Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
Il signor G. R. afferma di aver svolto, fin dal 1993, attività di agente assicurativo iscritto al registro unico degli intermediari assicurativi e riassicurativi, nella qualità di agente monomandatario per conto di A. S.p.A.
Con nota del 13 novembre 2008 egli comunicava all’ISVAP i propri nuovi dati anagrafici, indicando sia il domicilio (in Roma, alla via Govoni n. 35), sia l’indirizzo dell’Agenzia presso la quale svolgeva la propria attività (sempre in Roma, alla via dei Colli Albani n. 158/169).
La determinazione di cancellazione dal suddetto registro, disposta da ISVAP in ragione dell’omesso pagamento del contributo di vigilanza ex art. 336 del d.lgs. 209/2005 per l’anno 2008, è stata inviata presso un indirizzo diverso da quello comunicato dall’interessato all’Istituto di vigilanza (di talché la lettera non veniva recapitata al sig. R. in quanto "sconosciuto" all’indirizzo di che trattasi).
Il provvedimento impugnato in primo grado veniva, quindi, nuovamente trasmesso al ricorrente (nota dell’11 gennaio 2010) presso la comunicata sede dell’Agenzia.
Il giudice di primo grado ha rilevato che – a fronte del mancato versamento, da parte del ricorrente sig. R., del contributo relativo all’anno 2008 (il cui termine aveva scadenza al 31 luglio 2008) – l’ISVAP provvedeva ad inoltrare all’interessato – con nota recante data 22 gennaio 2009 – la diffida ad effettuare il pagamento entro il termine di giorni quindici; l’informativa costituiva altresì comunicazione di avvio del procedimento di cancellazione nel caso di perdurante omissione del versamento decorso il termine sopra precisato.
La nota anzidetta – spedita mediante lettera raccomandata all’indirizzo del sig. R. di via Ugo De Carolis n. 34, in Roma – veniva ricevuta il 23 febbraio 2009 da nominativo diverso rispetto all’odierno appellato, giusta quanto è dato evincere dalla sottoscrizione apposta in calce all’avviso di ricevimento.
Va rilevato, peraltro, che lo stesso sig. R., con precedente nota del 28 novembre 2008 – trasmessa ad ISVAP a mezzo di lettera raccomandata che risulta essere pervenuta all’Istituto il 16 dicembre 2008 – aveva comunicato i propri nuovi dati anagrafici, precisando che:
– il domicilio era ubicato in Roma, alla via Aladino Govoni n. 35;
– mentre gli uffici presso cui trovava svolgimento l’attività dell’interessato avevano sede, sempre in Roma, alla via dei Colli Albani n. 158.
È incontroverso – sulla base delle illustrate risultanze documentali presenti in atti del giudizio – che l’Istituto di vigilanza fosse stato formalmente reso edotto, ben prima dell’invio della comunicazione di che trattasi, del mutamento domiciliare (rectius: dei recapiti) dell’interessato.
In assenza di una validamente partecipata comunicazione di avvio procedimentale (e, con essa, della prevista ingiunzione ad adempiere, corredata da un termine per sanare l’omissione contributiva ex art. 113 del Codice delle Assicurazioni), il provvedimento ISVAP n. 2751 del 18 novembre 2009, con il quale è stata disposta la cancellazione del ricorrente dal registro unico degli intermediari assicurativi e riassicurativi, deve ritenersi illegittimo e di conseguenza deve essere annullato.
Il ricorrente ha documentato inoltre che, a seguito della disposta cancellazione dal RUI (registro unico degli intermediari assicurativi), A. s.p.a. (società per la quale il sig. R. svolgeva la propria attività di agente monomandatario) ha risolto il contratto di agenzia in essere a far data dal 31 dicembre 2009.
L’interessato, ritenendo causa esclusiva della risoluzione del contratto d’agenzia l’illegittima cancellazione dall’albo, ha pertanto richiesto una liquidazione di una somma pari ad Euro 1.000.000,00 (un milione) in ragione:
– del mancato incasso delle provvigioni alla data dell’avvenuta risoluzione del contratto di agenzia;
– della differenza fra i ricavi annuali medi realizzati dal ricorrente stesso nell’ultimo triennio ed i ricavi che lo stesso potrà conseguire alla ripresa della propria attività;
– del valore dell’avviamento e del portafoglio clienti maturato dal sig. R. al momento del provvedimento di cancellazione dal RUI;
– del danno moraleesistenziale conseguente non soltanto alla perdita dell’unica fonte reddituale disponibile, ma anche all’impossibilità di (continuare a) svolgere l’attività lavorativa disimpegnata negli ultimi 16 anni.
Quanto al rapporto di agenzia di che trattasi, va osservato come il sig. R., con lettera raccomandata del 15 aprile 2010, abbia sollecitato A. S.p.A. alla "ricostituzione del rapporto agenziale… con efficacia ex tunc,…".
Il giudice di primo grado, per quanto concerne il danno dal ricorrente risentito per effetto della cessazione del rapporto di agenzia in precedenza intrattenuto con A. (che trova univoco fondamento nella cancellazione del sig. R. dal RUI), come sopra illegittimamente disposto da ISVAP, ha posto a carico dell’ISVAP, in applicazione della disposizione prevista dall’art. 35, comma 2, del d.lgs. 31 marzo 1998 n. 80 (come sostituito dall’art. 7 della legge 21 luglio 2000 n. 205), la formulazione di una proposta risarcitoria nei confronti dell’odierno ricorrente.
In applicazione del suindicato disposto di legge – e previa verifica della data di effettivo reintegro del ricorrente nel rapporto agenziale già intercorso con ISVAP, giusta la pure rammentata istanza dal sig. R. rivolta nei confronti della predetta Compagnia assicuratrice – l’ISVAP dovrà formulare, entro il termine di giorni 60 (sessanta) dalla notificazione o, se anteriore, dalla comunicazione in via amministrativa della presente sentenza, proposta risarcitoria in favore del ricorrente, che dovrà tenere conto:
– del periodo di effettivo mancato svolgimento dell’attività dal ricorrente stesso precedentemente disimpegnata, a far tempo dall’intervenuta cessazione del rapporto agenziale con A. (31 dicembre 2009);
– degli introiti mediamente percepiti dal ricorrente medesimo, alla stregua della media degli ultimi tre anni;
– di eventuali ulteriori elementi di pregiudizio conseguenti a perdita di avviamento e/o di clientela, ove adeguatamente comprovati dal sig. R..
L’ISVAP ha prodotto appello avverso la sentenza indicata in epigrafe rilevando innanzitutto che l’odierno appellato risultava nuovamente iscritto nel registro unico degli intermediari assicurativi e riassicurativi dal 15 gennaio 2010.
L’istituto appellante ha censurato la sentenza per la sua intrinseca contraddittorietà in quanto ha attribuito differente efficacia ad identici mezzi di prova forniti rispettivamente dal ricorrente e dall’autorità resistente in base al mero dato estrinseco del disconoscimento come non propria da parte del signor R. della firma apposta sulla cartolina di ricevimento prodotta dall’autorità.
L’appellante ha richiamato in proposito l’art. 139, commi 2 e 3, del cod. proc. civ, dal quale emerge che la consegna dell’atto da notificare non deve necessariamente essere effettuata personalmente.
L’assunto secondo cui l’appellato non avrebbe legalmente conosciuto l’atto di diffida e la comunicazione di avvio del procedimento costituisce una pura e semplice, e del tutto indimostrata petizione di principio, dal momento che nessuna norma o principio ordina mentale impediscono che, similmente a quanto previsto dalla disciplina delle notificazioni del codice di procedura civile, una lettera raccomandata con avviso di ricevimento possa essere legalmente consegnata al destinatario a mezzo di persona di famiglia od addetta alla casa o al portiere dello stabile, ovvero ancora, d’un vicino di casa.
In riferimento al risarcimento del danno cui l’ISVAP è stato condannato, l’istituto ritiene perplessa la motivazione della sentenza che ha riconosciuto che: "Ove, infatti, venisse riservato positivo esito alle pretese reintegratorie del sig. R. (anche sotto l’aspetto economico), il pregiudizio da quest’ultimo risentito per quanto concerne la lamentata perdita reddituale verrebbe drasticamente ridimensionato, se non addirittura eliso nel caso di integrale ristoro del danno sofferto per effetto delle perdute occasioni di lavoro".
L’istituto appellante quindi evidenzia la perplessità della motivazione perché la quantificazione del risarcimento che l’ISVAP dovrebbe proporre al signor R. è palesemente condizionata ad una sorta di fatto del terzo, la compagnia assicuratrice A..
Si è costituito in giudizio l’appellato sostenendo l’infondatezza dell’appello.
All’udienza del 15 marzo 2001 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Motivi della decisione
Il ricorso, nella parte in cui è finalizzato alla riforma della sentenza che ha annullato il provvedimento ISVAP n. 2751 del 18 novembre 2009, è infondato.
Con il suddetto provvedimento veniva disposta la cancellazione dell’appellato dal Registro unico degli intermediari assicurativi e riassicurativi di cui all’art. 109 del D.Lgs. 209/2005 per omesso pagamento del contributo di vigilanza per l’anno 2008 di cui all’art. 336 dello stesso decreto legislativo.
La sentenza appellata ha evidenziato che la diffida ad effettuare il versamento – spedita mediante lettera raccomandata all’indirizzo del sig. R. di via Ugo De Carolis n. 34, in Roma – veniva ricevuta il 23 febbraio 2009 da nominativo diverso (verosimilmente tale signor D’Ignazio) rispetto all’odierno appellato, giusta quanto è dato evincere dalla sottoscrizione apposta in calce all’avviso di ricevimento.
L’amministrazione appellante sostiene che alla fattispecie in esame andrebbe applicato in via analogica l’art. 139 del cod. proc. civ, commi 2 e 3, i quali prevedono che la consegna dell’atto possa essere fatta a persona diversa dal destinatario.
Anche ad ammettere, in via di mera ipotesi, l’applicabilità in astratto della disciplina codicistica alla consegna delle ordinarie raccomandate postali, la censura è infondata in punto di fatto.
Il dato dirimente è che la qualità del consegnatario deve essere indicata e, nel caso di specie, non v’è alcuna annotazione della relazione che dovrebbe legare il sig. D’Ignazio all’appellato.
Tanto è sufficiente per rigettare l’appello sul punto.
L’appello è invece parzialmente fondato nella parte in cui censura i criteri posti a base della liquidazione del danno in favore dell’appellato.
Il nesso di causalità, che l’istituto appellante nega, tra la cancellazione dall’albo e interruzione del rapporto di intermediazione tra impresa assicuratrice mandante ed intermediario, è dimostrata proprio dalle norme richiamate dall’istituto spellante (artt. 108 e 305 del cod. delle assicurazioni).
Senza l’iscrizione all’albo l’appellato non poteva esercitare l’attività di intermediazione e tanto è sufficiente, secondo quanto di norma sperimentalmente è dato rilevare secondo la tesi della causa adeguata, per dimostrare l’esistenza del nesso di causalità tra cancellazione ed interruzione dell’attività.
Per quanto attiene la determinazione del risarcimento la Sezione rileva che il giudice di primo grado non ha posto alcun limite temporale al "periodo di effettivo mancato svolgimento dell’attività dal ricorrente stesso precedentemente disimpegnata, a far tempo dall’intervenuta cessazione del rapporto agenziale con A. (31 dicembre 2009)". Pertanto, ove l’azienda assicuratrice non dovesse ripristinare il contratto d’agenzia con l’odierno appellato, l’istituto appellante, sia pure implicitamente, dovrebbe corrispondere al signor R. la somma di unmilione di euro, cifra ictu oculi eccessiva.
La Sezione ritiene di dover evidenziare che l’odierno appellato sin dalla data del 15 gennaio 2010 era stato reinscritto nel pertinente albo, cosicché il tempo trascorso fino alla data del 15 aprile 2010, data sotto la quale l’appellato ha chiesto all’impresa assicuratrice di ricostituire il rapporto, non può che essere addebitato al medesimo appellato.
La Sezione ritiene ragionevole individuare nel temine di tre mesi il periodo di tempo entro il quale la società assicuratrice avrebbe dovuto manifestare la propria volontà di ricostituzione del rapporto.
Trascorso tale periodo può ritenersi che il rapporto non sia stato ricostituito per ragioni diverse dall’iscrizione all’albo: di tali ragioni non può rispondere, ovviamente, l’istituto appellante.
Pertanto all’appellato dovrà essere corrisposta una somma pari a tre mensilità, il cui importo unitario sarà determinato sommando i redditi netti risultanti dalle dichiarazioni dei redditi ai fini IRPEF degli anni 2008, 2009 e 2010, e dividendo tale somma per il numero dei mesi (trentasei).
Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese di entrambi i gradi di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte e, per l’effetto, condanna l’ISVAP (Istituto Vigilanza Assicurazioni Private e di Interesse Collettivo), in persona del legale rappresentante pro tempore, alla somma indicata in motivazione.
Compensate le spese di entrambi i gradi di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.