T.A.R. Lombardia Milano Sez. III, Sent., 19-07-2011, n. 1930 Giurisdizione del giudice ordinario e del giudice amministrativo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Il ricorrente, con atto del 3 settembre 2009 emesso dal Presidente della Camera di Commercio di Milano, è stato designato arbitro unico in una controversia insorta fra alcuni soci di una cooperativa e la cooperativa stessa.

Con successivo provvedimento del 26 gennaio 2010 n. 1572, emesso dal Consiglio Arbitrale della Camera Arbitrale Nazionale e Internazionale di Milano (Azienda speciale costituita dalla Camera di Commercio di Milano) è stata disposta la revoca della nomina e la sostituzione dell’arbitro in quanto, secondo le valutazioni del predetto organo, il ricorrente avrebbe condotto il procedimento arbitrale in maniera non conforme alle regole e alle finalità proprie del servizio di arbitrato della Camera Arbitrale di Milano.

Tale provvedimento è stato confermato con successivo atto del 3 marzo 2010, emesso sempre dal Consiglio Arbitrale.

Avverso tali provvedimenti è diretto il ricorso in esame.

Si sono costituite in giudizio la Camera di Commercio Industria Agricoltura di Milano e la Camera Arbitrale Nazionale e Internazionale di Milano che eccepiscono l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso.

Le parti hanno depositato memorie per l’udienza di discussione del merito, insistendo nelle proprie conclusioni.

Tenutasi la pubblica udienza in data 26 maggio 2011, la causa è stata trattenuta dal Collegio in decisione.

2. Prima passare all’esame dei motivi e delle eccezioni sollevati dalle parti, è opportuna una breve illustrazione della normativa e dei fatti rilevanti ai fini della soluzione della presente controversia.

La Camera Arbitrale Nazionale e Internazionale di Milano è un’azienda speciale costituita dalla Camera di Commercio di Milano ai sensi dell’art. 2, comma 5, della legge 29 dicembre 1993 n. 580. Stabilisce tale norma che "Le camere di commercio, nel rispetto di criteri di equilibrio economico e finanziario, possono costituire, in forma singola o associata, e secondo le disposizioni del codice civile, aziende speciali operanti secondo le norme del diritto privato".

L’articolo 2 dello statuto dell’Azienda individua e definisce le funzioni della stessa, stabilendo in particolare, al comma 1, che la Camera Arbitrale cura lo sviluppo e la diffusione di strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e, al comma 2 lett. a), che la medesima cura l’organizzazione dei servizi di arbitrato, conciliazione, perizia contrattuale e arbitraggio riguardo a rapporti economici sia nazionali che internazionali.

L’art. 3 dello Statuto stabilisce poi che il servizio di arbitrato è disciplinato da apposito regolamento deliberato dal Consiglio di Amministrazione dell’Azienda su proposta del Consiglio Arbitrale.

In esecuzione di tale disposizione è stato emanato il regolamento arbitrale, con il quale vengono analiticamente disciplinate le procedure di nomina degli arbitri e di risoluzione delle controversie.

E’ importante richiamare, per le finalità che qui interessano, l’art. 1 del regolamento, il quale stabilisce che lo stesso è applicato se richiamato dalle parti nei propri atti negoziali, ovvero se una delle parti deposita presso la Camera Arbitrale proposta di ricorrere ad un arbitrato disciplinato dal regolamento e tale proposta viene accettata dall’altra parte.

L’art. 14 individua la procedura di nomina degli arbitri stabilendo regole puntuali che attribuiscono il potere di individuazione degli stessi alle parti e prevedono l’intervento sostitutivo del Consiglio Arbitrale qualora le parti medesime non riescano a giungere ad un accordo sulla nomina..

L’art. 20 del regolamento disciplina infine i casi in cui può essere disposta la sostituzione degli arbitri e le relative procedure.

In particolare, in base all’art. 20, comma primo, lett. e), l’arbitro è sostituito se vi è stata violazione dei doveri impostigli dal Regolamento ovvero per altro grave motivo. L’organo competente a disporre la sostituzione è il Consiglio Arbitrale.

Illustrato in tal modo il quadro giuridico sul quale si innesta la vicenda, va ora rilevato che, come già accennato, la causa in esame trae origine dal provvedimento di sostituzione deliberato dal Consiglio Arbitrale con riferimento ad una controversia per la quale il ricorrente era stato nominato arbitro. La sostituzione è stata disposta in quanto si è ritenuto che il ricorrente stesso avesse violato gli obblighi imposti dal Regolamento nell’espletamento del mandato.

3. Prima di passare all’esame dei motivi di merito è necessario partire dall’esame dell’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dalle Amministrazioni resistenti.

Secondo la prospettazione di queste ultime, i poteri esercitati dal Consiglio Arbitrale nel disporre la sostituzione dell’arbitro avrebbero natura negoziale e non già provvedimentale: per questa ragione la giurisdizione sulla controversia in esame non apparterrebbe al giudice amministrativo, bensì al giudice ordinario.

3.1. Ritiene il Collegio che l’eccezione sia fondata.

In proposito occorre osservare che, come si è detto, la Camera Arbitrale ha istituito un servizio di promozione e ausilio alla definizione alternativa delle controversie che, per operare, presuppone l’adesione delle parti agli strumenti approntati dall’Azienda.

Si è già osservato che, in base all’art. 1 del Regolamento, la disciplina da esso recata può trovare applicazione solo se le parti vi prestano congiuntamente consenso.

Del resto che il consenso delle parti sia sempre necessario al fine di poter devolvere ad arbitri una controversia costituisce principio generale più volte affermato dalla Corte Costituzionale (cfr. ex multis Corte Costituzionale, sent. 8 giugno 2005, n. 221).

Invero, secondo la Corte, la regola generale che attribuisce ai singoli il diritto di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi -sancita nell’artt. 24, comma 1, della Costituzione – può essere legittimamente derogata solo con il consenso prestato dalle parti interessate: il fondamento di qualsiasi arbitrato è infatti da rinvenirsi nella libera scelta delle parti perché solo la scelta dei soggetti interessati (intesa come uno dei possibili modi di disporre, anche in senso negativo, del diritto di cui all’art. 24, comma primo, Cost.) può derogare al precetto contenuto nell’art. 102, comma primo, della Costituzione, secondo il quale la funzione giurisdizionale è esercitata dai magistrati ordinari. Per questa ragione si è ritenuto che neppure la legge può sostituire la volontà delle parti per imporre ad esse forme di arbitrato obbligatorio.

Partendo da queste premesse la giurisprudenza ha quindi affermato che il potere esercitato dagli arbitri ha fonte nell’investitura conferita ad essi dalle parti private, mediante la stipulazione di appositi atti negoziali denominati clausola compromissoria o compromesso, a seconda che intervengano prima o dopo l’insorgere della lite; e che quindi la fonte del potere arbitrale trae origine da atti che, provenendo da parti private, non possono che avere natura negoziale (cfr. per es. Cass. Sez. Un. n. 527 del 3.8.2000; Cass. Sez. Un. n. 15204 del 3.7.2006; Cass. civ. sez. I, 4 febbraio 2011, n. 2750; Consiglio Stato, sez. VI, 27 febbraio 2006, n. 838; T.A.R. Basilicata Potenza, sez. I, 30 ottobre 2009, n. 585; T.A.R. Toscana, sez. I, 27 gennaio 2011 n. 158).

Da ciò discende che anche i poteri esercitati dagli organi della Camera arbitrale non possono che avere natura privata.

Invero, l’atto di nomina dell’arbitro, posto in essere dai predetti organi, non è altro che un mero atto giuridico avente la funzione di integrare la volontà delle parti che, nell’aderire al regolamento di arbitrato predisposto dall’Azienda, hanno autorizzato la camera arbitrale a procedere con tale nomina.

In altre parole, la nomina costituisce un atto del terzo (la Camera arbitrale) avente la funzione di integrare un elemento del rapporto contrattuale (la scelta dell’arbitro) non determinata preventivamente dalle parti nell’atto negoziale da queste stipulato (il compromesso), secondo uno schema che ricalca quello previsto dall’art. 1349 del codice civile.

Specularmente anche l’atto di revoca dell’arbitro non può che avere natura privatistica.

Del resto che il potere di nomina e di revoca degli arbitri trovi fondamento nella volontà privata, e che quindi abbia anch’esso natura negoziale, è conclusione conforme agli insegnamenti impartiti dalla Corte Costituzionale, giacché qualora dovesse ritenersi che tali poteri abbiano natura pubblicistica occorrerebbe rinvenire nell’ordinamento una norma di rango primario che li preveda. Ma tale norma non esiste e, qualora esistesse, sarebbe, per le ragioni sopra illustrate, costituzionalmente illegittima.

Deve quindi concludersi nel senso che l’atto qui impugnato, con il quale è stata disposta la revoca della nomina del ricorrente ad arbitro unico nella controversia sopra indicata, è un atto di natura privatistica.

4. Per queste ragioni deve dichiararsi il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in favore del giudice ordinario, salvo quanto disposto dall’art. 11, comma secondo, c.p.a.

La particolarità della controversia induce il Collegio a disporre la compensazione delle spese legali.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sul ricorso, dichiara il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in favore del giudice ordinario.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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