Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 19-01-2011) 13-07-2011, n. 27440

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. La Corte d’Appello di Napoli, con sentenza 22/10/2008, riformando – a seguito di gravame del P.M. – la decisione di assoluzione adottata il 5/4/2005 dal locale Tribunale, dichiarava S. O. colpevole del reato di abusivo esercizio della professione di avvocato – perchè, senza essere iscritto nel relativo albo professionale, aveva prestato assistenza legale a tale C. C., nell’ambito di una procedura di riparazione per ingiusta detenzione – e lo condannava, in concorso delle circostanze attenuanti generiche, alla pena di Euro 200,00 di multa, con il beneficio della non menzione.

Il Giudice distrettuale rilevava che lo S., subito dopo avere superato, in data 16/3/2004, l’esame di abilitazione per avvocato e prima ancora di essere iscritto nel relativo albo, aveva assunto, il 24 marzo successivo, l’incarico professionale di assistere, nella procedura innanzi citata, il C., autenticandone la firma in calce al mandato difensivo e provvedendo a depositare tale atto presso la cancelleria della Corte d’Appello di Napoli, competente a provvedere sulla richiesta della persona interessata; l’atto posto in essere dall’imputato rientrava tra gli atti tipici della professione di avvocato, in quanto alla stessa riservato in via esclusiva, con l’effetto che il suo espletamento da parte di soggetto non ancora iscritto nell’albo professionale (l’iscrizione era intervenuta soltanto in data 2/4/2004) integrava la fattispecie di reato contestata.

2. Ha proposto ricorso per cassazione, tramite il proprio difensore, l’imputato, deducendo la violazione di legge, con riferimento all’art. 348 c.p., e il vizio di motivazione in ordine al formulato giudizio di responsabilità: l’istanza predisposta nell’interesse del C. era finalizzata ad ottenere la restituzione degli atti relativi alla procedura ex art. 314 c.p.p. e il mandato dal predetto conferito andava inteso come mera delega al ritiro di tali atti, attività questa non rientrante tra quelle riservate in via esclusiva all’avvocato.

3. Il ricorso non è fondato e deve essere rigettato.

La sentenza impugnata fa buon governo della legge penale e da conto, con motivazione adeguata e logica, delle ragioni che giustificano la conclusione alla quale perviene.

E’ indubbio che l’autenticazione della sottoscrizione del mandato difensivo, così deve essere qualificato l’atto che viene qui in rilievo, è atto tipico della professione forense e, in quanto tale, riservato a chi legittimamente tale professione può esercitare (art. 39 disp. att. c.p.p.).

L’art. 348 cod. pen. è norma penale in bianco, che presuppone l’esistenza di norme giuridiche diverse, qualificanti una determinata attività professionale, le quali prescrivano una speciale abilitazione dello Stato ed impongano l’iscrizione in uno specifico albo. Ne consegue che è abusivo l’esercizio della professione di avvocato da parte di colui che, pur avendo conseguito l’abilitazione statale, non sia iscritto all’albo professionale, considerato che tale iscrizione è imposta da norma cogente quale condizione inderogabile per l’esercizio della professione (R.D.L. n. 1578 del 1933, art. 1).

Lo S., nel momento in cui (24/3/2004) pose in essere l’atto tipico innanzi citato, non era ancora iscritto nell’albo professionale, iscrizione intervenuta solo il 2 aprile successivo, e non poteva, quindi, assumere il titolo di avvocato nè esercitare le relative funzioni.

La condotta posta in essere dall’imputato, pur nella sua oggettiva marginalità, della quale il giudice di merito ha tenuto conto nel determinare il trattamento sanzionatorio, integra il reato contestato.

4. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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