Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 07-07-2011) 14-07-2011, n. 27622

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il 14 dicembre 2010 il Tribunale di sorveglianza di Lecce rigettava l’opposizione proposta da R.R. avverso il provvedimento del locale Magistrato di sorveglianza del 10 settembre 2010 che aveva disposto a titolo di sanzione alternativa alla detenzione l’espulsione del cittadino extracomunitario R. R., detenuto in espiazione della pena di due anni, cinque mesi, venticinque giorni di reclusione inflitta con sentenza del Tribunale di Mantova del 14 marzo 2008 e titolare di un permesso di soggiorno scaduto in data 24 aprile 2010. 2. Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione personalmente R.R., il quale formula le seguente censure.

Lamenta la violazione e l’erronea applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2, lett. b), nonchè mancanza, contraddittorietà, manifesta illogicità della motivazione, atteso che l’omessa presentazione della istanza di rinnovo del permesso di soggiorno era da ricondurre ad una causa di forza maggiore (lo stato di detenzione in carcere, tenuto conto anche della circolare del Ministero dell’Interno del 4 settembre 2001, secondo la quale sono irricevibili le istanze di rinnovo del permesso di soggiorno avanzate da stranieri detenuti.

Prospetta, inoltre, in subordine, questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 16, comma 5, e successive modifiche per contrasto con gli artt. 2, 3, 13 e 24 Cost., art. 101 Cost., comma 2, art. 111 Cost., commi 1 e 2.
Motivi della decisione

Il ricorso non è fondato.

1. La figura speciale di espulsione "sostitutiva", prevista dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 16, comma 5, e succ. modifiche nei confronti dello straniero condannato e detenuto in esecuzione pena, presuppone necessariamente che questi si trovi in taluna delle situazioni indicate nel D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2.

Lo stato di detenzione del cittadino extracomunitario non costituisce una causa di forza maggiore idonea a giustificare, ai sensi del predetto art. 13. comma 2. l’omessa richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno scaduto. Infatti, tutte le comunicazioni relative alla corrispondenza personale del detenuto ben possono essere inoltrate tramite il Direttore dell’istituto penitenziario che è tenuto a inoltrare, ritirare, consegnare tutta la corrispondenza diretta alla Questura o proveniente da tale ufficio, così come stabilito dal regolamento di attuazione del D.P.R. 31 agosto 1999, n. 294, art. 10, comma 4.

In tale contesto, la mancata presentazione dell’istanza di rinnovo di permesso di soggiorno scaduto da parte del cittadino extracomunitario detenuto è da ascrivere non ad una causa di forza maggiore, bensì a sua negligenza.

2. Le dedotte questioni di legittimità costituzionale non sono fondate.

Esse hanno formato oggetto dell’ordinanza n. 226 emessa dalla Corte Costituzionale l’8 luglio 2004, avente ad oggetto l’esame del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 16, comma 5, e successive modifiche con riferimento agli artt. 2, 3, 13 e 24 Cost., art. 101 Cost., comma 2, art. 111 Cost., commi 1 e 2.

La Corte si è occupata, preliminarmente di definire la natura dell’espulsione a titolo di sanzione sostitutiva disciplinata dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 16, comma 1 (già L. 6 marzo 1998, n. 40, art. 14, rimasto immutato dopo le modifiche recate dalla L. n. 189 del 2002), caratterizzata da rilevanti affinità con l’espulsione a titolo di sanzione alternativa di cui all’art. 16, comma 5, essendo anch’essa, tra l’altro, attribuita alla competenza di un organo giurisdizionale. Al riguardo ha argomentato che l’espulsione, pur se disposta dal giudice, sì configura come una misura di carattere amministrativo, in quanto, da un lato, la sua esecuzione è affidata al Questore anzichè al Pubblico ministero, e, dall’altro, che il testo dell’art. 16, comma 1, "richiama le condizioni che costituiscono il presupposto dell’espulsione amministrativa prevista dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 11 (ora art. 13), così rendendo evidente la sostanziale sovrapposizione fra le due misure e la conseguente necessità di una loro armonizzazione sistematica".

Sulla base della riconosciuta natura amministrativa anche dell’espulsione prevista dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 16, comma 5, (cfr. in proposito anche ordinanza n. 369 del 1999), posto che anche tale misura è subordinata alla condizione che lo straniero si trovi in taluna delle situazioni che costituiscono il presupposto dell’espulsione amministrativa disciplinata dall’art. 13, alla quale si dovrebbe comunque e certamente dare corso al termine dell’esecuzione della pena detentiva, cosicchè, nella sostanza, viene solo ad essere anticipato un provvedimento di cui già sussistono le condizioni, la Corte ha ritenuto non pertinenti i profili di illegittimità costituzionale prospettati muovendo dall’erroneo presupposto che essa integri gli estremi di una sanzione penale o di una misura alternativa alla detenzione.

La natura amministrativa comporta che l’istituto sia comunque assistito dalle garanzie che accompagnano l’espulsione disciplinata dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13. Alcune di tali garanzie sono espressamente previste nell’art. 16, commi 5 e segg., mentre altre si atteggiano in maniera diversa, stante il differente contesto processuale in cui intervengono i due provvedimenti di espulsione, ovvero possono essere desunte in via interpretativa attraverso il confronto tra il cit. D.Lgs., artt. 13 e 16; che sono comuni alle due disposizioni, tra l’altro: il divieto, previsto rispettivamente nell’art. 13, comma 12, e nell’art. 16, comma 9, di procedere all’espulsione dello straniero che si trovi nelle condizioni elencate nell’art. 19; l’impugnabilità del provvedimento di espulsione, rispettivamente prevista nell’art. 13, comma 8 e, con effetto sospensivo, nell’art. 16, commi 6 e 7; la garanzia del decreto motivato, rispettivamente richiamata nell’art. 13, comma 3 e dell’art. 16, comma 6.

Con riferimento all’espulsione prevista dall’art. 16, comma 5, la garanzia dell’opposizione al Tribunale di sorveglianza, con effetto sospensivo, svolge anche la funzione di assicurare, sia pure in un momento successivo alla pronuncia del decreto di espulsione, il contraddittorio tra le parti e l’esercizio del diritto di difesa. alla stregua di quanto dispone per il procedimento di esecuzione l’art. 666 c.p.p., a cui fa espresso richiamo l’art. 678 c.p.p., nel disciplinare il procedimento di appello davanti al Tribunale di sorveglianza.

Nulla impedisce al Magistrato di sorveglianza, prima di emettere il decreto di espulsione, di acquisire dagli organi di polizia non solo, a norma dell’art. 16, comma 6, le informazioni sull’identità e sulla nazionalità dello straniero, ma qualsiasi tipo di informazione necessaria o utile al fine di accertare la sussistenza dei presupposti e delle condizioni che legittimano l’espulsione, posto che ne disporre l’analoga misura amministrativa di cui all’art. 13, comma 3, il Questore può evidentemente avvalersi di informazioni a tutto campo sullo straniero nei cui confronti deve essere disposta l’espulsione.

Sulla base di tali considerazioni sistematiche e interpretative, tutte le questioni di legittimità costituzionale prospettate devono ritenersi prive di pregio.

Al rigetto del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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