Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 08-07-2011) 14-07-2011, n. 27687

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Avverso l’ordinanza 18.1-4.3.2011, con cui il Tribunale di Catanzaro ha confermato la custodia carceraria deliberata dal GIP di Cosenza il 26.11.2010 nei confronti di P.F. per il reato di concorso in tentata estorsione aggravata, anche ai sensi del D.L. n. 152 del 1991, art. 7, in danno di C.C., gestore di autorimessa, ricorre per cassazione il difensore fiduciario, con unico articolato motivo denunciando inosservanza o erronea applicazione degli artt. 110 ss c.p. e dell’art. 7 citato, nonchè manifesta illogicità/contraddittorietà della motivazione. Secondo il ricorrente, poichè dalle dichiarazioni della persona offesa sarebbe risultato che il P. si era limitato ad accompagnare il soggetto autore della richiesta estorsiva, rimanendo in auto ed intervenendo solo quando i due avevano iniziato una discussione gesticolando, erroneamente i Giudici del merito cautelare avrebbero ritenuto provato il suo concorso, la presenza solo ‘passivà e l’assenza di intercettazioni a suo carico facendo invece mancare la prova di consapevolezza dei contenuti delle richieste, comunque di una sua condotta oltre la mera connivenza, in ogni caso dovendosi applicare la fattispecie del concorso ‘anomalò e mancando la prova del dolo dell’agevolazione ad associazione mafiosa.

2. Il ricorso è inammissibile, perchè l’articolato motivo è diverso da quelli consentiti, prospettando censure di stretto merito alla valutazione del materiale probatorio operata, in modo tra loro conforme, dai due Giudici della cautela.

Dopo aver riportato numerose ed integrali pagine di atti del procedimento – per sè irrilevanti a concretizzare motivazione alcuna – il Tribunale ha tuttavia spiegato a pag. 40 di aver giudicato sussistente la consapevolezza del P. in ordine alla partecipazione attiva al tentativo di estorsione, oltre che per la sua presenza e l’attivazione a fronte di un confronto anche gestuale in atto, per essere stato il ricorrente presente quando la persona offesa aveva urlato ribadendo che nulla avrebbe pagato. Il Riesame ha specificamente valutato infondata la lettura alternativa proposta dalla difesa, ed ha pure spiegato di aver ritenuto sussistente l’aggravante perchè al C. era stato prospettato che tutti gli esercenti corrispondevano il ‘pizzò, così indicandosi il controllo in atto del territorio, da parte del ‘clan’.

Si tratta di una motivazione complessivamente non apparente ed immune dai vizi solo genericamente lamentati dal ricorso, che in realtà si risolve, appunto, nella riproposizione della negatoria della valenza accusatoria dei singoli elementi di prova, sollecitandone la rivalutazione, invece del tutto preclusa in questa sede di legittimità.

Consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, equa al caso, di Euro 1000 alla Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000 alla Cassa delle ammende.

Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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