Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 01-12-2011, n. 25679 Contratto a termine

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La G. proponeva appello avverso la sentenza del Tribunale di Roma, con cui venne respinta la sua domanda diretta alla declaratoria di illegittimità dell’apposizione del termine da parte delle Poste Italiane s.p.a. nel contratto di lavoro intercorso tra le parti dal 6 luglio al 31 agosto 1999 (per esigenze produttive ed organizzative in concomitanza del godimento di ferie del personale stabile nel periodo giugno-settembre), ai sensi dell’art. 8 del c.c.n.l. di categoria del 26 novembre 1994. La Corte d’appello di Roma, con sentenza depositata il 23 novembre 2006, respingeva il gravame.

Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione la G., affidato a due motivi illustrati da memoria.

Resiste la società Poste Italiane con controricorso.

Motivi della decisione

1.- Con i due motivi la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 8 ed 87 del c.c.n.l. di categoria, nonchè dell’art. 1362 e segg. c.c. per avere per un verso ritenuto legittima l’assunzione a termine in questione anche successivamente alla data del 31 dicembre 1997, indicata nell’art. 87 citato. Lamenta inoltre che la corte di merito ritenne provata l’esigenza sostitutiva posta a fondamento dell’assunzione, la cui prova gravava sulla società Poste, sovrattutto in base a criteri presuntivi (il godimento delle ferie da parte del personale nel periodo estivo), disattendendo le istanze probatorie proposte.

In sostanza la ricorrente si duole del fatto che, ad onta del limite temporale fissato dagli accordi integrativi per il ricorso alla tipologia del contratto a termine, il contratto di assunzione del 31 agosto 1999 che la riguardava era stato concluso in epoca successiva alla scadenza del termine per l’adozione di siffatti contratti. Ad illustrazione dei motivi formulava i prescritti quesiti di diritto.

2- I due motivi, stante la loro connessione, possono essere congiuntamente trattati e risultano infondati. Premessa indispensabile ai fini della decisione è il corretto inquadramento della portata della innovazione normativa introdotta dalla L. n. 56 del 1987, art. 23.

Come notato da questa Corte (sent. 11 dicembre 2002 n. 17674; Cass. 23 marzo 2002 n. 4199), tale norma consente che – oltre alle ipotesi di cui alla L. n. 230 del 1962, art. 1 (e successive modificazioni e integrazioni) e del D.L. n. 17 del 1983, art. 8 bis convertito in L. n. 79 del 1983 – vengano individuate, nei contratti collettivi di lavoro stipulati con i sindacati nazionali o locali aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative, specifiche fattispecie in relazione alle quali sia consentita l’apposizione al contratto di lavoro di un termine, "senza alcun riferimento a particolari esigenze o condizioni oggettive di lavoro o soggettive dei lavoratori, essendo sufficiente che la contrattazione collettiva indichi la percentuale dei lavoratori da assumere rispetto a quelli impiegati a tempo indeterminato, considerato che l’esame congiunto delle parti sociali sulle necessità del mercato del lavoro costituisce idonea garanzia per i lavoratori ed efficace salvaguardia dei loro diritti" (Cass. 26 luglio 2004 n. 14011). Partendo da tali premesse le sezioni unite di questa Corte hanno quindi ritenuto che la L. 28 febbraio 1987, n. 56, art. 23 configura una vera e propria "delega in bianco" a favore dei sindacati. Con più particolare riferimento all’assunzione a termine per sostituire lavoratori in ferie, di cui nella presente causa si discute, la contrattazione collettiva ha stabilito, "in attuazione di quanto specificamente previsto dall’art. 23, punto 1) della L. 28 febbraio 1987, n. 56 che l’Ente potrà valersi delle prestazioni di personale con contratto a termine, oltre che nelle ipotesi già previste dalle leggi, nei seguenti casi: necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie nel periodo giugno settembre" (art. 8 c.c.n.l. 26 novembre 1994). Con accordo del 27 aprile 1998 le parti sociali, con riferimento all’art. 8 cit. ed ai successivi accordi integrativi, prendevano atto che l’azienda, dopo l’avvenuta trasformazione in s.p.a. si trova a dover fronteggiare esigenze eccezionali scaturite dai processi di ristrutturazione e riorganizzazione in atto, che hanno comportato, tra l’altro, il mancato godimento di ferie negli anni precedenti. Ciò posto, al fine di smaltire le ferie maturate e non godute nel corso degli anni precedenti, le parti convengono che il periodo di ferie di cui all’art. 8, comma 2 del c.c.n.l. per il corrente anno è esteso anche al mese di maggio. Le stesse parti convengono, altresì, che nelle more delle procedure attuative delle predette assunzioni e fino ad un massimo di 30 gg., l’azienda disporrà la proroga dei rapporti di lavoro a termine in scadenza al 30.4.98, così come previsto dalla normativa vigente in materia".

A tal riguardo è d’uopo sottolineare che l’art. 8 del c.c.n.l. faceva riferimento alla necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie nel periodo giugno settembre, e non semplicemente alle sostituzioni del personale in ferie, mentre con successivo accordo del 27 aprile 1998 le parti sociali evidenziavano che l’azienda, dopo l’avvenuta trasformazione in s.p.a. continuava a dover fronteggiare esigenze eccezionali scaturite dai processi di ristrutturazione e riorganizzazione in atto, che avevano comportato, tra l’altro, il mancato godimento di ferie negli anni precedenti ed il successivo massiccio ricorso alle ferie del personale. Nella specie, dunque, la carenza di organico determinata dalla fruizione di ferie per il personale in servizio è stata peraltro accertata dalle stesse parti sociali nei vari accordi succedutisi in materia, senza ulteriori limitazioni temporali.

Deve quindi concludersi che l’unico presupposto per l’operatività della particolare autorizzazione conferita dai contratti collettivi è costituito dalla stipulazione del contratto a termine nel periodo giugno-settembre (salvo per il 1998 in cui è estesa anche a maggio) in cui, di norma, i dipendenti fruiscono di ferie.

Le considerazioni sin qui esposte sono state confermate dalla successiva giurisprudenza di legittimità (Cass. 10 gennaio 2006 n. 167, Cass. 20 gennaio 2006 n.1074, Cass. 25 gennaio 2006 n. 1381 e 3 febbraio 2006 n. 2345, nonchè Cass. nn. 13457 e 13458 del 2006, n. 13458 del 2006; Cass. 12 luglio 2010 n. 16302). Come da ultimo notato, "l’estensione al mese di maggio 1998 del periodo di ferie previsto dall’art. 8 del c.c.n.l. del 1994 (inizialmente fissato al periodo giugno – settembre) dimostra l’implicito riconoscimento dell’operatività dell’ipotesi legittimante la stipulazione di contratti a termine per necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie anche per i successivi mesi estivi del 1998, e per i successivi periodi feriali, a prescindere da ulteriori accordi autorizzatori, non essendo previsti altri limiti temporali; deve osservarsi che la suddetta interpretazione non si pone in contrasto con la sopra citata norma di cui all’art. 87 del c.c.n.l. del 1994, la quale fa salve le diverse decorrenze fissate per singoli istituti" (Cass. 24 febbraio 2011 n. 4513).

3. -Quanto alla prova di tali esigenze e del nesso causale, questa Corte ha più volte affermato (ex plurimis, Cass. 28 marzo 2008 n. 8122; Cass. 24 febbraio 2011 n. 4513) che "l’unica interpretazione corretta della norma collettiva in esame (art. 8 c.c.n.l. 26 novembre 1994) è quella secondo cui, stante l’autonomia di tale ipotesi rispetto alla previsione legale del termine apposto per sostituire dipendenti in ferie, l’autorizzazione conferita dal contratto collettivo non prevede come presupposto per la sua operatività l’onere, per il datore di lavoro, di provare le esigenze di servizio in concreto connesse all’assenza per ferie di altri dipendenti nonchè la relazione causale fra dette esigenze e l’assunzione del lavoratore con specifico riferimento all’unità organizzativa alla quale lo stesso è stato destinato". 4. -Il ricorso deve pertanto respingersi.

Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, pari ad Euro40,00, Euro 2.500,00 per onorari, oltre spese generali, i.v.a. e c.p.a..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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