T.A.R. Lazio Roma Sez. II, Sent., 19-07-2011, n. 6436 Atti amministrativi diritto di accesso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

In data 28.7.2010 la Guardia di Finanza – Nucleo di Polizia Tributaria di Como, ha elevato nei confronti della ricorrente – a conclusione di un’attività di verifica fiscale – un processo verbale di constatazione (PVC).

In conseguenza, in data 13.10.2010 l’Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale di Como – Ufficio Controlli ha notificato alla ricorrente un avviso di accertamento (n.T9K050701911/2010) ed un atto di contestazione (n.T9KCO0700612/2010) relativamente al periodo d’imposta cadente nell’anno 2005.

Dal PVC risulta che il Nucleo di Polizia Tributaria di Como ha avviato la verifica in questione a seguito della trasmissione allo stesso, da parte del Comando Generale della Guardia di Finanza (III Reparto Operazioni – Ufficio Tutela Entrate – I^ Sezione), di un dossier contenente "dati e notizia riguardanti alcuni contribuenti italiani inseriti nella lista dei detentori di disponibilità finanziarie presso la "HSBC Private Bank" di Ginevra (Svizzera)", dossier acquisito presso l’Amministrazione fiscale francese in forza degli Accordi di collaborazione informativa previsti dalla Direttiva n.77/799/CEE del 19.12.1977 e della Convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia e Francia, ratificata con L. 7.1.1992 n.20.

Il Nucleo di Polizia Tributaria di Como non ha tuttavia fornito alla ricorrente alcuna precisazione in merito alle modalità attraverso cui sarebbe avvenuta tale trasmissione, né la copia della documentazione trasmessa (id est: del contenuto documentale del dossier o della relazione informativa); e ciò non ostante le ripetute richieste in tal senso avanzate dall’interessata.

Poiché il Comando Generale della Guardia di Finanza è in possesso di tale relazione informativa (come risulta dal fatto che è stata proprio quest’ultimo a trasmetterla al Nucleo di Polizia Tributaria), la ricorrente ha avanzato nei suoi confronti un’istanza di accesso documentale chiedendo l’esibizione ed il rilascio di copia della documentazione che la riguarda.

In particolare la ricorrente ha chiesto che le fosse consentito l’accesso:

– "a tutti i documenti ed a tutte le informazioni" a lei relative, acquisiste presso l’Amministrazione francese, posti a fondamento dell’attività di verifica fiscale effettuata nei suoi confronti;

– alla nota di trasmissione dell’Autorità fiscale francese dei documenti e delle informazioni allegate;

– ed a tutti i documenti ed atti di informativa allegati, antecedenti o susseguenti alla documentazione di cui sopra.

Ma con foglio del 19.11.2010, comunicato il 23.11.2010, il Comando Generale della Guardia di Finanza ha opposto rifiuto alla ricorrente, rappresentando che i documenti richiesti "rientrano tra gli atti oggettivamente sottratti al diritto di accesso dal DM 29 ottobre 1996 n.603, emanato ai sensi dell’art.24 della Legge n.241/1990" (che prevede l’inostensibilità degli atti "attinenti ad accordi di cooperazione, anche di carattere investigativo nei settori istituzionali sviluppati con l’apporto e la collaborazione di organismi di polizia, fiscali e doganali esteri" e degli "atti istruttori, comunicazioni su ipotesi di frodi in materia tributaria e segnalazioni dei servizi della Commissione dell’Unione europea o di altri organismi internazionali o Stati esteri ai fini della prevenzione delle frodi stesse").

Con nota del 29.11.2010, inviata in data 12.2010, la ricorrente precisava che la richiesta di accesso non riguardava documenti riguardanti "accordi di cooperazione investigativa", né "atti istruttori su ipotesi di frodi", ma semplicemente le lettere di trasmissione dei documenti e delle relazioni informative che a lei si riferivano.

Cionondimeno, con la nota del 17.12.2010, comunicata il 2.12.2010, il Comando Generale della Guardia di Finanza respingeva definitivamente la richiesta di accesso avanzata dall’interessata.

Quest’ultima ha pertanto adìto questo TAR con il ricorso in esame, con il quale chiede che il provvedimento negativo venga annullato e che venga ordinato al’Amministrazione in questione di consentire l’accesso ai documenti richiesti.

Ritualmente costituitasi, l’Amministrazione ha eccepito l’infondatezza della pretesa della ricorrente.

Con ulteriori atti difensivi le parti hanno insistito nelle rispettive richieste.

Infine, nell’udienza camerale del 13.4.2011, udite le conclusioni dei Difensori, la causa è stata posta in decisione.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è fondato.

Con esso la ricorrente lamenta (seppur in ordine differente da quello seguito nella presente decisione) violazione, per errata applicazione, degli artt.24, comma 6, lett. "a" e "c", e 27, comma 7, della L. n.241 del 1990, nonché degli artt.2 e 4 del DM n.603 del 1996 e della L. n.15 del 2005, deducendo:

a) che gli atti dei quali è stata chiesta l’esibizione non rientrano nella categoria dei documenti sottratti all’accesso dagli artt. 2 e 4 del DM n.603 del 1996;

b) che i predetti atti non rientrano neanche nella categoria dei documenti sottratti all’accesso dall’art.24, comma 6, lett. "a" e "c" della L. n.241 del 1990;

c) che – in ogni caso – ai sensi dell’art.27, comma 7, della L. n.241 del 1990 "deve essere comunque garantito ai richiedenti l’accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici"; che tale principio si applica, a maggior ragione, nel caso di necessità di difendersi da atti impositivi scaturenti da procedimenti riscossivi di tributi o di prestazioni imposte; e che l’esercizio del diritto di difesa avverso provvedimenti sanzionatori di imposizione tributaria comporta la visionabilità da parte del soggetto sottoposto ad accertamento, di tutti gli atti del procedimento che hanno condotto alla formulazione delle contestazioni e/o alla comminazione del provvedimento sanzionatorio.

L’articolata doglianza – pur se esposta in ricorso secondo un differente ordine logico – merita di essere condivisa.

1.1. Quanto al primo profilo (sub a), l’art.2, comma 1, lett.b del DM 20.10.1996 n.603, menziona fra i documenti inaccessibili quelli "attinenti ad accordi di cooperazione, anche di carattere investigativo nei settori istituzionali svliluppati con l’apporto e la collaborazione di organismi di polizia, fiscali e doganali esteri",

Ora, dall’interpretazione sistematica del decreto (alla luce dei principii costituzionali che reggono l’Ordinamento), appare evidente:

– che la norma in esame intende sottrarre all’accesso gli accordi strategici mediante cui, in sede investigativa, vengono pianificate e coordinate le attività di indagine per prevenire e contrastare comportamenti illeciti;

– e che la previsione normativa è finalizzata esclusivamente ad evitare che dalla conoscenza delle strategie investigative concordate dalle competenti Autorità amministrative e di polizia giudiziaria, i terzi possano trarre indicazioni utili per aggirare controlli e verifiche; e non anche a limitare il diritto di difesa sottraendo il materiale probatorio acquisito al controllo del soggetto sottoposto al procedimento accertativo.

E poiché la ricorrente ha chiesto di accedere non già ad atti organizzativi interni volti a stabilire strategie e tecniche investigative, ma semplicemente ad atti relativi a verifiche già effettuate sulla sua persona (nella specie: sulla sua posizione economicopatrimoniale), che – a chiusura di una fase sub procedimentale – hanno costituito titolo (id est: fondamento probatorio) per l’avvio di un procedimento di tributario a suo carico, non si vede la ragione per la quale la sua istanza – volta al controllo, per evidenti fini difensivi, della legalità dell’azione amministrativa – debba essere respinta.

E’ altrettanto evidente come neanche l’art.4, comma 1, lett."b", sul quale (pure) l’Amministrazione fonda il diniego, si attagli alla fattispecie.

Esso sottrae all’accesso "atti istruttori, comunicazioni su ipotesi di frodi in materia tributaria e segnalazioni dei servizi della Commissione dell’Unione europea o di altri organismi internazionali o Stati esteri ai fini della prevenzione delle frodi stesse".

Anche in tal caso appare evidente che la norma intende sottrarre al diritto di accesso gli atti relativi alla programmazione e/o al coordinamento dell’attività investigativa volta alla prevenzione dei reati tributari, e non certo i documenti, richiamati in atti di contestazione, che l’Amministrazione assume come prova di violazioni ormai accertate (o asseritamente accertate).

E del resto se documenti richiamati in atti di contestazione non fossero ostensibili all’"accusato" (rectius: al destinatario dell’atto di contestazione), il diritto di difesa ed il principio del giusto procedimento risulterebbero macroscopicamente ed abnormemente violati.

Sicchè delle due, l’una:

– o l’Amministrazione decide di non richiamare (non citare, non indicare) nel provvedimento notificato al cittadino (soggetto ad accertamenti fiscali) i documenti che intende tenere riservati o segreti; ed in tal caso essi non possono concorrere a formare la motivazione provvedimentale;

– ovvero decide di richiamare nel provvedimento i documenti asseritamente riservati (o segreti) e di basare la motivazione, in parte o in toto, sugli stessi; ed in tal caso è evidente che essi non possono continuare a rimanere "oscurati" anche nei confronti dei soggetti "contro" i quali producono effetti.

I principii sopra enunciati si conformano, peraltro, al consolidato orientamento del Consiglio di Stato, che in precedenti analoghi, ha statuito che "in sede di interpretazione del divieto di accesso agli atti del procedimento tributario (… omissis…), occorre procedere ad una lettura costituzionalmente orientata della disposizione, alla stregua della quale l’inaccessibilità agli atti in questione è solo temporalmente limitata alla fase di pendenza del procedimento tributario, non rilevandosi esigenze di segretezza nella fase che segue la conclusione del procedimento di adozione del provvedimento definitivo di accertamento dell’imposta dovuta… "(CS, IV^, 11.2.2011 n.925).

Con il che resta acclarato che nel momento stesso in cui l’Amministrazione passa dalla fase degli accertamenti interni (verifiche ed indagini) a quella della formale contestazione di addebiti, il cittadino "accusato" ("colpito", pregiudicato) deve essere posto nelle condizioni di difendersi esaminando tutta la documentazione posta a base della contestazione stessa.

1.2. Anche il secondo profilo di doglianza (sub b), merita condivisione.

L’art.24, comma 6, lett. "a" e "c" della L. n.241 del 1990 sottraggono all’accesso:

– i documenti amministrativi dalla cui divulgazione "possa derivare una lesione, specifica ed individuata, alla sicurezza e alla difesa nazionale, all’esercizio della sovranità nazionale ed alla correttezza delle relazioni internazionali";

– i documenti che "riguardino le strutture, mezzi, le dotazioni, il personale e le azioni strettamente strumentali alla tutela dell’ordine pubblico, alla prevenzione o repressione della criminalità, con particolare riferimento alle tecniche investigative, alla identità delle fonti di informazione e alla sicurezza dei beni e delle persone coinvolte, all’attività di polizia giudiziaria e di conduzione delle indagini".

E’ evidente che il legislatore si riferisce, ancora una volta, alla documentazione attinente all’attività organizzativa interna dell’Autorità preposta alla raccolta delle prove, e non già alla documentazione costituente prova (ormai acquisita) e presupposto per la contestazione di addebiti.

Non v’è dubbio, infatti, che quest’ultima debba essere fornita all’accusato per consentirgli di difendersi.

E che se così non fosse, la normativa in esame sarebbe macroscopicamente viziata per contrasto con i principi, garantiti sia dalla Costituzione che dal Trattato istitutivo dell’Unione Europea, del giusto procedimento e del diritto di difesa.

1.3. Fondati si appalesano, infine, anche gli altri profili di doglianza.

1.3.1. La giurisprudenza amministrativa ha affermato:

– che "è ormai principio consolidato che il diritto di accesso ai documenti amministrativi di cui all’art.22, legge 7 agosto 1990, n. 241, trova applicazione in ogni tipologia di attività della pubblica amministrazione, essendo posto a garanzia della trasparenza ed imparzialità della P.A., di talchè, in linea di principio, l’Amministrazione detentrice dei documenti amministrativi, purchè direttamente riferibili alla tutela di un interesse personale e concreto, non può limitare il diritto di accesso, se non per motivate esigenze di riservatezza" (TAR Lazio, I^ Bis, 29.1.2008 n. 657);

– che "il riconoscimento nel nostro Ordinamento del principio di pubblicità dei documenti amministrativi, attuato con la L. 7.8.1990 n.241, comporta che il segreto amministrativo, già regola, deve ora essere considerato eccezione… (…)…" (CS, Ad.Pl., 7.2.1997 n.5);

– che "qualora l’accesso ai documenti amministrativi sia motivato dalla cura o la difesa di propri interessi giuridici, prevale sull’esigenza di riservatezza del terzo" (CS, Ad.Pl., 7.2.1997 n.5);

– che "è principio consolidato che il diritto di accesso ai documenti amministrativi (…), posto a garanzia della trasparenza ed imparzialità della P.A., trovi applicazione in ogni tipologia di attività della P.A."; e che "in linea di principio, dunque, l’Amministrazione detentrice dei documenti amministrativi, purchè direttamente riferibili alla tutela di un interesse personale e concreto, non può limitare il diritto di accesso, se non per motivate esigenze di riservatezza" (TAR Lazio, I^, 24.4.2007 n.3619);

– che "l’interesse alla riservatezza, tutelato dalla L..7.8.1990 n.241 mediante una limitazione del diritto di accesso, recede quando l’accesso stesso sia esercitato per la difesa di un interesse giuridico, nei limiti in cui esso è necessario alla difesa di quell’interesse" (CS, Ad.Pl., 7.2.1997 n.5);

– che "l’art.8 comma 5 lett. d) del regolamento approvato con DPR 27.6.1992 n.352, pur ammettendo la possibilità di sottrarre all’accesso i documenti riguardanti la "riservatezzà di terzi, fa comunque salva la visione degli atti dei procedimenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i loro stessi interessi giuridici, sicchè l’interesse alla riservatezza tutelato dalla normativa mediante una limitazione del diritto d’accesso è destinato a recedere quando l’accesso stesso sia esercitato per la difesa di un interesse giuridico, nei limiti in cui esso è necessario alla difesa di quell’interesse" (CS, VI^, 12.4.2007 n.1699);

– che "l’accesso ai documenti amministrativi va consentito anche quando la relativa istanza sia preordinata alla loro utilizzazione in giudizio (…)"(CS, Ad.Pl., 28.4.1999 n.6);

– che "il diritto di accesso ai documenti previsto dagli artt. 22 ss., della L. 7.8.1990 n.241, finalizzato alla trasparenza e pubblicità dell’azione amministrativa, se pure suscettibile di deroga, prevale rispetto alla tutela della riservatezza, specialmente a fronte dell’esigenza di cura e difesa di interessi giuridicamente rilevanti dei ricorrenti; pertanto tale diritto deve essere riconosciuto in merito alla richiesta volta all’ostensione di documenti necessari ai fini della proposizione di un’azione giudiziaria (…)…" (TAR Trentino Alto Adige, Trento, 19.1.2007 n.10);

– che "allorquando venga presentata una richiesta di accesso documentale motivata con riferimento alla necessità di tutelare i propri interessi nelle competenti sedi giudiziarie (…), l’accesso non può essere negato" (TAR Sicilia, Catania, IV^, 9.3.2007 n.437);

– che "ai sensi dell’art.22 della L. n.241 del 1990, il diritto di accesso spetta ai soggetti che siano titolari di una situazione giuridicamente rilevante" (TAR Lazio, III^ Ter; 22.4.2009 n.4004);

– che "la posizione che legittima all’accesso non deve necessariamente possedere tutti i requisiti stabiliti per la proposizione del ricorso al giudice amministrativo avverso un atto lesivo della posizione giuridica vantata, tra i quali l’attualità dell’interesse ad agire, essendo sufficiente che l’istante sia titolare di un interesse giuridicamente rilevante e che il suo interesse alla richiesta di documenti si fondi su tale posizione" (TAR Lazio, III^ Ter; 22.4.2009 n. 4004);

– che "la nozione di "situazione giuridicamente rilevante’, per la cui tutela è attribuito il diritto di accesso, è nozione diversa e più ampia rispetto all’interesse all’impugnativa e non presuppone necessariamente una posizione soggettiva qualificabile in termini di diritto soggettivo o di interesse legittimo; così che la legittimazione all’accesso va riconosciuta a chiunque possa dimostrare che gli atti procedimentali oggetto dell’accesso abbiano spiegato o siano idonei a spiegare effetti diretti o indiretti nei suoi confronti, indipendentemente dalla lesione di una posizione giuridica, stante l’autonomia del diritto di accesso inteso come interesse ad un bene della vita distinto rispetto alla situazione legittimante all’impugnativa dell’atto" (CS, VI^, 27.10.2006 n.6440);

– che "secondo l’interpretazione prevalente, l’esigenza di una puntuale indicazione degli estremi degli atti oggetto della domanda di accesso deve intendersi in modo flessibile e non formalistico, non occorrendo dunque l’indicazione di tutti gli estremi identificativi (organo emanante, numero di protocollo, data di adozione dell’atto), ma potendosi ritenere l’onere assolto con l’indicazione dell’oggetto e dello scopo cui l’atto è indirizzato, sì da mettere l’Amministrazione in condizione di comprendere la portata ed il contenuto della domanda (Cons. Stato, Sez. VI, 27/10/2006, n. 6441)" (TAR Lazio, III^ Ter; 2.12.2008 n.10931).

Ora, nella fattispecie dedotta in giudizio la ricorrente ha chiesto di accedere agli atti in base ai quali, al termine della fase preliminare delle verifiche e degli accertamenti, gli sono state mosse contestazioni (mediante apposito processo verbale di contestazione) ed è stato avviato un procedimento tributario a suo carico; procedimento al quale Essa è ammessa a partecipare – in base ai noti proncipii che reggono l’azione amministrativa – proprio per poter chiarire la sua posizione, controdeducendo e difendendosi

Non appare revocabile in dubbio, pertanto, che in forza dei principii giurisprudenziali sopra richiamati (non ultimo quello formulato in CS, IV^, 11.2.2011 n.925), la ricorrente:

– vanti un interesse personale, diretto ed immediato, a visionare le relazioni informative in relazione alle quali sta subendo un’azione di accertamento che ritiene ingiusta (volta ad imporle pagamenti per imposte che ritiene non dovute);

– abbia titolo ad ottenere la copia dei predetti atti e finanche degli atti ad essi eventualmente allegati o con essi strumentalmente connessi; documentazione che Le è necessaria (o comunque utile) per verificare se i criteri e le procedure utilizzate dall’Amministrazione per giustificare l’avvio del procedimento siano stati corretti e conformi alla legge; e per tutelarsi presso le opportune sedi, eventualmente giudiziarie.

E poiché, come si è rilevato, la giurisprudenza è pacifica nel concedere l’accesso ai documenti quando la visione degli stessi appare strumentale (id est: necessaria o anche solamente utile) all’esercizio del diritto di difesa, non v’è ragione per negare alla ricorrente di esaminare la documentazione richiesta al fine di vagliarne la legittimità e/o regolarità anche solamente formale.

1.3.2. E ciò a maggior ragione in quanto nell’Ordinamento italiano l’Amministrazione finanziaria (il Fisco) si trova – di regola e per antica tradizione – in una posizione di supremazia rispetto al contribuente; sicchè non appare equo né conforme ai principi costituzionali (ed alle norme costituzionali e comunitarie che tutelano i cc.dd. "diritti fondamentali") che a quest’ultimo venga sottratto (anche) il diritto di conoscere dettagliatamente e con estrema chiarezza le specifiche ragioni per le quali viene chiamato a pagare somme di denaro ed a subire esecuzioni forzose in sede amministrativa.

L’eccezione sollevata dall’Amministrazione finanziaria, che sostiene di non potere comunicare al ricorrente i dati richiesti perché gli stessi sarebbero "coperti" da riservatezza, non è condivisibile.

Ed invero secondo un elementare principio di giustizia, la riservatezza non può mai essere opposta al diretto destinatario di un’azione amministrativa, il quale assuma di essere stato da essa pregiudicatoe che chieda di esaminare i provvedimenti dei quali è destinatario al fine di comprendere se la stessa sia fondata sul corretto esercizio del pubblico potere.

In altri termini, il carattere segreto di un documento non può essere mai opposto (o eccepito) a colui il quale subisce un’azione ablatoria, impositiva, esecutiva (o comunque compressiva dei suoi diritti), fondata proprio su quel documento.

2. In considerazione delle superiori osservazioni, il ricorso va accolto con conseguente annullamento del provvedimento di diniego impugnato.

Va inoltre ordinato all’Amministrazione di esibire alla ricorrente – entro 30 giorni dalla notificazione a cura di parte della presente decisione – la documentazione da essa richiesta, consentendo altresì l’estrazione di copie.

Si ravvisano giuste ragioni per condannare la parte soccombente al pagamento delle spese processuali, che si liquidano in complessive Euro.1.500, oltre I.V.A. e C.P.A..

P.Q.M.

definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso, e, per l’effetto, annulla il provvedimento di diniego impugnato ed ordina all’Amministrazione di esibire i documenti richiesti con le modalità e nel termine indicato in motivazione.

Condanna l’Amministrazione al pagamento, in favore della ricorrente, delle spese processuali nella misura indicata in motivazione.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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