Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 07-07-2011) 14-07-2011, n. 27615

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il Giudice di pace di Livorno condannava M.F. per il reato di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 10 bis, osservando che non vi era alcuna violazione di legge nel fatto che l’atto di autorizzazione alla presentazione in giudizio che costituiva parte del decreto che disponeva il giudizio non fosse stato tradotto in lingua conosciuta all’imputato in quanto tali atti erano stati formati all’atto dell’accertamento con la presenza dell’interprete.

Inoltre rilevava che sussisteva la prova del reato essendo stato trovato nel territorio in posizione di permanenza irregolare e sprovvisto di documenti.

Avverso la decisione presentava ricorso l’imputato e deduceva:

– Violazione di legge in quanto l’atto di autorizzazione alla presentazione in giudizio doveva essere tradotto all’imputato in quanto conteneva informazioni utili per il medesimo al pari del decreto che disponeva il giudizio;

– Violazione di legge in quanto non si era dimostrato che l’imputato fosse in Italia da più di 8 giorni;

– Mancanza di motivazione sulle eccezioni sollevate dalla difesa, tra le quali anche quella che la espulsione amministrativa era causa di non procedibilità dell’azione penale, mentre si era omessa ogni verifica in proposito.

La Corte ritiene che il ricorso debba essere rigettato. Il Giudice di pace aveva risposto, all’eccezione processuale sull’omessa traduzione dell’atto di autorizzazione alla presentazione, con ordinanza emessa in udienza e quindi non sussisteva alcuna omessa pronuncia;

l’autorizzazione era stata formata in presenza dell’interprete che quindi aveva potuto rendere edotto l’indagato di quanto vi era contenuto.

Nel merito il ricorso è infondato in quanto l’imputato è stato trovato non solo privo di permesso di soggiorno ma anche di qualunque documento, dal che se ne deduceva che era entrato illegalmente in Italia e pertanto a lui competeva l’onere di dimostrare l’esistenza di un titolo di ingresso legittimante la sua condizione (Sez. 11 dicembre 2010 n. 57, rv. 249472).

Non vi è alcuna prova che lo straniero fosse stato espulso e, pertanto, il terzo motivo di ricorso è del tutto privo di ogni riscontro, oltre al fatto che la questione non risulta sollevata davanti al giudice di merito, per lo meno alla luce degli atti consultabili in questa sede.

Il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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