Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 12-07-2011) 14-07-2011, n. 27695

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Con sentenza del 23 marzo 2011 la Corte d’appello di Lecce ha disposto la consegna di V.L.G., V.G. e F.C. all’autorità giudiziaria tedesca, che li aveva richiesti con mandato d’arresto europeo del 26 novembre 2010 emesso dalla Pretura di Gottingen, sulla base di un provvedimento restrittivo della medesima Pretura relativo a 115 episodi di truffe. di cui alcune solo tentate, reati commessi nel periodo tra il (OMISSIS).

2. – Contro questa decisione i V. e la F. hanno proposto distinti ricorsi per cassazione per mezzo del comune difensore, avvocato Giancarlo Raco.

2.1. – Tutti i ricorrenti denunciano la violazione della L. n. 69 del 2005, art. 17 in quanto il mandato d’arresto europeo non enuncerebbe in maniera puntuale e specifica le fonti di prova a carico in relazione a tutte le numerose contestazioni. limitandosi genericamente a richiamare gli atti di indagine; anche là dove si indicano le dichiarazioni degli indagati ritenute confessorie, non viene menzionato alcun episodio specifico al quale tali confessioni si riferiscano.

Inoltre, si rileva che per quanto riguarda le truffe che sarebbero state realizzate con acquisti via internet sotto falso nome, il mandato d’arresto non spiega la ragione dell’attribuzione di tali reati agli indagati. In particolare, si rileva che alcune truffe realizzate attraverso acquisti con consegne a domicilio, che non venivano pagate, sono state attribuite agli indagati, nonostante si riferissero ad abitazioni presso cui essi non hanno mai avuto la loro residenza o comunque, non ancora l’avevano avuta al momento dei fatti contestati.

2.2. – Con un altro motivo i tre ricorrenti deducono la violazione della L. n. 69 del 2001, art. 17, comma 2, per la tardività della decisione sulla richiesta di consegna, in quanto la Corte d’appello ha emesso la sentenza oltre il termine di sessanta giorni dall’esecuzione della misura cautelare. Si assume, pertanto, che i giudici avrebbero dovuto rimettere in libertà gli indagati.

2.3. – La sola V.G. censura, infine, la sentenza per non avere disposto il rinvio della consegna per consentire alla stessa di partecipare al procedimento penale in Italia in cui è indagata per appropriazione indebita.

Motivi della decisione

3. – Il primo motivo è infondato.

Nel mandato d’arresto europeo e nella successiva documentazione inviata il 22,11.2010, riguardante i mandati d’arresto emessi dalla Pretura di Gottingen. risulta che agli indagati sono stati contestati circa 115 episodi di truffa, agendo professionalmente e in forma organizzata. I mandati riportano specificamente e dettagliatamente i numerosi episodi, descrivendo le modalità operative, nonchè le ditte e le persone vittime di tali condotte truffaldino Si tratta di truffe quasi tutte realizzate attraverso ordini di acquisto di merci, anche via internet, sotto falso nome ed esibendo false carte di credito, merce che poi non veniva pagata. In tutti gli episodi riportati nella documentazione trasmessa risulta, a livello indiziario, la ipotizzabilità del reato di truffa attuato mediante la simulazione di circostanze e di condizioni non vere, artificiosamente create per indurre altri in errore.

D’altra parte, i ricorrenti non contestano la configurabilità della truffa, ma ritengono che non siano stati indicati gli elementi di prova a carico. Invero, l’autorità richiedente ha specificato che le prove sono costituite dalle dichiarazioni dei testimoni, cioè delle persone offese, nonchè da diversi documenti riguardanti gli ordini di acquisto e i contratti stipulati e, infine, dalle stesse ammissioni parziali degli imputati. Si tratta di indicazioni sufficientemente specifiche sulle fonti di prova, idonee per ritenere sussistenti i gravi indizi in ordine ai reati di truffa e al coinvolgimento delle persone richieste. Come è noto, le Sezioni unite di questa Corte hanno ritenuto che l’autorità giudiziaria italiana deve limitarsi a verificare che il mandato d’arresto europeo sia, per il suo contenuto intrinseco o per gli elementi raccolti in sede investigativa, "fondato su un compendio indiziario che l’autorità giudiziaria emittente abbia ritenuto seriamente evocativo di un fatto-reato commesso dalla persona di cui si chiede la consegna", precisando che la sua "motivazione" non può essere parametrata alla nozione ricavabile dalla tradizione giuridica italiana, con riferimento alla esposizione logico-argomentativa del significato e delle implicazioni del materiale probatorio raccolto (Sez, un., 30 gennaio 2007, n. 4614, Ramoci). Pertanto, deve ritenersi sufficiente che l’autorità giudiziaria di emissione "dia ragione del mandato di arresto", "anche attraverso la puntuale allegazione delle evidenze fattuali a carico della persona di cui si chiede la consegna", realizzandosi in ciò il "controllo sufficiente" demandato all’autorità giudiziaria dello Stato di esecuzione dal Considerando n. 8 della decisione-quadro (in questi termini. Sez. un.. 31 gennaio 2007, n. 4614, Ramoci).

4. – Infondato è anche il secondo motivo.

L’inosservanza del termine di sessanta giorni, previsto dalla L. n. 69 del 2005, art. 17, comma 2 non determina alcun effetto sulla domanda di consegna e in ogni caso, deve escludersi che tale inosservanza determini conseguenze sulla validità della decisione (sul punto v., Sez. 6, 16 luglio 2010, n. 28140, Ros; Sez. F., 11 settembre 2008, n. 35290, Tudor; Sez. 6, 15 gennaio 2008, n. 2450 Verducci). Il ritardo nell’esecuzione del mandato d’arresto europeo rileva semmai sotto il profilo della responsabilità dello Stato, tanto è vero che l’art. 17, comma 7 della decisione quadro 13 giugno 2002 prevede una procedura informativa, diretta ad Eurojust, per segnalare i casi in cui circostanze eccezionali determinano l’inosservanza dei termini stabiliti per l’esecuzione dei mandati di arresto europei ed a tale tipo di responsabilità, che è di natura politica, è funzionale lo stesso sistema di proroga previsto dal citato art. 17 secondo cui la Corte d’appello deve dare notizia al Ministero della giustizia del ritardo della decisione.

Lo stesso termine ha invece natura perentoria ai fini degli effetti sulle misure coercitive adottate; infatti, la L. n. 69 del 2005, art. 21 prevede che quando la decisione non interviene nei sessanta giorni indicati dall’art. 17 cit, ovvero nel maggior termine prorogato, la persona da consegnare deve essere posta immediatamente in libertà.

In questo caso il decorso del termine incide sulla efficacia della misura cautelare.

Tuttavia, nella presente fattispecie deve escludersi che si sia verificata la perdita di efficacia della misura cautelare, in quanto è intervenuta una proroga di fatto del termine originario, determinato dalla ritenuta necessità di acquisire ulteriore documentazione attraverso una richiesta formale all’autorità richiedente. che è stata fatta tramite il Ministero della giustizia, che ha trasmesso alla Corte d’appello le integrazioni richieste in data 27.1.2011. In questo modo, deve ritenersi che il Ministero della giustizia abbia avuto conoscenza del fatto che la decisione non poteva essere assunta nei sessanta giorni, con il che è stato osservato anche il disposto dell’art. 17 cit. che prevede che sia data notizia al Ministro della giustizia. Una volta riconosciuto che la decisione della Corte d’appello è intervenuta tempestivamente, nell’ambito dei trenta giorni di proroga. deve escludersi ogni effetto automatico in ordine al regime cautelare, non trovando applicazione la disposizione di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 21. 5. – Del tutto infondato è, infine, il motivo dedotto dalla sola V.G..

La facoltà, riconosciuta alla Corte di Appello ai sensi della L. n. 69 del 2005, art. 24, di rinviare la consegna per consentire alla persona richiesta di essere sottoposta a procedimento penale in Italia per un reato diverso da quello oggetto del mandato d’arresto, costituisce espressione di un potere discrezionale, che risponde ad una valutazione di opportunità. Pertanto, non è censurabile in sede di legittimità la decisione adottata dal giudice di merito qualora abbia motivatamente disatteso l’istanza di rinvio avanzata dalla difesa, utilizzando i criteri e i parametri contenuti nella citata Legge, art. 20 (Sez. 6, 28 settembre 2010, n. 35181, Mallucci; Sez. 6, 20 maggio 2010, n. 19361, Vadanoiu; Sez. 6, 25 novembre 2009. n. 45647, Munteanu).

Nella specie, la Corte d’appello di Lecce ha adeguatamente motivato le ragioni favorevoli alla consegna, evidenziando la maggiore gravità dei fatti oggetto del mandato d’arresto europeo, rispetto all’unico episodio di appropriazione indebita contestato nel procedimento penale italiano, nonchè prendendo in considerazione gli interessi delle numerosissime persone offese dalle truffe che sarebbero state commesse in Germania.

6. – All’infondatezza dei motivi proposti consegue il rigetto dei ricorsi, con la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

La Cancelleria provvedere agli adempimenti di cui alla L. n. 69 del 2009, art. 22, comma 5.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 22 comma 5 legge n. 69 del 2005.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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