazione del volume massimo delle prestazioni che la struttura si impegna ad erogare nonché del "..corrispettivo preventivato a fronte delle attività concordate";

c) l’art. 22 della L.R. n.8 del 2004 che pone in capo alla Giunta Regionale la potestà di definire "…uno schema tipo di accordo contrattuale con il quale si stabiliscono l’indicazione delle quantità, delle tipologie di prestazioni da erogare, delle tariffe e le modalità delle verifiche e dei controlli rispetto alla quantità delle prestazioni erogate";

d) l’art. 17 della L.R. sopradetta allorquando si riferisce al contenuto degli accordi contrattuali nel rapporto tra capacità erogativa della struttura qualificata in sede di accreditamento e quantità delle prestazioni erogate.

La appellante porta l’esempio di un soggetto che necessiti, in ipotesi, di un intervento chirurgico di cardiologia: la Asl non potrebbe rifiutarsi di rimborsare la prestazione solo perché al momento del ricovero la struttura non disponeva di un posto letto nella relativa branca pur avendo letti liberi in altra disciplina affine cioè ricompresa nella ambito della stessa area dipartimentale, ad esempio in cardiologia.

In sintesi sarebbe irragionevole la pretesa della Asl di definire il limite delle prestazioni erogabili sulla base dei posti letti accreditati giornalmente e non sulla base delle prestazioni erogate in riferimento alle singole discipline non essendo le prestazioni dettagliatamente individuate a monte nella loro tipologia e quantità.

3. Al fine di inquadrare nella giusta prospettiva le problematiche sollevate occorre partire dalla considerazione che spetta alla Regione pianificare con ampia discrezionalità la spesa sanitaria pubblica e che tale atto programmatorio condiziona il diritto alla salute rendendolo compatibile con il suo costo finanziario (cfr. Cons. Stato, V, 11 agosto 2010 n.5632). Inoltre che l’accreditamento di strutture sanitarie private, da qualificare come rapporto concessorio di servizio pubblico nel settore sanitario (Cons. Stato, V, 6 febbraio 2008 n.365), trova il suo presupposto, sulla base del fabbisogno che la Regione ritiene di dovere coprire in relazione alla insufficienza delle strutture pubbliche nella circoscrizione di ciascuna Asl, in relazione alle specialità e disciplina che nella domanda del privato sono state proposte per l’accreditamento per sopperire allo specifico fabbisogno di assistenza sanitaria ed alle carenze rilevate a livello regionale. Pertanto le strutture sanitarie private possono erogare prestazioni per conto e a carico del servizio sanitario regionale solo se ricorrano le condizioni concomitanti di essere istituzionalmente accreditate e nel limiti dei contratti stipulati con le Asl (Cons. Stato, V, 6 febbraio 2008 n.365, cit.).

In sostanza ogni decreto di accreditamento non può prescindere dalle prestazioni e posti letto distinti per specialità e disciplina e, correlativamente, l’importo complessivo assegnato alle singole strutture sanitarie accreditate non è un dato globale assegnato alla struttura privata e disponibile da parte della stessa, bensì un dato massimo erogabile in relazione a contingenti esigenze che non può prescindere dalle prestazioni e attività ritenute carenti nelle strutture pubbliche.

Ne deriva che l’accreditamento non riguarda la struttura in sé considerata, ma i posti letto suddivisi per disciplina esistenti nella struttura, mentre l’accreditamento e il successivo contratto previsto dalla normativa statale (art. 2, comma 7, D.P.R. 14.1.1997 e art. 8 quater comma 2 D. Lvo 30.1.1992 n. 502, come aggiunto dal D.L.vo 19.61999 n. 229) e dalla normativa regionale pugliese (art. 30, comma 3, L.R. 7.3.2003 n. 4) e successivi provvedimenti regionali di attuazione (V. pagg. 25 e 47 delibera G. R. Puglia n. 1003 del 15.7.1999; cfr. Cons. Stato, V, 6 febbraio 2008 n.365 cit.) costituiscono le condizioni ed i limiti entro i quali porre a carico del servizio sanitario nazionale le prestazioni erogate dalla struttura.

D’altro canto il potere dei soggetti pubblici in tale ambito ha carattere autoritativo e vincolante, mentre la posizione dei soggetti privati che nel sistema sanitario si muovono con logica imprenditoriale è di norma a tutela di interessi legittimi (Cons. Stato, V, 11 agosto 2010 n.5362; Cons. giust. Amm. Regione Sicilia, 28.4.2008 n.268).

L’importo globale assegnato dalla Asl Lecce sulla base del contratto stipulato dalla società C. D. L. H. con la Asl, connesso con il provvedimento regionale di accreditamento della casa di cura è vincolato quindi ai posti letto ripartiti per singola branca così come risultanti dai provvedimenti autoritativi regionali di concessione dell’accreditamento, nel totale di 116 e in particolare 16 in ortopedia, 10 in cardiologia, 10 in oftalmologia, 30 in cardiochirurgia ecc..

4. Venendo al punto nodale della vicenda è la stessa logica sottesa alla pianificazione dei posti letto cui segue il procedimento di accreditamento che determina il carattere giornaliero dell’accreditamento suddiviso per singola disciplina, diversamente ragionando, come osservato dalle appellate, se fossero 116 i posti letto annuali, si avrebbe un numero di posti letto accreditati pari a 116 diviso il numero dei giorni dell’anno, il che oltre che contrario agli interessi della appellante è anche inverosimile.

Pertanto il collegamento tra il numero dei posti letto e specialità stabilito, prima nel piano regionale, poi nelle singole convenzioni è vincolante e il superamento delle degenze giornaliere previste per le singole specialità non è consentito alle case di cura se non invia di eccezione a meno di non compromettere l’interesse pubblico al controllo della spesa sanitaria e alla corretta destinazione delle risorse disponibili.

L’interpretazione sostenuta dalla appellante produrrebbe effetti abnormi: il paziente affetto da patologia per la quale all’interno della struttura della casa di cura sia previsto un posto letto accreditato non potrebbe usufruirne perché al momento del ricovero il suo posto letto sarebbe occupato da altro paziente affetto da altra patologia per la quale l’accreditamento non è stato conferito.

Quanto alla affermazione della appellante che la previsione per prestazioni complessivamente erogabili risulterebbe fissata nel contratto ex art. 8quinquies del D.Lgs. n. 502/92, deve smentirsi che l’accordo abbia riguardo a prestazioni di ricovero che non siano strettamente inerenti, nel contempo, alle discipline e al numero dei posti letto per ciascuna accreditati, specificamente indicati nelle premesse dell’atto, ponendosi quest’ultimo a valle del procedimento di accreditamento susseguente al provvedimento concesso per il numero dei posti letto ripartiti nelle diverse branche (conformemente alla richiesta di accreditamento, anch’essa formulata con riguardo distintamente alle discipline specialistiche).

Cosicché la fissazione del limite di spesa, seppure espresso numericamente nell’ammontare globale, è data dalla somma dei "budget" singolarmente assegnati, secondo un’operazione di calcolo tenuta presente dalle parti (cfr. il carteggio intercorso anteriormente alla stipula del contratto e, in particolare, la nota ASL prot. n. 52502/P del 19/12/2007).

Pertanto, la richiesta di ottenere i dati giorno per giorno monitorando gli ingressi e le presenze costituisce una modalità idonea ad accertare adeguatamente gli scostamenti dall’obbligo di utilizzare i posti letto per le discipline e il numero accreditati.

Trattandosi di accertamento preordinato allo scopo di vigilare sulla destinazione della spesa sanitaria, come rilevato dal primo giudice, il potere che si è inteso esercitare deve reputarsi pienamente ammissibile, non potendo revocarsi in dubbio che la P.A. goda di ampi poteri di controllo sul corretto impiego delle risorse pubbliche.

5. Nè assume alcun rilievo, nella vicenda in esame, la organizzazione dipartimentale della quale si è dotata la casa di cura appellante che da tale circostanza pretende che vengano remunerati ricoveri effettuati in soprannumero per la singola disciplina per la quale l’accreditamento è stato concesso avvalendosi di posti letto accreditati per altra disciplina (es. cadiochirurgia e cardiologia).

Come rilevato dalle resistenti, la organizzazione dipartimentale, che ex art. 17 bis del d.lgs. 502 del 1992 deve ritenersi riferibile ai soli soggetti pubblici, attiene unicamente agli aspetti organizzativi interni della struttura sanitaria, ma è inidonea a superare o eludere il sistema dell’accreditamento istituzionale e del contratto basati sulla remunerazione a tariffa di prestazione e posti letto.

6. Del resto, le conclusioni cui perviene la Sezione sono state affermate da tempo da questo Consiglio di Stato che ha rilevato che: "…il concorso integrativo delle strutture private nell’assistenza sanitaria trova(va) definizione nella determinazione del fabbisogno di posti letto per "singole specialità" e nella loro dislocazione sul territorio regionale, attuata mediante le convenzioni da stipularsi, appunto, "in armonia con il piano sanitario regionale". Per ragioni di intrinseca coerenza deve ritenersi, senza di che risulterebbe disattesa la logica sottesa alla pianificazione e vanificato il suo obiettivo primario ("l’eliminazione degli squilibri esistenti nei servizi e nelle prestazioni nel territorio regionale"), che il collegamento fra numero dei posti letto e specialità stabilito prima nel piano regionale, poi nelle singole convenzioni sia vincolante, nel senso che il superamento delle degenze previste per le singole specialità non è consentito alle case di cura private, se non in via d’eccezione" (Cons. Stato, Sez. V, 2.10.2000 n.5208).

7. In conclusione gli appelli riuniti devono essere respinti mentre le spese e gli onorari, per peculiarità della vicenda, possono essere compensati.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sugli appelli riuniti, come in epigrafe proposti, li respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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