Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 04-07-2011) 14-07-2011, n. 27667 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il Tribunale della Libertà di Salerno, con l’ordinanza impugnata, ha respinto i ricorsi proposti da E.M., M. L., N.F., P.F., avverso il provvedimento con cui il Gip di quel tribunale aveva applicato loro la massima misura custodiale per i reati di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 e 74. 2. I ricorsi, proposti separatamente dall’ E. e da M. sono sovrapponibili, in quanto incentrati entrambi sulla denuncia di assoluto difetto di adeguata disamina degli elementi indiziari, per quanto riguarda il reato associativo; l’organicità sarebbe desunta dalla considerazione logica che essendo i gestori del traffico, anche riforniti di grossi quantitativi nell’interesse del clan Esposito, non potevano non collocarsi che all’interno del contesto associativo.

Tuttavia, le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia citati nella ordinanza, sul punto che costoro fossero i gestori del traffico per conto del capo clan, non erano riscontrate e facevano venir meno l’indizio a carico di essi ricorrenti. Inoltre un quarto collaboratore dello stesso clan Esposito aveva riferito di contrasti avuti con i due indagati, sintomatici della loro estraneità al sodalizio; erano inconsistenti gli ulteriori elementi a loro carico quali il numero dei contatti telefonici. Era fisicamente impossibile il trasporto della droga con li auto indicata dai collaboratori e mancavano gli elementi normativi per la applicazione della massima misura.

3. P.F. si duole della illogicità della motivazione, che ha dato atto che nessuno dei collaboratori riscontra il medesimo segmento di condotta, ma poichè essi convergono nell’indicare l’indagato come persona addetta al traffico, in contatto con il capo clan, ne ha desunto la validità indiziaria, erroneamente ed arbitrariamente; contesta i presupposti per la applicazione della misura.

4. N.F. denuncia la illogicità della motivazione, che nonostante le molteplici contraddizioni di tre dei collaboratori, già definite in una precedente ordinanza di riesame, inconciliabili, al punto da annullare la disposta custodia, si affida alle sopravvenute dichiarazioni di un quarto collaboratore che invece non risolve affatto le precedenti contraddizioni sull’episodio contestato (acquisto di cocaina avvenuto tra il (OMISSIS)). Rileva che sulla applicazione della massima misura difetta del tutto la motivazione.

Motivi della decisione

L’ordinanza impugnata presenta, in relazione a ciascuna delle posizioni esaminate, manchevolezze ed illogicità che ne impongono l’annullamento con rinvio al giudice di merito per nuovo esame. Le posizioni di E. e M.:

Il Tribunale distrettuale non ha curato di individuare, a fronte, peraltro, delle specifiche lagnanze avanzate dai due indagati, reiterate in questa sede, quale fosse il loro rapporto organico con l’asserito clan facente capo a E.G. ed in particolare come la loro posizione di acquirenti di grossi quantitativi di droga li collocasse all’interno della struttura con il ruolo di gestori per conto del capo clan. Al riguardo, ai fini del ragionamento inferenziale, non può ritenersi sufficiente la circostanza che tutti e tre i collaboratori di giustizia abbiano loro attribuito rifornimenti di grosse quantità, poichè tale dato non porta univocamente alla conclusione che essi avessero stretto un patto sociale con l’ E. e con gli altri indagati. Non risultano enunciati in atti altri elementi indicativi della adesione, quali espressi dalla costante giurisprudenza di questa corte.

Infatti, è da rammentare in relazione alla figura dell’acquirente, che poi a sua volta rivenda (come appunto nel caso in esame), che integra la condotta di partecipazione ad un’associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti la costante disponibilità all’acquisto delle sostanze stupefacenti di cui l’associazione fa traffico, perchè agevola lo svolgimento dell’attività criminosa dell’associazione ed assicura la realizzazione del suo programma delittuoso, sempre che si accerti che essa è posta in essere avvalendosi continuativamente delle risorse dell’organizzazione, con la coscienza e volontà dell’autore di farne parte e di contribuire al suo mantenimento.

In mancanza di ulteriori sintomi partecipativi, da affiancare alle chiamate, che pur valide, non sono state tuttavia analizzate nei dettagli, dal giudice distrettuale, il percorso argomentativo in tema di partecipazione al reato associativo è all’evidenza monco, basato su un unico dato, che di per sè non lo sorregge, nè esaurisce l’esame del paradigma legale del reato ascritto agli indagati.

Si impone il rinvio, per la necessità di un nuovo esame, che investirà consequenzialmente anche le esigenze cautelari.

La posizione di N.F.:

Il tribunale non ha risolto, con adeguato ragionamento, le contraddizioni che riguardano la convergenza degli indizi a carico dell’indagato.

Invero, il giudizio prognostico di qualificata probabilità di responsabilità del ricorrente non è espresso in modo esaustivo, coerente e logico.

Infatti, il provvedimento poggia sulla premessa che le contraddizioni patenti di tre collaboratori di giustizia sulla partecipazione di costui all’acquisto di due chili di droga, traffico relativo proprio alla quantità di cocaina trattata, erano state risolte dalla successiva collaborazione di altro coimputato, certo S.. Ora la novità probatoria, secondo la definizione datane dallo stesso giudicante, non è stata però accompagnata da una adeguata spiegazione, restando non risolto il nodo delle altre due discordanti indicazioni di peso, rispetto alle quali viene accordata prevalenza risolutiva a quella dello S., coincidente con quella di un terzo dichiarante D.L.F.. Ma il solo dato numerico non basta a spiegare nè le ragioni della credibilità dello S., nè il carattere dirimente del suo riscontro, mentre l’approfondimento di tali temi era tanto più necessario in quanto i due racconti non erano affatto coincidenti in ordine agli altri particolari della condotta., quali ad esempio le modalità della consegna, si da rendere il riscontro sopravvenuto esclusivamente riferibile all’episodio de quo. L’ordinanza, relativamente alla posizione indiziaria del N., anche con riferimento al giudizio sulla misura, è da annullare, affinchè il giudice distrettuale fornisca logica e completa motivazione sulla convergenza delle dichiarazioni e sui criteri seguiti per la individuazione della credibilità dello S. e sulla prevalenza della sua versione sulle altre rese in precedenza da diversi collaboratori. La posizione di P.F..

In ultimo, medesimi vizi di approssimazione dell’iter motivazionale vanno messi in evidenza in ordine alla posizione di P., nei cui confronti è stata individuata la convergenza di plurime dichiarazioni accusatorie in relazione al fatto ascrittogli (trasporto di 20 kg di hashish da Napoli ad Eboli), descritto come tale dal solo indagato di reato connesso D.L.F., per avere gli altri due collaboratori S. e F. attestato che costui collaborava nel traffico e custodiva droga ed armi.

E’ noto che in tema di valutazione della chiamata in reità o correità in sede cautelare, le dichiarazioni accusatorie rese dal coindagato o coimputato nel medesimo reato o da persona indagata o imputata in un procedimento connesso o collegato integrano i gravi indizi di colpevolezza soltanto se esse, oltre ad essere intrinsecamente attendibili, risultino corroborate da riscontri estrinseci individualizzanti, tali cioè da assumere idoneità dimostrativa in ordine all’attribuzione del fatto reato al soggetto destinatario di esse, ferma restando la diversità dell’oggetto della delibazione cautelare, preordinata a un giudizio prognostico in termini di ragionevole e alla probabilità di colpevolezza del chiamato, rispetto a quella di merito, orientata invece all’acquisizione della certezza processuale in ordine alla colpevolezza dell’imputato. Il discorso giustificativo adottato dal giudice non può certo definirsi aderente a detto orientamento, giacchè il riscontro individuato manifesta solo l’attitudine al commercio di droga e la disponibilità nei confronti del capo clan e di correi, ma non inerisce alla condotta contestata e non collega univocamente l’episodio alla attività del P..

Invero, gli elementi cui fa riferimento il Tribunale sono esogeni al tema probatorio specifico, posto che la convergenza di plurime chiamate in correità riguarda in questo caso l’esistenza di una serie di comportamenti che però non rappresentano una modalità storicizzata di commissione del reato, sì da giustificare in concreto lo specifico fatto addebitato, nel rispetto dei criteri di valutazione sei dati indiziari indicato dall’art. 192 c.p.p.; la deroga al criterio della convergenza vale, infatti, rispetto ad una sola dichiarazione accusatoria (quantunque solo in apparenza) quando ci si trovi di fronte ad una serie di fatti reiterati, tutti compiuti con medesime modalità operative, posto che il riscontro individualizzante è nello stesso ripetersi uniforme e necessitato delle condotte. Tale non è l’episodio in esame e pertanto l’esame sul punto va rinnovato dal giudice di merito, che si adeguerà ai principi di diritto sopra richiamati. In conseguenza dell’annullamento, gli atti sono da rimettere al tribunale di Salerno e la cancelleria curerà gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1/ter.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Salerno per nuovo esame.

Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1/ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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