Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 10-06-2011) 14-07-2011, n. 27621

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza in data 3 dicembre 2010 la Corte d’appello di Napoli rigettava la richiesta del pubblico ministero, tesa ad ottenere, tra l’altro, nei confronti di S.R., la revoca dell’indulto – applicato all’esito dell’adozione del provvedimento di unificazione di pene concorrenti cumulo (mesi otto, giorni ventidue di reclusione) – atteso che nei cinque anni dall’entrata in vigore della L. n. 241 del 2006, era intervenuta la condanna a cinque anni e dieci mesi di reclusione, pronunziata dalla Corte d’appello di Napoli il 20 novembre 1999 (irrevocabile il 27 aprile 2010).

La Corte osservava che la condotta associativa ex art. 416 bis c.p. era cessata nel 2005, secondo quanto desumibile dal contenuto della predetta sentenza, e che non risultava la commissione di ulteriori reati dopo l’entrata in vigore della L. n. 241 del 2006. Non sussistevano, pertanto, i presupposti previsti dalla legge per disporre la richiesta revoca.

2. Avverso la citata ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore generale presso la Corte d’appello di Napoli, il quale deduce il vizio di inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, in quanto sull’epoca di protrazione della condotta delittuosa – contestata come posta in essere dal 2003 all’agosto 2007 – si è ormai formato il giudicato. Pertanto il giudice dell’esecuzione non avrebbe potuto autonomamente rideterminare tale profilo.

Motivi della decisione

L’ordinanza impugnata deve essere annullata, nella parte concernente il rigetto della richiesta di revoca dell’indulto, per le ragioni di seguito precisate.

1. Occorre premettere che all’applicazione dell’amnistia e dell’indulto in sede esecutiva si provvede con la procedura de plano prevista dall’art. 667 c.p.p., comma 4, richiamato dall’art. 672 c.p.p., comma 1. Nei riguardi del relativo provvedimento è previsto un particolare mezzo di reclamo, costituito dall’opposizione dinanzi allo stesso giudice dell’esecuzione, che introduce un procedimento che deve svolgersi con l’osservanza delle norme di garanzia del contraddittorio e dei diritti della difesa, secondo lo schema definito dall’art. 666 c.p.p. (Cass. 5 marzo 1996, ric. Kandian;

Cass. 4 marzo 1994; Cass. 20 settembre 2002, ric. lucci).

Nel caso in esame la situazione appare peculiare poichè il giudice dell’esecuzione, investito della richiesta di revoca dell’indulto, ha adottato il provvedimento in sede di udienza camerale – invece di procedere de plano all’uopo fissando la udienza di comparizione delle parti.

Con riferimento alle forme di impugnazione di tale provvedimento esiste un contrasto giurisprudenziale. Alcune decisioni di questa Corte hanno, infatti, affermato il principio che, anche nel caso in cui il giudice dell’esecuzione abbia irritualmente provveduto a norma dell’art. 666 c.p.p., comma 3, anzichè de plano come previsto, è immediatamente proponibile il ricorso per cassazione, giacchè la procedura immediatamente adottata, pur non rispettosa dell’art. 676 c.p.p., pone in essere una anticipata garanzia del contraddittorio, introducibile a rigore solo a seguito dell’opposizione dell’interessato avverso il provvedimento adottato de plano (v. Cass. Sez. 1, 23 dicembre 1996 n. 6387; Cass., Sez. 1, 7 aprile 1995, n. 1146).

La giurisprudenza più recente, condivisa dal Collegio, ritiene, invece, che, in materia di indulto avverso il provvedimento del giudice dell’esecuzione, sia che questi abbia deciso de plano ai sensi dell’art. 667 c.p.p., comma 4, sia che abbia provveduto irritualmente ex art. 666 c.p.p., è data solo la facoltà di proporre opposizione (v. Cass., Sez. 3, 19 febbraio 2003 n. 8124, rv.

223464; Cass., Sez. 3, 7 luglio 1995 n. 1182, rv. 202599; Cass., Sez. 1, 6 novembre 2006 n. 3196, Cartesano; Cass., Sez. 1, 20 settembre 2007, n. 36231, rv.237897; Cass., Sez. 1, 20 febbraio 2008, n.8785, rv. 239142).

2. Tanto premesso il Collegio osserva che, nel caso di specie il provvedimento adottato dalla Corte d’appello di Napoli ha natura composita, avendo ad oggetto una pluralità di domande, quella di revoca della sospensione condizionale della pena in precedenza concessa e quella di revoca dell’indulto. La peculiare natura della domanda non determina, pertanto, in questa specifica fattispecie, la conversione del ricorso del Procuratore generale in opposizione, a norma dell’art. 568 c.p.p., comma 5, bensì ne impone l’esame nel merito.

3. Le doglianze formulate dal ricorrente sono fondate.

Invero, in presenza di un’imputazione che, come nel caso sottoposto all’esame della Corte, indichi in maniera precisa la data di inizio e di cessazione di un reato permanente e di decisioni del giudice di merito che, con altrettanta chiarezza, si pronuncino sulla contestazione e indichino l’epoca in cui si colloca la condotta antigiuridica, il giudice dell’esecuzione, chiamato a pronunziarsi su di un beneficio correlato alla data di cessazione della permanenza, non ha il potere di reinterpretare il giudicato, diversamente da quanto, invece, accade in caso di contestazione c.d. "aperta" in cui la regola di natura processuale, per la quale la permanenza si considera cessata con la pronuncia della sentenza di primo grado, non equivale a presunzione di colpevolezza fino a quella data e spetta al giudice dell’esecuzione verificare in concreto se il giudice della cognizione abbia, o non, ritenuto provato il protrarsi della condotta criminosa fino alla data della sentenza di primo grado.

S’impone, pertanto, l’annullamento dell’ordinanza impugnata limitatamente alla richiesta di revoca dell’indulto e il rinvio per nuovo esame al riguardo alla Corte d’appello di Napoli.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente alla richiesta di revoca dell’indulto e rinvia per nuovo esame al riguardo alla Corte d’appello di Napoli.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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