Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 18-05-2011) 14-07-2011, n. 27737 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il Tribunale di Trapani – Sezione Distaccata di Alcamo – con sentenza in data 20-3-2009, dichiarava R.D. colpevole per il reato di detenzione a fini di spaccio di sostanza stupefacente del tipo cocaina. Era accusato di avere intrattenuto rapporti con vari spacciatori da lui riforniti ed in particolare di avere eseguito cessioni di cocaina, anche in quantitativi ingenti, a soggetti terzi.

Il Giudice monocratico, riconosciuta l’Ipotesi attenuata ai sensi del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5 e le circostanze attenuanti generiche, condannava l’imputato alla pena di anni tre mesi sei di reclusione ed Euro 6.000,00 di multa.

2. Avverso la decisione proponevano appello il Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Palermo, il Procuratore presso il Tribunale di Trapani ed anche l’imputato.

Il Giudice di Appello riteneva fondato il ricorso della Pubblica Accusa in ordine al contestato riconoscimento dell’attenuante del fatto di lieve entità. Invero, osservava che detta ipotesi attenuata poteva essere riconosciuta solo in presenza di fattispecie di minima offensivita della condotta contrassegnata dal modesto dato quantitativo e qualitativo delle sostanze trattate e da circostanze dell’azione non idonee a determinare grave allarme sodale. Il che non era ravvisabile nel caso in esame in cui vi era prova che il prevenuto manteneva contatti con vari spacciatori ed era interessato al collocamento nel mercato di droghe di diverso tipo quali cocaina e marijuana ed era a sua volta in contatto con consumatori dei due tipi di sostanze stupefacenti.

Nel resto, riteneva Infondate le impugnazioni; quindi, esclusa l’attenuante menzionata, elevava la pena irrogata al R. ad anni quattro di reclusione ed Euro 18.000,00 di multa.

3. L’imputato proponeva ricorso per cassazione.

Rilevava che il contenuto delle intercettazioni ambientali sul quale i Giudici di merito avevano fondato l’accertamento della sua responsabilità penale non si palesava affatto inequivoco, non essendo chiari i riferimenti di fatto dei colloqui e la natura dell’interesse di esso istante all’acquisizione dello stupefacente.

D’altro canto, il Collegio di Appello non aveva fornito alcuna risposta alle sue deduzioni difensive riportate nell’atto di appello.

Aggiungeva che non appariva esaustiva l’argomentazione svolta dalla Corte di merito per escludere la ricorrenza dell’ipotesi attenuata.

Difatti, non erano evidenzianti elementi di fatto attestanti un’offensività della condotta a lui attribuita realmente connotata da gravita. Chiedeva l’annullamento della decisione.

Motivi della decisione

1. Il ricorso deve essere rigettato perchè infondato. La censura relativa alla ritenuta colpevolezza è priva di rilevanza. Per quel che riguarda la ricostruzione dell’occorso, e la conseguente affermazione di colpevolezza dell’imputato, il Giudice di Appello ha fornito congrua motivazione, richiamando le argomentazioni già svolte dal primo Giudice e facendo esplicito riferimento alle risultanze probatorie acquisite in atti (in particolare, le ampie e chiare intercettazioni ambientali operate). Sicchè i rilievi mossi al riguardo dal ricorrente alla sentenza impugnata si risolvono in censure concernenti sostanzialmente apprezzamenti di merito che tendono per lo più ad una diversa valutazione delle risultanze processuali. In proposito, va sottolineato che, come affermato dalla Suprema Corte anche a Sezioni Unite (v. Cass. S.U. 24-ll-1999-Spina-;

31-5-2000- Jakani-; 24-9-2003 – Petrella-), esula dai poteri della Corte di Cassazione quello della rilettura dei dati di fatto, posti a sostegno della decisione, il cui apprezzamento è riservato in via esclusiva al Giudice del merito, nonchè l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti.

D’altro canto, nel caso di specie, i giudici di merito hanno appunto apprezzato in modo congruo gli elementi di prova fornendo una valutazione di essi ragionevole e logica sotto il profilo del "senso della realtà" degli appartenenti alla collettività e sotto quello più strettamente giuridico. Inoltre, la Corte di Appello ha correttamente argomentato circa la mancanza delle condizioni per il riconoscimento dell’attenuante D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 73, comma 5. 2. La reiezione del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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