Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 12-07-2011) 14-07-2011, n. 27642

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 14.7.2009, il Tribunale di Agrigento dichiarò C.V. responsabile dei reati di cui agli artt. 640 bis e 483 c.p. (ad eccezione del falso commesso il (OMISSIS), dichiarato estinto per prescrizione), unificati sotto il vincolo della continuazione e lo condannò alla pena di anni 1 mesi 2 di reclusione.

Avverso tale pronunzia l’imputato propose gravame e la Corte d’appello di Palermo, con sentenza in data 18.1.2011, in parziale riforma della decisione di primo grado, concesse all’imputato le circostanze attenuanti generiche equivalenti all’aggravante di cui all’art. 640 bis c.p. ridusse pena a mesi 8 di reclusione ed Euro 100,00 di multa.

Ricorre per cassazione il difensore dell’imputato deducendo:

1. vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza del dolo, pur a fronte della bassa scolarizzazione e dell’età avanzata, che non avrebbe consentito di comprendere le formule contenute nel modulo riferite a coloro che avevano riportato condanne per mafia;

2. violazione di legge in relazione alla mancata qualificazione dei fatti ai sensi dell’art. 316 ter c.p. essendosi l’imputato limitato a non dichiarare di aver subito una condanna per mafia, tanto più che non risultano allegati i documenti (certificato o antimafia o dichiarazione di esenzione);

3. violazione di legge in relazione al mancato riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 6 quantomeno per gli anni 2004 e 2006, a fronte di importi erogati per Euro 216,71 e Euro 134,14.

Motivi della decisione

Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato e svolge censure di merito.

La Corte territoriale ha dettagliatamente motivato in relazione alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato sia segnalando che l’imputato ha dichiarato di non essere incorso in cause di divieto, di decadenza o di sospensione di cui alla L. n. 575 del 1965, art. 10, pur essendo stato condannato per associazione mafiosa e sottoposto a misura di prevenzione e che si sarebbe trattato di errore su norme integratrici della legge penale rispetto alle quali l’errore è scusabile solo se l’imputato abbia assolto al dovere di conoscenza. Peraltro l’imputato si era avvalso dell’assistenza di un patronato.

Non vi è alcuna manifesta illogicità nè violazione di legge in tale motivazione.

Il secondo ed il terzo motivo sono inammissibili non essendo stati dedotti con i motivi di appello.

La questione della qualificazione giuridica del fatto può infatti essere dedotta per la prima volta in sede di giudizio di legittimità, perchè rientra nel novero delle questioni su cui la Corte di cassazione può decidere, ex art. 609 c.p.p., comma 2, anche se non siano state dedotte con i motivi di appello, sempre che la sua soluzione non necessiti di accertamenti in punto di fatto. (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 45583 del 15.11.2005 dep. 15.12.2005 rv 232773).

Nel caso in esame, non essendo stati dedotti al giudice di appello le valutazioni in punto di fatto che sono il presupposto per la diversa qualificazione giuridica richiesta, non è possibile a questa Corte verificare se il mendacio sia consistito solo nell’aver taciuto i propri precedenti od in ulteriori artifizi o raggiri.

Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di Euro mille, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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