Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 24-06-2011) 14-07-2011, n. 27748 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza indicata in epigrafe, pronunciata in udienza in data 1 marzo 2010 (con riserva del termine di giorni sessanta per il deposito della motivazione), il GUP del Tribunale di Vicenza applicava ad A.G. e T.M. la pena concordata tra le parti – ai sensi dell’art. 444 c.p.p. – per violazione della legge sugli stupefacenti, e, in particolare, limitatamente all’accusa relativa all’hashish formulata nel capo a) dell’imputazione (addebito modificato dal P.M. nel senso dell’esclusione dell’aggravante dell’ingente quantitativo, originariamente contestata) in relazione a fatto avvenuto il 27 ottobre 2001 e commesso in concorso tra loro nonchè con M. B., Au.Vi. e M.S.: anche la posizione di questi ultimi veniva definita con la medesima sentenza ai sensi dell’art. 444 c.p.p., con applicazione della pena concordata tra le parti per tale reato nonchè per altri reati tutti ritenuti unificati sotto il vincolo della continuazione.

Avverso detta decisione ricorrono per Cassazione gli imputati A.G. e T.M. – con atti di impugnazione presentati, dai rispettivi difensori, il 10 giugno 2010 per l’ A. e l’11 giugno 2010 per la T. – denunciando violazione di legge sul rilievo che il giudicante avrebbe dovuto pronunciare declaratoria di prescrizione del reato, ai sensi dell’art. 157 c.p., e art. 129 c.p.p., dovendo a loro avviso trovare applicazione i più favorevoli termini prescrizionali di cui al novellato art. 157 c.p., avuto riguardo al "tempus commissi delicti" ed alla pena edittale prevista all’epoca del fatto per il reato concernente l’hashish.

Motivi della decisione

Avendo il giudicante indicato nel dispositivo dell’impugnata sentenza – letto in udienza il 1 marzo 2010 – il termine di sessanta giorni per il deposito della motivazione (la motivazione della sentenza è stata poi depositata il 15 marzo 2010), e trattandosi di sentenza (di patteggiamento) pronunciata in sede di udienza preliminare, deve essere preliminarmente esaminato il tema concernente l’individuazione del termine per impugnare, al fine di verificare la tempestività o meno dei proposti ricorsi. Va premesso, come già ricordato nella parte narrativa, che nella concreta fattispecie i difensori degli imputati A. e T. hanno presentato il ricorso rispettivamente il 10 giugno 2010 (per l’ A.) e l’11 giugno 2010 (per la T.), vale a dire entro il termine di 45 giorni che i difensori stessi hanno evidentemente tenuto presente – avendo il giudice indicato in dispositivo il termine di 60 giorni per il deposito della sentenza – con decorrenza dalla scadenza del 60 giorno dalla pronuncia (1 marzo 2010) della sentenza stessa.

Giova evidenziare che, all’interno della giurisprudenza di legittimità, era sorto un contrasto sulla questione concernente l’individuazione del termine per impugnare la sentenza di non luogo a procedere, pronunciata all’esito dell’udienza preliminare, nel caso di indicazione da parte del giudice di un termine più lungo, rispetto a quello previsto dalla legge, per il deposito della motivazione differita: secondo un indirizzo interpretativo, seguito da questa stessa sezione, anche per la sentenza letta all’esito dell’udienza preliminare, nel caso di indicazione da parte del giudice di un termine più ampio rispetto a quello previsto dalla legge per il deposito della motivazione della sentenza, per l’impugnazione doveva aversi riguardo al termine di 45 giorni ("ex plurimis", Sez. 4, n. 38571 del 22/09/2010 Cc. – dep. 02/11/2010 – P.G. in proc. Poloni e altro, Rv. 248769); secondo altro orientamento, il termine da osservare per l’impugnazione era pur sempre quello di 15 giorni, previsto per i provvedimenti camerali, anche nel caso di indicazione (da ritenersi irrituale) da parte del giudice di un termine più lungo rispetto a quello stabilito per legge ("ex plurimis" – proprio con riferimento a sentenza di patteggiamento pronunciata in udienza preliminare – Sez. 1, n. 5496 del 03/02/2010 Cc. – dep. 11/02/2010 – Rv. 246125).

Ciò posto, mette conto sottolineare che recentemente le Sezioni Unite di questa Corte, chiamate a risolvere il contrasto interpretativo così delineatosi, hanno enunciato il seguente principio di diritto: "Il termine di impugnazione della sentenza di non luogo a procedere, pronunciata all’esito dell’udienza preliminare, è quello di quindici giorni previsto dall’art. 585 c.p.p., comma 1, lett. a), per i provvedimenti emessi in seguito a procedimento in camera di consiglio e lo stesso decorre, per le parti presenti, dalla lettura in udienza della sentenza contestualmente motivata ovvero dalla scadenza del termine legale di trenta giorni, in caso di motivazione differita e depositata entro tale termine, rimanendo irrilevante l’eventualità che il giudice abbia irritualmente stabilito un termine più ampio per il deposito della suddetta motivazione" in motivazione la Corte ha precisato che laddove si verifichi tale eventualità deve essere comunicato o notificato alle parti legittimate all’impugnazione il relativo avviso di deposito e che da tale comunicazione o notificazione decorre il termine per impugnare" (Sez. U., n. 21039 del 27/01/2011 Cc. – dep. 26/05/2011 – P.M. in proc Loy, Rv. 249670). Passando all’esame del caso in esame, va osservato dunque che irritualmente, secondo il "dictum" delle Sezioni Unite, il GUP ha indicato per il deposito della sentenza un più lungo termine (60 giorni), rispetto a quello legale di 15 giorni (trattandosi di sentenza ex art. 448 c.p.p.;

diversamente dalla sentenza di non luogo a procedere ex art. 425 c.p.p., per la quale, se non contestualmente motivata, è stabilito per il deposito della motivazione il termine di 30 giorni e di cui si sono specificamente occupate le Sezioni Unite con la sentenza sopra evocata).

Peraltro, la pur non rituale indicazione di tale termine più lungo per il deposito della motivazione della sentenza, non rimane privo di conseguenze ai fini dell’impugnazione; ed invero, come precisato dalle Sezioni Unite nella motivazione della sentenza appena citata – con riferimento alla sentenza di non luogo a procedere, ma trattasi di principio applicabile all’evidenza, stante la "eadem ratio", anche a qualsiasi altra sentenza camerale – deve essere poi comunque dato avviso, ai soggetti legittimati a proporre impugnazione, dell’avvenuto deposito della sentenza, e solo da tale comunicazione o notificazione decorre il termine di 15 giorni per impugnare (nè ovviamente rileva il momento del deposito della sentenza per la quale sia stato irritualmente indicato il più lungo termine per il deposito; quel che conta, ai fini della decorrenza del termine per impugnare, è la necessità della comunicazione o notificazione dell’avviso del deposito ai soggetti legittimati a proporre impugnazione).

Orbene, dagli atti a disposizione di questo ufficio si rileva che l’avviso di deposito della sentenza (pronunciata il 1 marzo 2010, con l’indicazione del termine di 60 giorni per il deposito, e poi depositata il 15 marzo 2010) è stato notificato all’ A. ed alla T., ma non anche ai loro difensori, titolari di autonomo diritto di impugnazione rispetto agli imputati; di tal che, per i predetti difensori – quale conseguenza di quanto precisato dalle Sezioni Unite con la sentenza appena ricordata – non è mai iniziato a decorrere il termine di 15 giorni per l’impugnazione:

donde, la tempestività dei proposti ricorsi pur in applicazione del principio poi enunciato dalle Sezioni Unite.

Tanto premesso, i ricorsi meritano accoglimento per le ragioni di seguito indicate.

Ritiene il Collegio che la deduzione difensiva, circa la prescrizione, deve essere esaminata tenendo conto dei seguenti dati:

1) il titolo del reato: D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 4; 2) la data dell’accertamento del reato: 27 ottobre 2001; 3) la data della sentenza di primo grado, 1 marzo 2010; 4) il testo dell’art. 157 c.p., come modificato dalla L. n. 251 del 2005; 4) la data dell’entrata in vigore di detta L. 8 dicembre 2005 – e le disposizioni transitorie della stessa.

Tanto premesso, va rilevato che la prescrizione per il reato in argomento si era già verificata alla data dell’impugnata sentenza, per cui il giudice avrebbe dovuto rilevarla di ufficio e dichiararla con la sentenza (nè dagli atti si rilevano periodi di sospensione del decorso del termine di prescrizione tali da precludere la rilevabilità di detta causa alla data dell’impugnata sentenza).

La pena detentiva edittale per il reato in questione, con riferimento all’epoca del fatto, è da due a sei anni di reclusione, non rilevando, ai fini della prescrizione – secondo la formulazione dell’art. 157 c.p., a seguito della novella n. 251 del 2005 – l’aggravante prevista dall’art. 112 c.p., comma 1, n. 1, (contestata in fatto, trattandosi di reato commesso da cinque persone in concorso) in quanto per la stessa non è prevista una pena di specie diversa da quella ordinaria e non si tratta di aggravante ad effetto speciale.

In base all’art. 157 c.p., come modificato dalla L. n. 251 del 2005, il termine di prescrizione per il reato "de quo" è di 6 anni, aumentato di un quarto (quindi termine massimo pari a sette anni e sei mesi) in caso di atti interruttivi.

La citata L. n. 251 del 2005, era già entrata in vigore (8 dicembre 2005) alla data della sentenza di primo grado (1 marzo 2010): ne deriva l’applicabilità dei più favorevoli termini di prescrizione rispetto a quelli del previgente art. 157 c.p., secondo quanto previsto dalle norme transitorie della legge medesima, avuto riguardo alla sentenza della Corte Costituzionale n. 393 del 2006 e tenuto conto dell’indirizzo interpretativo quale delineatosi nella giurisprudenza di questa Corte (cfr., "ex plurirnis", Sez. U, n. 47008 del 29/10/2009 Ud. – dep. 10/12/2009 – Rv. 244810).

Sulla scorta di tutto quanto fin qui detto, non v’è dubbio alcuno che nella concreta fattispecie deve, dunque, essere applicato il termine di prescrizione previsto dall’art. 157 c.p., come novellato con la L. n. 251 del 2005, vale a dire sei anni, con un massimo di sette anni e sei mesi, non ricorrendo alcuna delle eccezioni previste in relazione al titolo del reato.

Ne consegue che il termine massimo di prescrizione (sette anni e sei mesi dal 27 ottobre 2001) del reato per il quale vi è stata applicazione della pena nei confronti dell’ A. e della T. era cronologicamente maturato alla data dell’impugnata sentenza.

Conclusivamente – e non presentando i ricorsi, con i quali è stata specificamente dedotta la questione della prescrizione, profili di inammissibilità originaria (i ricorsi risultano anche tempestivamente presentati, come sopra evidenziato) – l’impugnata sentenza deve essere annullata senza rinvio nei confronti dei ricorrenti A. e T. perchè estinto il reato concernente l’hashish (per il quale vi è stata nei loro confronti applicazione della pena) per intervenuta prescrizione.

Detta statuizione giova anche agli altri imputati concorrenti nel medesimo reato – M.B., Au.Vi. e M. S., che non hanno proposto ricorso – sussistendo i presupposti dell’effetto estensivo di cui all’art. 587 del codice di rito, essendo stata presentata l’impugnazione dall’ A. e dalla T. per motivo non esclusivamente personale cfr. Sez. Un. n. 9 del 24/03/1995 Cc. – dep. 23/06/1995 – Rv. 201304: "Il fenomeno processuale dell’estensione dell’impugnazione in favore del coimputato non impugnante (o l’impugnazione del quale sia stata dichiarata inammissibile), di cui all’art. 587 c.p.p., opera di diritto come rimedio straordinario che, al verificarsi dell’evento consistente nel riconoscimento, in sede di giudizio conclusivo sul gravame, del motivo non esclusivamente personale dedotto dall’imputato diligente, è idoneo a revocare il giudicato in favore del non impugnante, rendendo questi partecipe del beneficio conseguito dal coimputato; ne deriva conseguentemente che, fino a quando non si sia verificato tale effetto risolutivo,il predetto fenomeno processuale non spiega influenza alcuna sulla esecutorietà della sentenza relativa al rapporto processuale individuo concernente il non impugnante od equiparato".

Mette conto sottolineare che ai fini della determinazione del termine prescrizionale per la violazione relativa all’hashish contestata nel capo a) di imputazione, quanto alla posizione di M.B., non rileva – secondo le disposizioni di cui al novellato art. 157 c.p., – l’aggravante di cui all’art. 61 c.p., n. 6, allo stesso contestata in relazione al reato in argomento, in quanto per detta aggravante (al pari di quella ex art. 112 c.p., comma 1, n. 1, di cui si è prima detto) non è prevista una pena di specie diversa da quella ordinaria e non si tratta di aggravante ad effetto speciale.

Ne deriva che, in conseguenza dell’effetto estensivo, la declaratoria di annullamento senza rinvio della sentenza "de qua" per prescrizione del reato (limitatamente alla contestazione relativa all’hashish di cui al capo a), deve essere pronunciata anche a favore dei tre imputati predetti, non ricorrenti, per i quali deve essere pertanto eliminata la pena (desumibile dal calcolo effettuato dal giudice nell’impugnata sentenza) applicata a ciascuno di essi per detto reato (in continuazione, con gli altri reati), detratta la diminuzione di un terzo per la scelta del rito secondo l’operazione aritmetica effettuata dal GUP, e precisamente; per M.B., anni due di reclusione ed Euro 2.266,00 di multa; per Au.Vi., mesi due di reclusione ed Euro 200,00 di multa; per M.S., mesi due e giorni venti di reclusione ed Euro 600,00 di multa.

Non avendo questa Corte a disposizione elementi tali da consentire di avere piena e certa cognizione della posizione giuridica del M. B., dell’ Au.Vi. e del M.S., con particolare riferimento all’espiazione della pena per i fatti di cui al presente procedimento ed in relazione agli altri reati per i quali pure vi è stata applicazione della pena, si ritiene opportuno disporre che copia del presente provvedimento venga rimessa al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Vicenza per quanto di eventuale competenza in sede di esecuzione.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di A. G. e T.M., nonchè, per l’effetto estensivo, anche nei confronti di M.B., Au.

V. e M.S. in ordine al reato loro contestato in concorso di detenzione illecita di hashish di cui al capo a), perchè estinto lo stesso per prescrizione. Elimina conseguentemente le pene per tale reato, quanto a M.B. di anni due di reclusione ed Euro 2.266,00 di multa; quanto ad Au.Vi. di mesi due di reclusione ed Euro 200,00 di multa; quanto a M. S. di mesi due e giorni venti di reclusione ed Euro 600,00 di multa.

Dispone che copia del presente provvedimento venga rimessa al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Vicenza per quanto di eventuale competenza in sede di esecuzione.

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