T.A.R. Lazio Roma Sez. III, Sent., 19-07-2011, n. 6469 Pensioni, stipendi e salari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Col ricorso in esame, la signora M.M. ha impugnato (con contestuale ed infruttuosa, richiesta di tutela cautelare) il provvedimento – comunicatole il 15.3.99 – volto al recupero coattivo di una determinata somma di denaro.

All’esito della discussione svoltassi nella pubblica udienza dell’1.7.2011, il Collegio – trattenuto il predetto ricorso (nel frattempo, debitamente istruito) in decisione – ne constata la sostanziale infondatezza.

In proposito; premesso

che, l’1.9.95, l’interessata (come risulta, indubitabilmente, "per tabulas") si è dimessa dal servizio;

che (cionondimeno) la p.a. (per un disguido "interno": connesso con l’avvio delle nuove procedure automatizzate) ha continuato a corrisponderle lo stipendio sino al 31.5.96,

si osserva

che a fronte di tale situazione, il recupero "de quo" (in quanto nascente direttamente dal disposto dell’art.2033 c.c.) si rivela atto pienamente doveroso: soddisfacendosi, con esso, un interesse pubblico che – trovandosi "in re ipsa" (e dovendo comunque considerarsi prevalente rispetto a quello, privato, che vi risulti contrastante) – non occorre (neppure) che venga esplicitato in una motivazione particolarmente dettagliata;

che, in quest’atto, è implicito l’annullamento (con effetti "ex tunc") del provvedimento sulla cui base erano stati erogati gli emolumenti non dovuti (anche se non manca, in giurisprudenza, chi ritiene che errori quali quello di cui è causa possano esser corretti anche con un comportamento meramente materiale: non occorrendo – cioè – un formale atto di autotutela, che annulli la precedente determinazione);

che, in ogni caso (e a sua volta), il menzionato (e presupposto) atto di ritiro è intuitivamente ispirato dall’interesse – proprio dell’intera collettività nazionale – alla cessazione di un indebito esborso di pubblico denaro;

che il richiamo alla buona fede è, qui, del tutto incongruo: atteso che, "in subjecta materia", ogni questione sullo stato d’animo dei percipienti le somme illegittimamente erogate (e, più in generale, sull’eventuale eccesso di potere dell’organo agente nel disporre il contestato recupero) deve ritenersi priva di rilevanza: non essendosi in presenza di un’attività discrezionale dell’Amministrazione interessata; ma controvertendosi, esclusivamente, sulla giusta determinazione del rapporto "dareavere" tra datore di lavoro (non importa, al riguardo, se privato o pubblico) e lavoratore.

Null’altro reputa di dover evidenziare, il Collegio (se non che il recupero in esame è stato disposto con modalità tali da non incidere soverchiamente sulle esigenze di vita dell’interessata), a dimostrazione della riscontrata infondatezza della proposta impugnativa.

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza)

rigetta il ricorso indicato in epigrafe;

condanna la proponente al pagamento delle spese del giudizio: che liquida in complessivi 2000 euro.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *