T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, Sent., 19-07-2011, n. 6461 Pensioni, stipendi e salari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Gli odierni ricorrenti assumono di essere tutti appartenenti al Corpo della Polizia penitenziaria.

Essi hanno evidenziato che svolgono servizi su turni stabili e periodici per tre giorni alla settimana, sulla scorta di formali ordini di servizio.

Al riguardo, tutti quanti i ricorrenti hanno allegato in un primo momento gli attestati, indicanti il reparto o la sede presso il/la quale prestano o hanno prestato servizio. Si tratta del Reparto Segreteria presso l’Ufficio per la Sicurezza personale e la Vigilanza dell’Ufficio del Capo Dipartimento, del Reparto per la Sicurezza e la Vigilanza presso il citato Ufficio, del Centro amministrativo "G. Altavista" di Roma, e segnatamente, per molti di essi, dell’Ufficio Segreteria di tale centro amministrativo, dell’Ufficio Cassa della Direzione generale delle risorse materiali, dei beni e dei servizi del Dipartimento dell’organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi (C.C.), dell’Ufficio del Consegnatario della predetta Direzione generale (A.A.), del Servizio Sicurezza del Dipartimento di Giustizia minorile (V.L. e B.S.), dell’Area Segreteria della Casa circondariale di Civitavecchia (P.S.) ed infine del Gabinetto del Ministro (M.A.).

Va precisato che, come si puntualizzerà meglio in "diritto", per alcuni dei ricorrenti si registra una discrasia, nei dati anagrafici, tra quelli indicati sull’atto di ricorso e quelli riportati negli attestati depositati in giudizio.

Successivamente alcuni degli istanti (8 su 38) hanno, altresì, prodotto ulteriori attestati che certificano proprio la turnazione su tre giorni, con attività lavorativa per 12 ore giornaliere.

Con il ricorso in esame gli istanti chiedono l’accertamento del diritto alla corresponsione, nei loro confronti, in entità doppia, del controvalore del buono pasto, già riconosciuto in misura unica giornaliera, per il periodo 18.8.1999 – 1.1.2009, essendo quest’ultima data il giorno a decorrere dal quale essi hanno cominciato a percepirlo in quantità doppia.

Deducono:

1) violazione di legge: artt. 1 e 2 della legge n. 203/1989 ed art. 12 della legge n. 395/1990 – eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà dell’azione amministrativa – disparità di trattamento – manifesta ingiustizia.

Riprendendo la sentenza di questa sezione n. 246/2010, adottata in sede di esecuzione di giudicato, fanno notare che l’art. 1, lettera b), della legge 18 maggio 1989, n. 203, applicabile agli appartenenti al Corpo di polizia penitenziaria in forza dell’estensione sancita dal successivo articolo 3, mira a garantire il servizio della mensa (a carico dell’Amministrazione) al personale delle forze di polizia che, per la consistenza degli impegni connessi ai servizi prestati, non può consumare i pasti presso il proprio domicilio, con il conseguente diritto, per gli aventi titolo, agli importi sostitutivi, nella misura del controvalore già stabilito dalla stessa Amministrazione.

Sempre il citato art. 1 della legge n. 203/1989 prevede, tra "le particolari situazioni di impiego e ambientali" che legittimano la costituzione di mense obbligatorie di servizio, quelle del personale impiegato in speciali servizi operativi "durante la permanenza nel servizio", con la conseguenza che, ove la "permanenza nel servizio" si protragga necessariamente in orari che – in condizioni di normale utilizzo della mensa obbligatoria – imporrebbero la consumazione di due pasti, anziché di uno, risulterebbe in contrasto con lo spirito e la lettera della predetta normativa negare l’emolumento in esame a chi abbia dovuto protrarre il servizio sino e oltre quei limiti giornalieri.

Infatti, in caso contrario si verificherebbe che i dipendenti che hanno espletato il servizio distribuito in 5/6 giornate lavorative percepirebbero sino al doppio della indennità sostitutiva rispetto ai colleghi che – a parità di ore complessive settimanali – hanno espletato il servizio concentrato in 3 giornate lavorative.

Il D.P.C.M. 5 giugno 1997, infatti, si riferisce espressamente ai dipendenti "in servizio presso uffici con orario settimanale articolato su cinque giorni", e "per la singola giornata lavorativa nella quale il dipendente protrae l’attività di servizio nelle ore pomeridiane, con l’effettuazione della pausa, o nella giornata in cui il dipendente effettua, immediatamente dopo l’orario ordinario e la pausa, almeno tre ore di lavoro straordinario"; e dunque disciplina non già la fattispecie dei ricorrenti, ma quella del normale orario settimanale articolato su cinque giorni.

Ne conseguirebbe, in applicazione del principio "ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit", un ulteriore argomento a favore della tesi dei ricorrenti.

Nel periodo considerato, il Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria avrebbe corrisposto ai ricorrenti al massimo 12 buoni pasto al mese, mentre ai dipendenti con un servizio distribuito su 5/6 giorni settimanali un numero ricompreso tra i 20 ed i 24 buoni pasto al mese, con evidente disparità di trattamento.

2) Violazione degli artt. 3, 1° comma, e 36, 1° comma, Cost.

La situazione appena rappresentata si porrebbe anche in contrasto con le norme contenute nei menzionati articoli della Costituzione.

Gli istanti chiedono, altresì, che sulle somme dovute a titolo di secondo buono pasto giornaliero siano quantificati interessi e rivalutazione, dalla maturazione sino al soddisfo.

Si è costituita in giudizio l’Amministrazione intimata, la quale, evidenziando l’assenza di atti interruttivi del suo perfezionarsi, ha in primo luogo dedotto la prescrizione per i crediti vantati per il periodo antecedente il quinquennio, computato a ritroso dalla data di notifica del ricorso.

Ha poi rimarcato che l’onere della prova dei presupposti a fondamento della sussistenza al diritto vantato ricade sugli istanti, mentre, a suo dire, nella specie esso non risulterebbe essere stato assolto.

Ha, infine, asserito l’infondatezza del ricorso, rilevando che nessuna delle fonti normative ed amministrative invocate farebbe riferimento all’ipotesi di turni di servizio superiori alle (rectius: di almeno) 12 ore ed evidenziando anche l’ostacolo economicofinanziario per l’eventuale liquidazione del doppio buono pasto.

La parte ricorrente ha depositato documentazione, in vista della pubblica udienza del 21.6.2011, nella quale il ricorso è stato introitato per la decisione.

Motivi della decisione

1 – Con il ricorso in esame si chiede che venga riconosciuto, in capo ai ricorrenti, il diritto all’attribuzione del buono pasto in misura doppia giornaliera, per il periodo 18.8.1999 – 1.1.2009, essendo quest’ultima data il giorno a decorrere dal quale essi hanno cominciato a percepirlo in tale entità doppia, con corresponsione di interessi legali e rivalutazione per legge sulle somme, dal dovuto sino al soddisfo.

2 – Va in primo luogo evidenziato che per 4 dei ricorrenti si registrano discrasie tra i dati anagrafici riportati sull’atto di ricorso e quelli indicati sugli attestati depositati in giudizio.

2.1 – Segnatamente, per N.A., nel primo è indicata la data di nascita del 14.7.1972, mentre nell’attestato il 14 settembre 1972, altro ricorrente è indicato nel ricorso come "B.T.", mentre nei due attestati come "B.T.", per C.C. è indicato, quale luogo di nascita, nell’atto di ricorso Mugnano di Napoli (NA), mentre nell’attestato Mugnano del Cardinale (NA), ed infine M.A. risulta nato a Busnara (AQ) nell’atto di ricorso, mentre a Bugnara (AQ) negli attestati prodotti.

2.2 – Come risulta a verbale, della sussistenza di discrasie di dati anagrafici nel corso dell’udienza pubblica del 21.6.2011 è stato informato l’Avv. Cacciotti, il quale ha detto di non avere nulla da rilevare in merito.

2.3 – In relazione ai richiamati ricorrenti il ricorso è evidentemente inammissibile.

3 – Va poi preliminarmente disaminata l’eccezione di prescrizione quinquennale, opposta dalla resistente Amministrazione della Giustizia.

Essa va accolta.

3.1 – In primo luogo è evidente che, essendo il controvalore del pasto un importo che sarebbe dovuto essere corrisposto periodicamente, rileva la prescrizione breve quinquennale di cui all’art. 2948, n. 4, c.c..

3.2 – Né può ritenersi alla specie applicabile la sentenza della Corte costituzionale 1.6.1966, n. 63, che impone il mancato decorso del termine prescrizionale in relazione solo al diritto al salario, mentre le somme in questione costituiscono un’indennità di natura compensativa.

3.3 – Infine non risultano per tabulas atti interruttivi di tale prescrizione.

3.4 – Ne deriva che il diritto è senz’altro prescritto sino al 26.7.2005, posto che la data di notifica del ricorso valevole ad interrompere l’ulteriore decorso del termine prescrizionale è rappresentata da quella della spedizione postale, vale a dire dal 26.7.2010.

4 – Va a questo punto accertata la sussistenza o meno in via teorica del diritto al controvalore del buono pasto in misura doppia, anteriormente al momento in cui l’Amministrazione resistente ha cominciato a corrisponderla, in capo a quei dipendenti che svolgono servizi su turni stabili e periodici di 12 ore giornaliere.

4.1 – In proposito occorre esaminare la natura dell’indennità in parola e la ratio sottesa alla sua corresponsione.

Essa ha natura compensativa di una spesa sostenuta dal dipendente, il quale, in ragione di esigenze di servizio, non può consumare il pasto nella propria abitazione, né gli è consentito di fruire di un servizio mensa e, perciò, non rappresenta un vero e proprio emolumento.

Ciò si deduce dalla normativa posta a fondamento della previsione della corresponsione del buono pasto.

In particolare, il D.P.C.M. 5.6.1997 prevede che il buono pasto sia corrisposto, laddove non sia stato istituito il servizio mensa, che garantirebbe la fornitura diretta del pasto al di fuori del domicilio del dipendente, e ne fissa la misura unica giornaliera, riferendosi, tuttavia, specificamente a chi deve trattenersi solo per il pranzo per ragioni di lavoro.

È, perciò, evidente che, laddove le esigenze di servizio permangano per altre ore lavorative giornaliere, di modo che il dipendente è costretto a mangiare per ben due volte fuori casa, il buono pasto deve essere riconosciuto in misura doppia.

D’altra parte, la stessa Amministrazione ha cominciato a riconoscere ed a corrispondere il controvalore del buono pasto in misura doppia dall’1.1.2009, sulla base soltanto di una propria circolare, perciò, in assenza di un’espressa previsione normativa. Né può fondatamente affermarsi che detta circolare, nella parte che qui interessa, abbia recepito il contratto collettivo di lavoro, che, al contrario, sul punto tace.

4.2 – Ragioni di opportunità, derivanti da limiti di spesa, non possono poi trovare ingresso in questa sede, nella quale va soltanto accertata la sussistenza o meno del diritto soggettivo che i ricorrenti pretendono di far valere.

5 – In concreto, con specifico riferimento a questi ultimi, si rende utile un breve esame delle norme in materia di onere e valutazione della prova contenute nel codice di procedura amministrativa.

5.1 – Le disposizioni conferenti sono integrate dagli artt. 63 e 64 di detto codice.

In base ai principi generali in materia, l’onere della prova è posta a carico delle parti che intendano proporre domande o eccezioni, con la precisazione che siano sufficienti elementi di prova e che naturalmente essi debbano essere nella loro disponibilità.

Si precisa ulteriormente che "il giudice amministrativo può disporre, anche d’ufficio, l’acquisizione di informazioni e documenti utili ai fini del decidere che siano nella disponibilità nella pubblica amministrazione".

5.2 – Fatta questa premessa, deve considerarsi che nella specie tutti i ricorrenti hanno fornito elementi o – che dir si voglia – principi di prova della loro pretesa, allegando gli attestati di servizio, nei quali risulta l’ufficio al quale sono preposti o presso cui hanno comunque prestato servizio nel periodo considerato, avente peculiarità tali da implicare lo svolgimento dell’attività lavorativa in turni più ampi – di 12 ore, ed alcuni di essi hanno, altresì, prodotto ulteriori attestati che certificano proprio la turnazione su tre giorni, con attività lavorativa per 12 ore giornaliere.

Ciò, sulla base di quanto sopra premesso in diritto, è sufficiente ad assicurare l’assolvimento dell’onere della prova.

6 – Conseguentemente il ricorso va accolto nei modi di seguito specificati.

6.1 – Il diritto al buono pasto in misura doppia sussiste, in capo ai ricorrenti, tranne che per quelli per i quali il ricorso è stato dichiarato inammissibile, per il periodo 26.7.20051.1.2009, nella misura risultante dai dati in possesso dell’Amministrazione.

6.2 – Le somme così determinate dovranno essere maggiorate dei soli interessi legali e della rivalutazione monetaria, unicamente qualora essa li superi, alla stregua dell’art. 22 della legge 23 dicembre 1994, n. 724 e s.m.i.

7 – In considerazione della peculiarità della questione giuridica oggetto di causa, si ravvisano i presupposti per l’integrale compensazione tra le parti delle spese di giudizio, dei diritti e degli onorari di difesa, ai sensi dell’art. 26 c.p.a. e dell’art. 92 c.p.c..

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – sezione I quater, definitivamente pronunciando, accoglie parzialmente, nei limiti di cui in motivazione, il ricorso in epigrafe.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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