Cass. civ. Sez. I, Sent., 02-12-2011, n. 25858 Vendita fallimentare

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con decreto emesso il 27 settembre 2006 il Tribunale di Milano, in accoglimento del reclamo ex art. 26 legge fallimentare presentato dalla Duff. Imm. s.p.a., aggiudicataria nella vendita senza incanto dell’azienda della società fallita Belotti s.p.a in liquidazione, revocava il provvedimento emesso dal giudice delegato con cui si concedeva un termine di 15 giorni alla Ferrari Belotti s.p.a, già partecipante alla gara, per esercitare il diritto di prelazione che le competeva, quale affittuaria dell’azienda.

Motivava che alla data di svolgimento della gara non sussisteva in favore dell’affittuaria alcun diritto di prelazione: nè in forza di clausola del contratto d’affitto – limitata alla diversa ipotesi di vendita a trattativa privata – nè L. n. 223 del 1991, ex art. 3, comma 4, perchè al momento della gara il rapporto di affitto era già cessato in forza di disdetta del curatore: a nulla rilevando che l’azienda fosse ancora nella materiale disponibilità dell’affittuario.

Avverso il provvedimento la Ferrari Belotti S.p.A. proponeva ricorso per cassazione notificato il 23 novembre e articolato in sei motivi.

Deduceva:

1) la violazione degli artt. 1362, 1367 e 1419 cod. civ. nonchè la carenza di motivazione con riferimento all’interpretazione del contratto d’affitto d’azienda;

2) la violazione degli artt. 1989, 1336 e 1362 e segg. cod. civ. ed il vizio di motivazione in ordine all’interpretazione dell’ordinanza di vendita;

3) la violazione degli artt. 1326 e segg., 1372 e 1362 e segg. cod. civ. per non aver tenuto conto della natura negoziale della procedura di scelta dell’acquirente e della conseguente efficacia vincolante della prelazione, riconosciuta nell’ordinanza di vendita ed accettata dagli partecipanti alla gara;

4) la violazione della par condicio dei concorrenti nella scelta del contraente e del principio di lealtà del procedimento, nonchè dell’art. 100 cod. proc. civ. in relazione all’interesse e alla legittimazione ad agire; ed inoltre, la carenza di motivazione perchè il tribunale nel ritenere insussistente il diritto di prelazione avrebbe dovuto annullare l’intera procedura di vendita senza incanto e riammettere ulteriori offerte in aumento della società concorrente che aveva riposto affidamento sul diritto di prelazione;

5) la violazione degli artt. 175 e 474 cod. proc. civ.;

6) la violazione della L. 23 luglio 1991, n. 223, art. 3, artt. 1183, 1453 e 1455 cod. civ. per aver erroneamente ritenuto che alla data della vendita senza incanto la società Ferrari Belotti non fosse più titolare del diritto di prelazione a seguito della disdetta del contratto di affitto d’azienda inviata dal curatore e da essa contestata.

Resisteva con controricorso, illustrato con successiva memoria, la sola Duff. Imm. s.p.a..

All’udienza del 5 Ottobre 2011 il P.G.: e i difensori precisavano le rispettive conclusioni come da verbale, in epigrafe riportate.

Motivi della decisione

Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione degli artt. 1362, 1367 e 1419 cod. civ. e la carenza di motivazione con riferimento all’interpretazione del contratto d’affitto d’azienda.

Il motivo è inammissibile, risolvendosi in una diversa interpretazione della clausola che riconosceva il diritto di prelazione all’affittuario nella sola ipotesi della trattativa privata: diversa dalla vendita senza incanto esperita alla specie.

L’obiezione difensiva che la stretta interpretazione condurrebbe all’inoperatività del patto, giacchè in nessun caso l’alienazione dell’azienda, comprensiva di un immobile, sarebbe potuta avvenire nella forma della trattativa privata, stante il divieto di cui all’art. 108, L. Fall. (nel testo previdente), non necessariamente porta alla conclusione che sia consentita una forzatura del dato letterale, piuttosto che la caducazione della (sola) clausola, in quanto contra legem (art. 1419 cod. civ.). Non senza aggiungere che questa poteva conservare valore nell’ipotesi di vendita susseguente all’eventuale chiusura del fallimento, nei casi di cui all’art. 118, comma 1, nn. 1 e 2, L. Fall..

Con il secondo motivo si censura la violazione degli artt. 1989, 1336 e 1362 e segg. cod. civ. nonchè il vizio di motivazione con riferimento all’interpretazione dell’ordinanza di vendita.

Il motivo è infondato, non essendo riconoscibile natura di promessa al pubblico all’ordinanza di vendita emessa dal giudice nell’ambito di una procedura concorsuale liquidatoria.

La medesima ratio deciderteli giustifica il rigetto del terzo motivo, dal momento che la procedura di vendita coattiva non ha natura negoziale, bensì procedimentale, e non possono quindi ad essa estendersi le regole dettate in tema di formazione ed efficacia del contratto.

Con il quarto motivo si denunzia la violazione della par condicio dei concorrenti, dell’art. 100 cod. proc. civ. in relazione all’interesse e alla legittimazione ad agire, nonchè la carenza di motivazione.

Il motivo è infondato perchè la società Ferrari Belotti era comunque priva del diritto di prelazione a seguito della cessazione del rapporto di affitto d’azienda alla data di effettuazione della vendita coattiva.

Il quinto motivo è inammissibile per assoluta ininidoneita del quesito di diritto ex art. 366 bis cod. proc. civ. (oltre all’errore materiale nel richiamo di norme del codice civile), del tutto generico e riferito a disposizioni non pertinenti alla fattispecie (art. 175 cod. proc. civ., relativo alla direzione del giudizio di cognizione; art. 474 cod. proc. civ., in tema di titolo esecutivo);

Il sesto motivo, attinente alla questione pregiudiziale di merito della cessata titolarità del diritto di prelazione a seguito della disdetta del contratto di affitto d’azienda intimata dal curatore, è pure infondato.

Nessun appiglio testuale viene indicato a sostegno della tesi difensiva che l’affittuario avesse diritto ad esercitare, almeno una volta nel corso del contratto, la prelazione. E sotto altro profilo, è principio più volte ribadito da questa Corte che, in tema di affitto d’azienda, presupposto necessario perchè l’affittuario eserciti il diritto di prelazione all’acquisto, previsto dalla L. 23 luglio 1991, n. 223, art. 3, comma 4, (Norme in materia di cassa integrazione, mobilità, trattamenti di disoccupazione, attuazione di direttive della Comunità europea, avviamento al lavoro ed altre disposizioni in materia di mercato del lavoro), nel caso in cui il concedente sia assoggettato a procedura concorsuale, è la sussistenza della qualità di affittuario, de jure, al momento della definitiva determinazione del prezzo di vendita: dovendosi, per contro, escludere quando il contratto di affitto sia cessato, pur se l’affittuario sia rimasto nella materiale detenzione dell’azienda, in carenza di un diritto di proroga ex lege del contratto. (Cass., sez. 3, 22 giugno 2009, n. 14.546; Cass., sez. 1, 10 febbraio 1999, n. 1124).

Per il resto, la censura introduce dei temi nuovi d’indagine sulla legittimità del recesso del curatore, aventi natura di merito, che non possono trovare ingresso in questa sede.

Il ricorso è dunque infondato e va respinto.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo sulla base del valore della causa e del numero e complessità delle questioni svolte.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese processuali, liquidate in complessivi Euro 22.200,00, di cui Euro 22.000,0 per onorari, oltre le spese generali e gli accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *