Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 23-06-2011) 14-07-2011, n. 27746

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

L.G. ricorre avverso la sentenza di cui in epigrafe che, confermando quella di primo grado resa in esito a giudizio abbreviato, l’ha riconosciuta colpevole del reato di furto in abitazione pluriaggravato, in concorso con altre due persone una non ricorrente; l’altra non individuata.

Con il ricorso, con unico motivo, contesta la qualificazione giuridica del fatto: si sostiene che l’essere entrata l’imputata, e le concorrenti, nell’abitazione della vittima con il consenso di questa, integrerebbe non il reato di cui all’art. 624 bis c.p., bensì quello di cui all’art. 624 c.p. "aggravato dalla circostanza prevista dall’art. 62, n. 10, ovvero da quella di cui all’art. 625 numero 2 (o numero 4)".

Motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente infondato.

Vale in primo luogo il rilevo che la questione della qualificazione del fatto, a quanto consta dalla motivazione della sentenza, neppure è stata posta tra i motivi di gravame: alla proponibilità in questa sede osta, quindi, il disposto dell’art. 606 c.p.p., comma 3, ultima parte.

Ma vale anche il rilievo dell’assoluta genericità di una doglianza sviluppata limitandosi a proporre diverse generiche opzioni alternative in punto di qualificazione del fatto, senza alcun reale supporto motivazionale e in termini anche difficilmente decrittabili (non è dato capire quale sarebbe l’aggravante dell’art. 62 c.p., n. 10).

Va ricordato in proposito che, pur nella libertà della loro formulazione, per non incorrere nel vizio di aspecificità di cui al combinato disposto dell’art. 581 c.p.p., comma 1, lett. c), e art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c), i motivi di impugnazione devono indicare con chiarezza le ragioni di fatto e di diritto su cui si fondano le censure, al fine di delimitare con precisione l’oggetto dell’impugnazione ed evitare impugnazioni generiche o dilatorie. Ciò implica, in punto di diritto, che la parte impugnante deve esplicitare con sufficiente chiarezza la censura d’inosservanza o di violazione della legge penale, non potendo ritenersi che la semplice menzione di un articolo del codice possa integrare "l’indicazione specifica" richiesta dall’art. 581 c.p.p., comma 1, lett. c) (Sezione 6^, 3 marzo 2011, Puddu).

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna della ricorrente a. pagamento delle spese processuali e della somma, che si ritiene equo liquidare in Euro 1.000,00, (mille), in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di inammissibilità.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la brente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 in favore della cassa delle ammende.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *