Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 04-07-2011) 14-07-2011, n. 27664

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. S.G. ricorre ex art. 625 bis c.p.p. avverso la sentenza resa dalla seconda sezione di questa corte che ha dichiarato inammissibile il ricorso da lui proposto avverso la sentenza resa dalla corte di appello di Bari in data 9.2.2009, con cui era stata ribadita la sua responsabilità per il delitto di associazione a delinquere finalizzato alla commissione di truffe, estorsioni e falso e concesse le attenuanti generiche con giudizio di equivalenza sulle contestate aggravanti, determinata la pena in anni 5 e mesi 4 di reclusione.

Il S. rileva che è stata, per errore di fatto, negata la sussistenza della causa di estinzione per prescrizione, invocata con apposito motivo, per il delitti diversi dall’associazione e dalle estorsioni, dato che a seguito del giudizio di equivalenza i rimanenti falsi, nella forma semplice si erano prescritti in data anteriore alla pronuncia della corte distrettuale.

Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile.

E’ da precisare che la sentenza di cui si chiede la revoca ha esaminato la doglianza con cui il S. eccepiva la prescrizione dei reati ascrittigli ed ha rilevato sia la genericità del motivo, che non aveva curato di indicare quali dei molteplici reati fossero estinti e sia, comunque, la non operatività della causa di estinzione, a mente del principio secondo cui la inammissibilità del ricorso per cassazione aveva efficacia preclusiva, dato che la invalida costituzione del rapporto processuale in sede di legittimità aveva importato il passaggio in giudicato della pronuncia d’appello.

Tanto premesso, è da rilevare che non ricorrono i presupposti per la revoca della pronuncia: per pacifica giurisprudenza di questa Corte, l’errore di fatto verificatosi nel giudizio di legittimità e oggetto del rimedio previsto dall’art. 625 bis c.p.p. consiste in un errore percettivo causato da una svista o da un equivoco, in cui la Corte di Cassazione sia incorsa nella lettura degli atti interni al giudizio stesso; esso è connotato dall’influenza esercitata sul processo formativo della volontà, viziato dall’inesatta percezione delle risultanze processuali che abbia condotto a una decisione diversa da quella che sarebbe stata adottata senza di esso. Di conseguenza, qualora come nel caso in esame, la causa dell’errore non sia identificabile esclusivamente in una fuorviata rappresentazione percettiva e la decisione abbia comunque contenuto valutativo, non è configurabile un errore di fatto, bensì di giudizio. Inoltre è pacifico che sono estranei all’ambito di applicazione dell’istituto gli errori di interpretazione di norme giuridiche, sostanziali o processuali, come anche dedotto dal S. che lamenta la mancata applicazione del regime ante – legge Cirielli. Si è dunque in presenza di un ulteriore motivo di inammissibilità.

In definitiva, la decisione della seconda sezione resa il 2 ottobre 2010, non è affetta da errore di fatto, poichè questo si configura in tema di prescrizione, solo quando la decisione in ordine alla causa estintiva non è soggetta ad alcuna valutazione giuridica e/o di fatto, ma ad una semplice presa d’atto che la medesima, nel giudizio di cassazione, era maturata e che la Corte, appunto, per una svista derivante da un evidente mero errore di fatto, non l’ha rilevata.

In conseguenza della rilevata inammissibilità, il ricorrente è da condannare al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille a favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille a favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *