Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 18-05-2011) 14-07-2011, n. 27780

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il Tribunale della libertà di Genova, con ordinanza del 28.2.2011, ha rigettato la richiesta di riesame dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip di Savona nei confronti di B.S., indagato per concorso in tre furti aggravati commessi in danno di esercizi commerciali.

2. Avverso tale sentenza ha presentato ricorso per cassazione il difensore dell’indagato. Con un primo motivo sostiene la violazione dell’art. 309, commi 5 e 10, per mancata trasmissione nel termine previsto dalle predette disposizioni dei decreti di autorizzazione e dei testi integrali delle intercettazioni, richiamandosi alla sentenza resa dalle sezioni unite di questa Corte n. 3 del 1996; al riguardo fa altresì presente che, pur essendo stati acquisiti i detti decreti nel corso dell’udienza davanti al Tribunale del riesame, è stato concesso un termine assai breve alla difesa per esaminarli, con la conseguente violazione del diritto di difesa.

Lamenta inoltre che non siano stati trasmessi i brogliacci delle intercettazioni, tanto più necessari in quanto le conversazioni degli indagati erano avvenute in lingua straniera.

Sotto un secondo profilo sostiene che non si è pervenuti alla individuazione dell’indagato con la necessaria certezza.

Da ultimo si duole della mancata considerazione di elementi dedotti dalla difesa con riguardo alla adeguatezza della misura.

Motivi della decisione

1. Il ricorso non merita accoglimento.

2. Il primo motivo di ricorso è infondato.

La stessa decisione delle sezioni unite invocata dal ricorrente (n. 3 del 1996), nel ritenere assolutamente rilevante anche in sede cautelare la questione della regolarità dei decreti autorizzativi delle intercettazioni, ha però precisato che il Tribunale della libertà, ove tali decreti non siano stati allegati agli atti, ne deve disporre l’acquisizione, così escludendo che possa verificarsi la sanzione di inefficacia prevista dall’art. 309, commi 5 e 10, ove si pervenga, nei termini stabiliti, a disporre di tale documentazione.

Correttamente pertanto, nel presente caso, il Tribunale del riesame ha acquisito i decreti di intercettazione; nel provvedimento qui impugnato il Tribunale ha anche osservato che non sussisteva la eccepita illegittimità dei decreti stessi emessi in via di urgenza dal PM, in quanto era intervenuto decreto di convalida da parte del gip con assorbimento del provvedimento originario e sanatoria di eventuale vizi.

Il Tribunale si è richiamato alla decisione di questa Corte, sez. 5, del 16.3.2010 n. 16285, Baldissin ed altro, secondo la quale in tema di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, l’eventuale difetto di motivazione del decreto emesso in via d’urgenza dal P.M. è sanato con l’emissione del decreto di convalida da parte del G.I.P., che assorbe integralmente il provvedimento originario e rende utilizzabili i risultati delle operazioni di intercettazione, precludendo qualsivoglia discussione sulla sussistenza del requisito dell’urgenza.

Il Collegio condivide tale decisione che risolve, con acutezza di rilievi e diffusa motivazione qui integralmente richiamata, la questione posta; rileva inoltre il Collegio che risulta priva di fondamento l’eccezione della difesa di non aver avuto tempo sufficiente per esaminare i decreti acquisiti dal Tribunale del riesame per la brevità della interruzione disposta dal medesimo Tribunale; infatti nessuna specifica censura al riguardo viene prospettata con il presente ricorso presentato, come è naturale, quando la difesa ben ha avuto modo di controllare la regolarità degli atti in questione. L’eccezione si rivela dunque priva della necessaria specificità e concretezza, essendo come noto compito di chi contesta la regolarità dei decreti di intercettazione quello di specificare il vizio dedotto, e la rilevanza della fonte di prova contestata. Anche la questione della mancata allegazione dei brogliacci è stata correttamente risolta dalla ordinanza qui impugnata, sulla base di principi espressi da questa Corte (sez. 6 23.9.2010 n. 37014 rv. 248747 Della Giovampaola ed altri) e condivisi dal Collegio, nel senso che, anche dopo la le sentenza della Corte Costituzionale n. 336 del 2008 e delle sezioni unite di questa Corte n. 20300 del 22.4.2010, Lasala, non vi è alcun obbligo di trasmissione da parte del pm, anche in esito a richiesta della difesa, dei cd. brogliacci delle intercettazioni (o degli stessi files audio), essendosi limitate le pronunce sopra ricordate a stabilire il diverso diritto del difensore ad ottenere la trasposizione su nastro magnetico delle registrazioni delle conversazioni intercettate, diritto che nel presente caso non è stato in alcun modo esercitato. La sentenza Della Giovampaola ha espressamente affermato, ed il punto è stato ribadito dal Tribunale del riesame, che la sentenza Lasala non ha innovato la giurisprudenza consolidata di questa Corte secondo cui è sufficiente la trasmissione da parte del pm di una documentazione sommaria ed informale, che dia conto del contenuto delle conversazioni quali riferite allo stato della richiesta negli atti di polizia giudiziaria.

Neppure giova al ricorrente invocare una mancata traduzione delle intercettazioni, anche a tale proposito potendosi richiamare il principio, di recente ribadito da questa Corte (sez. 6 23.10.2009 n. 2930 Ceroni ed altri rv.246129), secondo cui in tema di intercettazioni, la trascrizione sommaria del contenuto delle comunicazioni, effettuata nel relativo verbale a norma dell’art. 268 c.p.p., comma 2, può essere utilizzata, in sede cautelare, come fonte dei gravi indizi di colpevolezza richiesti dall’art. 273 c.p.p., comma 1, anche quando, trattandosi di conversazioni avvenute in lingua straniera, il loro contenuto sia esplicitato attraverso una traduzione simultanea affidata ad un interprete non nominato dal giudice, il quale abbia agito come semplice ausiliario del personale addetto all’ascolto, fermo restando il potere-dovere del giudice di verificare la piena affidabilità dell’interpretazione, sulla base di ogni elemento utile messo a disposizione dal P.M. ovvero altrimenti acquisito.

2. Passando ad esaminare le censure relative alla asserita insufficienza del materiale indiziario, rileva il Collegio la assoluta genericità delle stesse sotto il profilo della mancata considerazione degli argomenti svolti dalla diffusa ordinanza del Tribunale del riesame. Secondo il combinato disposto dell’art. 591, comma 1, lett. c) e art. 581, comma 1, lett. c), l’impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, l’indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono la richiesta. La previsione ha ragion d’essere nella necessità di porre il giudice della impugnazione in grado di individuare i capi e i punti del provvedimento che si intendono censurare e presuppone che le censure stesse siano formulate con riferimento specifico alla situazione oggetto di giudizio e non già con formulazioni che, per la loro genericità, si attagliano a qualsiasi situazione.

La sanzione trova applicazione anche quando il ricorrente nel formulare le proprie doglianze nei confronti della decisione impugnata trascura di prendere nella dovuta considerazione le valutazioni operate dal giudice di merito e sottopone alla Corte censure che prescindono da quanto tale giudice ha già argomentato. E tale è la situazione che si verifica nel caso in esame, atteso che il ricorrente censura la sentenza impugnata sulla base della mera prospettazione dei vizi denunciati, senza riguardo a quanto motivatamente la sentenza impugnata ha già osservato in merito alle ragioni per le quali non sono stati trovati in possesso dell’attuale ricorrente (evidentemente messo in allarme dall’avvenuto precedente arresto di alcun complici) i cellulari utilizzati, e specialmente in merito alla individuazione del medesimo quale uno dei soggetti intercettati (oltre ad una indagine sui numeri chiamati, l’ordinanza ha messo in luce l’appellativo usato di " S." chiaramente riconducibile all’indagato e i controlli dei movimenti dei vari complici); a tale ultimo riguardo la ordinanza è assolutamente precisa e specifica nel riferire il quadro indiziario con considerazioni che il ricorrente volutamente ignora, caratterizzando in tal modo il proprio ricorso nel senso delle genericità. 3. Congrua e logica è anche la motivazione fornita al riguardo della scelta della misura, avendo il Tribunale ritenuto sussistente le esigenze cautelari ed adeguata la massima misura cautelare in relazione al pericolo di reiterazione del reato tenuto conto della gravita dei fatti commessi, delle modalità organizzative piuttosto raffinate, della frequenza nel compimento dei reati, della possibilità che il medesimo potesse fare ritorno in patria e della facilità con cui il gruppo cui faceva capo il B.S., una volta scoperto, spostava in altri parti di Italia la propria attività delittuosa.

4. Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento; si provveda ex art. 94 disp. att. c.p.p..

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