Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 08-07-2011) 14-07-2011, n. 27673 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

S.A., ricorre, a mezzo del suo difensore, avverso l’ordinanza 21 marzo 2011 del Tribunale del riesame di Roma (che ha confermato l’ordinanza 24 febbraio 2011 del G.I.P. del Tribunale di Cassino in relazione all’accusa D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 73), deducendo vizi e violazioni nella motivazione nella decisione impugnata, nei termini critici che verranno ora riassunti e valutati.

2.) i motivi di impugnazione e le ragioni della decisione di questa Corte.

Il ricorrente eccepisce che l’ordinanza impugnata sia priva di idonea e logica motivazione sulla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in merito al preteso apporto dell’indagato, S. A., all’azione criminosa posta in essere dal connazionale tenuto conto che: a) alla guida dell’autovettura controllata vi era il coindagato, B.O.; b) l’involucro contenente la sostanza stupefacente è stato materialmente prelevato da quest’ultimo; c) solo il B. ha tentato di fuggire all’intervento degli agenti del Commissariato; d) la somma di denaro di Euro 2050,00 è stata rinvenuta sulla persona del coimputato; c) a carico del ricorrente militano solo due circostanze neutre ed irrilevanti, date dalla sua presenza in macchina ed in loco insieme a B.; nonchè dal rinvenimento, a seguito di perquisizione, di una busta di un supermercato "simile" a quella dove era custodita la cocaina in sequestro dove, tra l’altro, era custodito del denaro, non sequestrato, perchè ritenuto di lecita provenienza; f) non è stato rinvenuto presso abitazione di S.A. alcuno degli strumenti necessari al confezionamento delle singole dosi.

Il ricorrente lamenta poi carenza di motivazione sulle esigenze cautelari e sulla ritenuta adeguatezza della misura applicata.

In particolare si sostiene che la destinazione allo spaccio della sostanza in sequestro, nonchè il luogo di occultamento della stessa non sono elementi sufficienti a giustificare il pericolo di reiterazione di reati della stessa specie per cui si procede, tenuto conto che l’indagato è incensurato, ha una lecita attività lavorativa e si trova regolarmente sul territorio italiano.

La ritenuta adeguatezza della misura applicata poi non potrebbe neppure fondarsi su un ipotetico pericolo che l’indagato possa riavviare il "lucroso commercio" anche in stato di restrizione domestica in assenza di elementi concreti ed attuali.

I due motivi sono palesemente inammissibili per più profili.

Innanzitutto, in materia di misure cautelari personali, sia la scelta che la valutazione delle fonti di prova rientrano tra i compiti istituzionali del giudice di merito ed entrambe sfuggono al controllo del giudice di legittimità, se -come nella specie e nei termini dianzi trascritti- risultano adeguatamente motivate e immuni da errori logico-giuridici. A tali scelte e valutazioni non può infatti opporsi, a fronte di una corretta giustificazione, un diverso criterio o una diversa interpretazione, anche se dotati di pari dignità (Cass. Penale sez. 6, 3000/1992, Rv. 192231 Sciortino).

In secondo luogo, nello stesso tema, il ricorso per cassazione, che deduca insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ed inattualità ed assenza delle esigenze cautelari, è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero che si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate e valorizzate dal giudice di merito (Cass. pen. sez. 5, 46124/2008, Rv.

241997, Magliaro. Massime precedenti Vedi: N. 11 del 2000 Rv. 215828, N. 1786 del 2004 Rv. 227110, N. 22500 del 2007 Rv. 237012, N. 22500 del 2007 Rv. 237012).

Nella vicenda, nessuna di tali due evenienze -violazione di legge o vizio di motivazione rilevante ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) – risulta essersi verificata, a fronte di una motivazione che è stata in concreto diffusamente prospettata in modo logico, senza irragionevolezze, con completa e coerente giustificazione di supporto alla affermata persistenza dei criteri che impongono la misura e ne fondano la peculiare adeguatezza.

Stessa conclusione va assunta per la richiesta di attenuazione della misura, fondata su di una critica della decisione che, peraltro, ignora la puntuale giustificazione offerta nel provvedimento in ordine alla non praticabilità di una misura diversa da quella carceraria.

Il ricorso è dunque, inammissibile anche per manifesta infondatezza e, a norma dell’art. 616 c.p.p. il ricorrente va condannato, oltre che al pagamento delle spese del procedimento, a versare una somma, che si ritiene equo determinare in Euro 1000,00 in favore della cassa delle ammende.

Inoltre, non conseguendo dalla decisione la rimessione in libertà del ricorrente, va disposta, ex art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter, la trasmissione di copia del provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario in cui l’indagato è ristretto, per gli adempimenti di rito.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 in favore della Cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

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